Dalla Certosa una Lettera ai galluzzini

Il ringraziamento della Comunità di San Leolino dopo i primi tre anni di gestione del monastero simbolo del paese

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
13 febbraio 2021 09:19
Dalla Certosa una Lettera ai galluzzini

La Comunità di San Leolino, che dal dicembre 2017 gestisce con amore e attenzione la  Certosa del Galluzzo, alle porte di Firenze, attraverso una lettera che pubblichiamo ringrazia i galluzzini, che stanno collaborando e sostenendo lo sforzo di mantenere vivo e pulsante un luogo che è l'emblema stesso del paese.

Il Superiore Carmelo Mezzasalma, il Priore della Certosa Bernardo Artusi, che risiede nel Monastero e vi dice Messa (la domenica la celebrazione è alle 11), e gli altri membri della Comunità di San Leolino stanno svolgendo un lavoro encomiabile anche dal punto di vista culturale. Un lavoro di prospettiva.

Ecco la lettera al Galluzzo.

Carissime, carissimi,

quello appena trascorso è stato un anno di dura prova per chiunque: per chi ha perso un proprio caro, per chi ha continuato a lavorare senza sosta negli ospedali o chi il lavoro lo ha perduto, per chi è stato costretto a restare lontano dai propri affetti e per tutte le incertezze che ancora oggi condizionano le nostre scelte sul futuro.

Seppur in misura differente, anche la nostra Certosa è stata messa a dura prova. Come molti di voi possono immaginare, il monastero va incontro ogni anno a ingenti spese di gestione affrontate unicamente – cogliamo l’occasione per precisarlo – con le forze della nostra Comunità e con quelle di tutti coloro che volontariamente e concretamente ci sostengono. Parallelamente alla onerosa gestione ordinaria, queste forze ci hanno permesso in questi primi tre anni, nonostante tutto, di recuperare alcuni ambienti del monastero in disuso da decenni, ai quali si cerca di ridare un’essenziale dignità e una nuova destinazione d’uso. In questo senso, tanto è stato fatto e tanto è ancora da fare!

Sappiamo – e non lo sapremo mai abbastanza – quanto voi galluzzini, non i soli ma probabilmente più di chiunque altro, abbiate a cuore questo luogo e quanto rispettiate la sua sacralità.

Vediamo la luce sui vostri volti quando, volgendo a monte lo sguardo, con orgoglio e sentimento vi sentiamo pronunciare “la nostra Certosa”; quella stessa luce, quella dello Spirito Santo, che ci permette di prenderci cura ogni giorno di questo luogo benedetto che, sì, è nostro, di tutti noi insieme, di tutti coloro che sono sensibili e hanno a cuore la bellezza.

Ma quando possiamo realmente dire di qualcosa che sia nostro, che ci appartenga? La Certosa è prima di tutto un luogo di Dio: per Lui nasce e per Lui vive e diventa nostro proprio quando realizziamo di non possederlo in senso assoluto. Diventa nostro nella misura in cui ci uniamo a Dio, ascoltiamo la Sua Parola, la meditiamo, la interiorizziamo, ci lasciamo interpellare da essa e scegliamo di seguire i suggerimenti dello Spirito, di fare un passo o compiere determinate azioni che non cadono nel vuoto, e certo non sfuggono allo sguardo di Dio.

Stiamo pensando a svariati, piccoli ma preziosi gesti d’aiuto concreto, o ai vostri “eccomi”. Ai sorrisi che nascono mentre qualcuno fa memoria dei tempi passati: come le passeggiate domenicali da piccini, dal Galluzzo fino alla Certosa; il gusto dell’Alchermes o del Rosolio cui è legato il ricordo della nonna o della mamma che già un tempo li usava per dare più gusto ai dolci fatti in casa; o la tappa abituale, ogni anno, al Presepe. O semplicemente “fare una passeggiata fin quassù” venendo via, non di rado, con un sacchetto di prodotti artigianali, consapevoli di contribuire così alle spese… Tutti quei gesti, insomma, che scaturiscono dall’amore gratuito che porta a donare e a donarsi, e a sentirsi fratelli e sorelle di un unico Padre che è esso stesso Amore.

Per tutto questo, riconoscenti e in sincerità di cuore, senza aggiungere altro sentiamo più che doveroso dirvi GRAZIE!

Dio ricompensi.

La vostra aff.ma

Comunità di San Leolino

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