Calcio Storico: nella mischia con Simone Mafara. 1° Puntata

Uno speciale in tre parti. Nelle prime due si dà spazio a calcio storico, nella terza ed ultima si parla del rugby

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
18 marzo 2014 15:05
Calcio Storico: nella mischia con Simone Mafara. 1° Puntata

di Massimo Capitani Capita una mattina, una mattina di lavoro ordinario, mentre sei ancora assonnato, d’incrociare sulla passerella del Campo Marte, il vecchio Peter. Lui, nelle stesse condizioni, ti saluta e poi dice: - Ah, ho incontrato il Mafara, vorrebbe fare un’intervista, ok? - Ok. Così, anche se non è ancora arrivato il tempo del calcio storico ed i costumi del 1400 giacciono negli armadi di Palagio di Parte Guelfa, non ci facciamo scappare l’occasione. Eccoci qua, io, Peter ed Alessio una sera al Bar “Il Giglio” di proprietà di Simone e del socio Luigi Ferraro, quest’ultimo calciante Azzurro e rugbista di serie A. Simone, dietro al banco e non in mezzo al campo, con i capelli e barba più corti, ci appare diverso.

Ma forse è solo diverso vederlo in quel contesto. Sono le 19, il locale chiude e Simone fa le pulizie, poi la saracinesca si abbassa ed inizia l’intervista. Dopo qualche minuto mi accorgo che la scaletta delle domande che ho preparato va a farsi benedire e così anche il progetto di fare un unico pezzo. Simone parla a ruota libera, senza filtro, con la massima calma e con decisione estrema. In campo ci sono gli argomenti della sua vita, il calcio storico ed il rugby con le due uniche maglie indossate, quella degli Azzurri di Santa Croce e quella del CUS Firenze 1931.

Nell’ora e 37 minuti di registrazione, più qualche appunto che riesco a prendere al volo, prima che la saracinesca si alzi e Simone ci saluti, siamo dentro ad una mischia di emozioni. Di seguito le prime: Raccontaci la tua scelta di far parte degli Azzurri ed il tuo esordio nella squadra di S. Croce. Negli anni ’80 avevo già cominciato a giocare a rugby - esordio nel 1985 - a quei tempi simpatizzavo per il colore Bianco anche per il fascino che emanavano i loro giocatori, alcuni dei quali erano dei veri miti per me.

Basti pensare a Raul Bellucci, detto il Bambino, che era capace di prendere per i piedi uno e batterlo per terra come una bandiera. Poi il Dapas, il Cimitero, il Buio, Zorro, I' Rossino. In seguito, nel 1989, passati alcuni giorni dalla partita di finale del calcio storico, trovai negli spogliatoi i ragazzi degli Azzurri che giocavano con me a rugby. Avevano vinto 4 a 0, ma erano segnati dalla battaglia e così mi fu detto: - Devi decidere da che parte stare, vedi come ci hanno conciato! Nel 1990 ci fu il mondiale in Italia ed il calcio storico fu giocato a squadre miste al solo scopo dimostrativo.

Nel 1991, un mese prima del Torneo, presi una forte botta ad una gamba e così saltò la possibilità di esordire. Nel 1992 il campionato di rugby terminò a fine Aprile e così andai ad allenarmi al calcio storico. In quegli anni non era facile giocare in una squadra temprata e con giocatori al top della forma come: Zena, Serra, i fratelli Morace, Conan, Billi, i fratelli Caldarelli, i Bestia, Fanfani, Pacini, Armadietto, Pasciaino, Cerchi, Ciafo, Kamikaze, Rizzo, Manzani, Galletti, Gianni Carli e Sgatti.

Io facevo prima parte della rosa dei 60 giocatori Azzurri che si giocavano un posto fra i 27 titolari, e poi in quella dei 35, ma pensavo che comunque non avrei giocato, dato che ancora avevo 21 anni. Il giorno prima della partita andammo a mangiare a Villa Mezzomonte con il nostro vecchio presidente, Roberto Cerruti. Io ero sorridente e facevo lo splendido, così arrivò il Cerchi che mi disse: - Tu c’ha poco da ridere, domani esordisci. Giocammo con i Verdi e il mio compito era quello di placcare, solo quello, su tutti e per tutta la partita in qualsiasi modo.

Loro erano una bella squadra anche se mancava Gianluca Lapi. Disputai una grandissima partita, e questo me lo disse Ciafo quando arrivai al campo il giorno dopo. Con i Verdi vincemmo negli ultimi minuti grazie ad una caccia del Serra che, dopo aver ricevuto la palla sulla linea mediana del campo, dribblò tutti finendo per entrare dentro la caccia con la palla, insomma alla sua maniera. Io però ho 50 minuti di buio nella mia vita, non ricordo nulla, non ricordo neanche la sfilata per le strade cittadine. Dopo affrontammo i Rossi in finale, una squadra decisa e con pochi discorsi.

All’inizio 15 minuti di botte - il vero vecchio calcio storico -, uscii tondo, ma ci aggiudicammo la vittoria. Segnò Gianni Carli alla fine del tempo, una caccia di rapina per il 2 a 1 finale. Cosa avete avuto in più l’anno scorso nella finale con i Bianchi del 2013? Partiamo dalla finale del 2012, quella persa. Loro hanno creato veramente un bel gruppo, convinto, di atleti forti. Non credevo però di perdere, sono entrato in campo carico a mille. Abbiamo retto fino a quando non sono uscito, loro la prima caccia l’hanno segnata dopo 25 minuti, all’inizio erano molto intimoriti.

A noi ci sarebbe voluto uno come Luigi - Ferraro che era infortunato - che ci avrebbe consentito di prendere la linea del vantaggio. Non è stato così. Dopo la caccia hanno preso carica, non hanno seguito un certo regolamento che era stato imposto dal Comune ed hanno vinto. Va bene, avete vinto, avete vinto dopo 30 anni. Il giorno dopo ci siamo guardati in faccia ed abbiamo deciso se dovevamo soccombere o rinascere, perché se perdevamo ancora entravamo in un baratro come i Bianchi.

Abbiamo lavorato bene, abbiamo creato un grande gruppo, all’inizio abbiamo avuto dei dissensi, eravamo arrabbiati e ci siamo morsi come i cani, ma ci ha fatto bene. Abbiamo ricominciato, loro brindisi, cene, coppe, noi abbiamo tenuto tutta questa incazzatura dentro e siamo andati avanti fino al giorno della partita - la finale del 2013. Prima di scendere in campo ho parlato alla squadra, ho detto che doveva giocare solo chi riusciva a resettarsi, a non pensare a nulla, ad essere completamente libero da condizionamenti: come pensare alla moglie, ai figli, agli infortuni.

Ho detto anche che c’era il rischio che qualcuno si potesse far male, far male molto seriamente. Siamo entrati in campo e si è dovuto fare quello che si è fatto. Una cosa equa: hai fatto, io ti ho ridato - occhio per occhio, dente per dente. A livello di tattica l’anno scorso è stata una partita statica, dove la palla si è mossa poca a scapito dello spettacolo. Speravo che la partita decollasse con il passare del tempo ed invece non è stato così. E’ stata una partita molto tattica, le nuove regole favoriscono la contrapposizione di due linee e la staticità della palla, chi segnava prima avrebbe messo la palla dietro e avrebbe vinto.

Noi sapevano che loro attaccavano venendo avanti in quattro a ragnatela, tutti prendono tutti, cercando di sfondare la difesa per poi andare in caccia con il portatore di palla che li seguiva. Così ho detto che dovevamo bloccare l’ariete e il portatore di palla sarebbe tornato indietro. Mi sembra chiaro che tu preferivi il vecchio Calcio Storico, quello prima delle nuove regole? Alla grande, dopo le scaramucce iniziali la palla iniziava a muoversi perché la gente voleva vedere giocare.

A livello di scontri, una partita come la finale del 2013 negli anni ’90, sarebbe stata una partita normale, ma ve la ricordate Verdi vs Rossi del 1994?

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