Piombino, un piano sull'acciaio per l'Italia altrimenti dipendiamo da Usa e Cina

Rossi: "Il governo deve battere un colpo. Regione al fianco dei lavoratori"

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
15 gennaio 2014 14:55
Piombino, un piano sull'acciaio per l'Italia altrimenti dipendiamo da Usa e Cina

FIRENZE - "Il Governo nazionale deve dotarsi di un piano industriale per l'acciao che disegni un ruolo per Piombino. Penso che Piombino abbia tutte le carte in regola. Chiediamo quindi all'Esecutivo come intenda rilanciare questo polo. Non ho sentito dal ministro Zanonato una proposta chiara. La domanda che vaga nell'aria come un fantasma è: quale è la politica? Questo è il punto, il resto viene di conseguenza". E' l'appello che il presidente Enrico Rossi ha lanciato oggi nel suo intervento durante la seduta speciale del Consiglio regionale dedicata alle acciaierie di Piombino. "C'è già il piano industriale elaborato dall'Europa - ha spiegato Rossi - che rilancia l'acciaio e che indica Piombino quale polo siderurgico.

Quel piano è buono, ma debole nelle sue esplicitazioni concrete. In sostanza dice che l'Europa deve decidersi per il rilancio dell'acciaio, che senza acciaio non c'è industria, senza industria non c'è sviluppo. Che deve decidersi se per i suoi settori trainanti, auto e edilizia, vuole essere dipendente dalla Cina o dagli Stati Uniti oppure, puntando sulla qualità, vuole avere le sue eccellenze. Allora se l'Europa ha detto questo, il governo nazionale deve essere il nostro riferimento". "La Regione vuole riconvertire e rilanciare il polo siderurgico - ha poi continuato - anche con il contributo pubblico che arriva grazie ai fondi comunitari.

Domani firmeremo un protocollo con il Ministero dell'Industria, nato sotto l'egida del premier Letta e anche sotto lo stimolo del presidente Napolitano, che ringrazio. Metteremo a disposizione diverse decine di milioni perché il nuovo acquirente si impegni non solo a fare il forno elettrico ma anche il Corex, un impianto di tecnologia avanzata che permetterà a Piombino di fare quel salto di qualità capace di renderlo competitivo in ambito nazionale e internazionale. Ma adesso tocca al governo nazionale, che deve sposare con un pronunciamento chiaro il progetto di riconversione industriale.

Dopodiché dovrà entrare in gioco il mercato, per trovare un imprenditore (c'è un imprenditore disposto a fare questa scommessa?) che, dotato di tutti gli strumenti necessari, si dedichi al rilancio". "Al governo, che finora si è impegnato, e con il quale si sono fatti passi avanti, diciamo che abbiamo bisogno di certezze e chiediamo di fare di più. Sono sereno che faccia così? No, e quindi lavoratori fanno bene a continuare a lottare e noi staremo al loro fianco. Le nostre non sono pretese assistenzialistiche, come è stato detto da qualche parte, non è così.

Ci sono azioni da intraprendere e scelte da compiere. Se dovessimo perdere questa partita – ha concluso il presidente Rossi - sarebbe un disastro per Piombino, per la Toscana, ma anche per il Paese". Il presidente del Consiglio regionale Alberto Monaci apre questa mattina la seduta che segue l’approvazione unanime a novembre 2013 della mozione – prima firmataria la capogruppo Fds-Verdi Monica Sgherri - che impegnava il presidente del Consiglio a convocare una seduta aperta alle istituzioni locali e ai soggetti sociali di rappresentanza sulla questione delle acciaierie di Piombino. Tra gli intervenuti il sindaco di Piombino Gianni Anselmi in rappresentanza delle istituzioni locali, il delegato sindacale Luciano Gabrielli e il rappresentante della CNA Diego Nocenti. Monaci ha ricordato che la Lucchini di Piombino “rappresenta un pezzo indispensabile per il mantenimento dell’economia toscana e più in generale per il rilancio della presenza industriale toscana e nazionale sui terreni strategici delle politiche economiche e industriali”. Monaci ha poi parlato del ruolo della produzione dell’acciaio “parte fondamentale e strategica delle politiche industriali della Toscana e del Paese” e ha ricordato l’impegno delle istituzioni nazionali, regionali e locali che “ha portato la scorso 14 novembre 2013, alla revoca dell’annunciata chiusura dell’altoforno della Lucchini di Piombino, già prevista dal piano industriale presentato dal commissario straordinario”.

“Per uscire dalla crisi che ha sconvolto il nostro Paese, - ha concluso Monaci - salvaguardando attività d’impresa e occupazione, servono progetti industriali capaci di generare valore aggiunto, di unire impresa, lavoro, territorio e istituzioni”. In questo panorama, il ruolo delle istituzioni ribadito dal presidente è quello di “creare un territorio competitivo dove anche la Lucchini, con una nuova proprietà, possa tornare a generare valore aggiunto, puntando sulla competenza di una forza lavoro locale che è una eccellenza nel settore dell’acciaio e sulla città di Piombino, che assieme alle altre istituzioni e alle associazioni di categoria, rappresenta un elemento qualificante per imboccare la strada del rilancio”. Il sindaco di Piombino Gianni Anselmi nel suo intervento durante la seduta speciale dedicata alle acciaierie di Piombino e al piano industriale per il rilancio dell’attività produttiva: "Dalmine, Magona e Lucchini rappresentano il polo siderurgico, un polo che ha segnato la storia del nostro Paese – ha detto Anselmi – ed è stato protagonista nel contesto competitivo.

Un sistema collegato all’indotto e che attraversa tutto il ‘900, un elemento identitario e fattuale del territorio che alimenta la vita di tante famiglie”. Il sindaco ha ricordato gli strumenti messi in campo dalle istituzioni come l’accordo programmatico di agosto per il potenziamento del porto di Piombino e l’arrivo di un nuovo protocollo per avviare nuovi strumenti per l’innovazione. Anselmi ha parlato poi dell’impatto della produzione sul territorio e della necessità di mantenere una leadership nazionale in tema siderurgico.

“Il nostro compito – ha concluso – è infatti, quello di evitare una transizione dolorosa verso l’approdo di nuovi assetti, dare continuità alla produzione fino a nuove certezze”. Il delegato sindacale Luciano Gabrielli ha espresso la convinzione che l’altoforno della Lucchini debba restare acceso “almeno – ha detto – finché non ci saranno certezze sul piano industriale, su investimenti e su soggetti industriali di riferimento per la fase nuova. L’altoforno può andare avanti con la manutenzione ordinaria, se viene fermato sappiamo che non riparte”.

Inoltre, “tutte le manifestazioni di interesse che diano una prospettiva futura a questa realtà devono avere pari dignità e devono essere ascoltate, la decisione non deve essere presa solo dal commissario, a decidere devono essere anche gli altri organi, il sindaco, la Regione, le istituzioni”. “Oggi – ha concluso Gabrielli – si apre una terza prospettiva da verificare, una proposta arrivata questa mattina. Va presa in considerazione”. Il presidente della Cna provinciale Diego Nocenti ha ricordato che la crisi delle imprese a Piombino e nella Val di Cornia è dura, e che i fondi stanziati dalla Regione hanno permesso a tante aziende di non affondare.

“L’economia di tutto il territorio è fortemente intrecciata con i destini della siderugia – ha detto Nocenti –, anche il commercio e il terziario”. Per questo secondo Nocenti è essenziale rafforzare il settore dell’acciaio “e non si comprende perché abbandonare la costruzione delle rotaie, che sono molto richieste” e c’è la necessità di coinvolgere il governo sulla rapida attuazione delle bonifiche “per liberare aree che un domani potranno essere reimpiegate per attività produttive”.

“Il blocco della produzione sarebbe una catastrofe – ha concluso Nocenti -. In questi giorni si gioca il destino di una comunità”. Sintesi dell’intervento di Marco Taradash: «Sulla “questione Piombino” rischiano di scontrarsi due esigenze: quella di mantenere tutto nelle condizioni tradizionali non più sostenibili economicamente e quella di guardare in faccia la realtà e dire, con estrema sincerità, che non si è trovato in tutti questi anni in Italia o nel modo un imprenditore in grado di mantenere in piedi l'acciaieria così come è oggi, con perdite che ammontano a 150 milioni all’anno. Come tutti sanno il 20 gennaio scade il termine per la presentazione delle offerte dopo di che ci saranno sei mesi di tempo per il Governo (non per il commissario straordinario) per l’eventuale vendita dello stabilimento.

Il fatto che oggi arrivi in pieno consiglio regionale, portata dai sindacati, la notizia di una terza offerta che dovrebbe portare alla salvezza dell’altoforno, non deve rappresentare il pretesto per una nostra interferenza nelle procedure già avviate. Se l'offerta è seria sarà presa in considerazione nell'ambito della gara, ma non deve condizionarne l'andamento. Altrimenti rischiamo di rinviare la soluzione, di lasciar incancrenire ulteriormente il problema di una città e di migliaia di lavoratori, di dilapidare soldi di uno Stato che non li ha e in definitiva di non garantire il futuro dei lavoratori e della città di Piombino. Il nostro compito è quelli di fare in modo che il Governo, in fase di valutazione delle offerte, tenga in conto le ragioni economiche, le esigenze pratiche e insieme anche le prospettive di futuro per Piombino. Sono stato definito mercatista, giustamente.

Ma essere mercatista non significa sacrificare ciò che non è mercato al mercato, ma pretendere che il mercato funzioni secondo le sue logiche e che lo Stato funzioni secondo le logiche dello Stato. Lo Stato detta le regole e il mercato risponde a quelle regole. Ma all’interno di quelle regole bisogna giocare tutti alla pari, tutti allo stesso modo. L’errore da evitare è quello di scegliere l’interlocutore e intorno all’interlocutore costruire il progetto di salvataggio. Allora il rischio che l’imprenditore si trasformi in prenditore di soldi pubblici diventa altissimo, lo abbiamo visto in piccolo nel caso De Tomaso-Rossignolo.

È nell’interesse di Piombino e della Toscana che quella che è stata una farsa non si ripeta in termini di tragedia per migliaia di persone, questo deve essere assolutamente evitato. Sul porto e sulla esigenza della nuova banchina, Piombino e la Toscana hanno guardato al futuro. Cosa che, sia detto fra parentesi, non è capitata a Livorno. L’esigenza di una nuova banchina era la condizione indispensabile per lo sviluppo del porto di Piombino al di là dello smaltimento o meno della Concordia a Piombino.

Il Comune ha predisposto tutte le carte per dare al porto gli strumenti per il suo sviluppo e il Consiglio regionale ha finanziato la nuova banchina. Ognuno ha fatto la propria parte! Analogamente oggi noi non dobbiamo chiudere gli occhi di fronte alla realtà, ma aprire il cuore alla speranza aiutando a trovare delle soluzioni concrete nell'interesse di Piombino e della Toscana.» Dichiarazioni del presidente e del vicepresidente vicario del gruppo Forza Italia in Consiglio regionale Giovanni Santini e Paolo Enrico Ammirati, e di Nicola Nascosti, componente delle commissioni Attività produttive ed Emergenza occupazionale: «O ci rendiamo conto che questo è un punto strategico della presente e futura politica industriale di questo Paese o non abbiamo coscienza di quanto è in gioco.

La questione del futuro del polo siderurgico di Piombino non si affronta né si risolve senza un intervento congiunto del Governo e della Regione: il primo per salvaguardare la strategicità delle produzioni delle acciaierie piombinesi, la seconda per la salvaguardia dei livelli occupazionali. Ma la questione centrale è sicuramente quella di trovare le risorse a sostegno di ogni piano industriale e di riqualificazione. Il 20 gennaio, con la chiusura della fase della manifestazione d'interesse per rilevare il polo, si vedrà compiutamente quali soggetti avremo in campo e con quali progetti.

L’auspicio va verso una soluzione che non preveda la chiusura dell’area a caldo, poiché crediamo che questo sia un punto fondamentale per assicurare la competitività di tutto lo stabilimento in sinergia con quelle infrastrutture strategiche dell’area. Sui possibili acquirenti e sulle ultime notizie trapelate sulla cordata di imprenditori giordani, i numerosi insuccessi passati nella scelta del partner industriale dell’era Rossi – dalla Mabro alla De Tomaso – impongono alla Regione di verificare bene l’affidabilità del partner industriale. Per il rilancio delle attività nel suo complesso, è necessario investire nella sinergia tra porto e stabilimento, rendendo competitivo il polo dell’acciaio non solo nelle opere di produzione ma anche di recupero.

In questo diventa determinante l’acquisizione del recupero della Concordia, che potrebbe essere il primo atto di una trasformazione necessaria del porto di Piombino . Occorre uno sforzo che comunque vada oltre, una precisa e seria assunzione di responsabilità di quello che può fare la politica, fra cui l’abbattimento dei costi energetici e un’azione mirata per la semplificazione delle procedure amministrative e per le bonifiche dell’area. Abbiamo dalla nostra un territorio compatto, una visione comune dell’area espressa in ogni sede istituzionale; attendiamo i segnali dovuti dal Governo a sostegno di questa opportunità che non possiamo perdere». Marini (Federazione della Sinistra – Verdi) : ‘Chiediamo al governo un piano nazionale di rilancio della siderurgia’: "Stamani abbiamo discusso di Piombino e della crisi della Lucchini.

Una crisi e una vertenza che la Regione Toscana segue da anni, con grande impegno e per la quale si è sempre fatto tutto il possibile. Credo che la giunta Rossi debba senza dubbio supportare la scelta dell’opzione di acquisto migliore, che garantisca il mantenimento del ciclo integrale dell’altoforno. Il lavoro fatto in questi anni dalle istituzioni e dal sindacato è stato prezioso ed è essenziale, lo vediamo ogni volta che a Piombino c’è una manifestazione per la Lucchini, che la città sia sempre stata dalla parte dei lavoratori.

Credo che debbano essere tenuti fermi due punti : il mantenimento del ciclo integrato e garantire la prosecuzione dell’attività dell’area a caldo. E poi chiedere al governo che presenti un piano di rilancio della siderurgia italiana".

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