Arresti e sequestri per fatture false: i Casalesi sono entrati agli Uffizi?

6 fermi per associazione a delinquere finalizzata all’emissione di false fatturazioni, con l’aggravante di aver agevolato il Clan camorristico

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
15 gennaio 2014 14:37
Arresti e sequestri per fatture false: i Casalesi sono entrati agli Uffizi?

Nella mattinata odierna, militari del G.I.C.O. del Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Firenze, nel corso dell’operazione “ATLANTIDE”, hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa, su proposta del Sostituto Procuratore della D.D.A. di Firenze, Dott. Tommaso Coletta, dal GIP presso il Tribunale di Firenze, dott. David Monti, nei confronti di 6 persone. Sequestrati, inoltre, beni mobili ed immobili riconducibili agli indagati per un valore complessivo di circa 11.000.000 di euro.

L'odierna attività rappresenta la conclusione di un complesso ciclo di attività investigative, condotte per circa 2 anni, dalle fiamme gialle fiorentine e sviluppatesi anche attraverso l’utilizzo di intercettazioni telefoniche, che ha consentito di portare alla luce l’esistenza di un’associazione per delinquere avente base operativa nel Valdarno, finalizzata all’emissione ed all’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti per un valore complessivo di oltre 10.000.000 di euro. Principale indagato un imprenditore originario dalla provincia di Caserta, da anni dimorante nel Valdarno e con precedenti specifici per associazione a delinquere di stampo mafioso, arrestato unitamente ad altri 5 soggetti suoi conterranei. Obiettivo dell’organizzazione criminale era quello di far ottenere a due società edili toscane, riconducibili al principale indagato, fatture per operazioni inesistenti da utilizzare nelle dichiarazioni reddituali.

Ditte compiacenti, che i finanzieri hanno accertato essere mere “cartiere” aventi sede nella provincia di Caserta e nel modenese, hanno fatturato alle due imprese toscane somme per oltre 10 milioni di euro per la somministrazione di manodopera, in realtà mai avvenuta, permettendo così la creazione di costi fittizi da indicare in bilancio. Le stesse imprese compiacenti sono risultate strettamente collegate al "clan dei Casalesi", a cui perveniva, attraverso corresponsione di somme di denaro, parte dei guadagni derivanti dall’emissione delle false fatture, come accertato grazie ad accurati accertamenti bancari, espletati dai militari del G.I.C.O.

di Firenze anche con l’ausilio dell’applicativo informatico “Molecola” dello S.C.I.C.O.. Grazie agli indubbi vantaggi di natura economica ottenuti dalle false rappresentazioni in bilancio, constatate e contestate fiscalmente dalla Compagnia della Guardia di Finanza di San Giovanni Valdarno, le due società toscane hanno potuto presentarsi sul mercato con una offerta di prezzi tale da impedire di fatto alle società “oneste” qualsiasi forma di concorrenza, garantendosi così l’aggiudicazione di importanti appalti pubblici e privati. Tra le attività svolte in ambito pubblico è circolata la voce che possano essere interessati in regime di subappalto anche interventi effettuati presso il Museo degli Uffizi di Firenze, ma alla domanda rivolta dai cronisti, il sostituto procuratore ha risposto: "No comment" La prassi del principale indagato, gravato da precedenti per reati di mafia, di intestare a terzi le società edili che si presentavano per l’aggiudicazione dei lavori, ha altresì permesso alle stesse società di ottenere le previste certificazioni antimafia necessarie per l’espletamento di lavori pubblici.

Le società committenti, all’oscuro dei vari comportamenti fraudolenti perpetrati dal gruppo criminale, considerate le condizioni vantaggiose proposte dagli indagati, non potevano che assegnare l’esecuzione di tali opere.

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