Riforma delle province, stravolte storia ed economia della Toscana?

La svolta indicata dal governo nazionale metterà in ginocchio un sistema radicatosi nel tempo, che vede la gestione del territorio ramificata secondo schemi che potrebbero non essere recuperati con valide alternative. Risultato? Il fai da te?

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
23 luglio 2012 14:22
Riforma delle province, stravolte storia ed economia della Toscana?

“La riforma governativa delle Province stravolge la storia e l’economia della Toscana e fa della Regione un colabrodo”. Lo dice Riccardo Nencini, assessore della Toscana ai rapporti con gli enti locali, che, pur ribadendo con convinzione “l’assoluta necessità di una riforma delle province, non solo per abbattere i costi della burocrazia ma soprattutto per disegnare un assetto istituzionale autorevole e tale da fronteggiare la globalizzazione”, elenca i rischi e le “pericolose storture” che potrebbero scaturire se la norma approvata dal Consiglio dei Ministri dovesse restare immutata nei termini stabiliti dal Governo. Il primo rischio, secondo l’assessore, riguarda l’obbligo di costruire ‘mega-province’ dall’accorpamento di parti del territorio poco compatibili fra di loro.

“Penso al rischio – spiega – di vedere Prato e Pistoia, che hanno gravitato e gravitano sulla Toscana centrale obbligatoriamente accorpate al nord della regione”. L’altro aspetto ritenuto rischioso riguarda l’obbligo di far coincidere l’area metropolitana fiorentina con l’attuale provincia: “Difficile considerare ‘città’ – prosegue l’assessore – almeno due terzi dei comuni dell’attuale provincia di Firenze, dalla Valdelsa empolese all’alto Mugello, fino al Chianti estremo”. La Toscana così, annuncia Nencini, non starà a guardare e chiederà formalmente al Governo modifiche al decreto che ha appena iniziato il proprio iter istituzionale, prima dell’approvazione da parte del Parlamento.

“Non per avere un numero più alto di province – chiarisce e conclude – ma per costruire una riforma istituzionale della Toscana che non sia uno sfregio alla sua storia e alla sua identità e soprattutto che non rappresenti un ostacolo per il suo futuro sviluppo socio-economico”. Il parere di Oreste Giurlani presidente di Uncem: "Sebbene ancora non si veda con chiarezza il risultato finale, sembra che il governo voglia procedere alla riduzione delle province in base al numero di abitanti e all'estenzione territoriale.

In Toscana, Firenze a parte (che comunque diventerà area metropolitana comprendendo anche comuni come Marradi e Firenzuola!!!) nessuna provincia possiede i numeri per restare in piedi. Quindi si andrà verso una serie di accorpamenti che potrebbero portare, nella nostra regione, a tre macro aree. Questa soluzione può anche essere sottoscrivibile ma il problema è un altro. Siamo sicuri che sia questo il miglior modo di procedere, cioé decidere in base ai parametri di abitanti e territorio e, soprattutto, decidere all'interno del meccanismo della cosiddetta "spending review"? Io credo che sia necessario e utile ridisegnare i confini delle province ma prima ancora serve chiarirne i compiti.

E sciogliere un nodo essenziale: questi enti servono, e allora vanno preservati pur in un quadro di revisione, oppure no, e allora possiamo anche procedere alla loro totale abrogazione. Una riforma importante come quella delle province non può essere realizzata solo all'interno di un piano di riduzione e contenimenti dei costi. Quando si parla di riforme dovremmo sempre avere un quadro generale chiaro e definito e procedere al suo interno. Non si possono ridurre le province senza ripensare il ruolo di comuni, regioni e altri enti intermedi: a questo proposito è positivo che il governo abbia delegato ai Consigli delle autonomie locali (Cal) la ridefinizione dei nuovi organismi.

Prima di decidere quali e quante province tagliare e, dunque, procedere agli accorpamenti, dovremmo avere ben chiaro il loro ruolo e il loro funzionamento. Altrimenti si rischia di mischiare un'esigenza vera e sacrosanta, la riduzione delle spese superflue nel settore pubblico, con un rimedio che rischia di non portare i risultati sperati". Le Pubbliche Assistenze toscane non ci stanno e sono pronte a dar battaglia così come tutte le realtà piccole e grandi che operano nell'indotto della pubblica amministrazione locale: «Contro la spending review pronti alla mobilitazione» Ma il governo sa qual è il ruolo del volontariato? Non parrebbe a giudicare dagli ultimi atti relativi alla revisione della spesa pubblica, la cosiddetta spending review.

E’ il presidente delle Pubbliche Assistenze toscane, Attilio Farnesi a raccogliere l’appello delle associazioni che fanno parte del comitato regionale, e prendere ufficialmente posizione: «Contro questo provvedimento, che riteniamo totalmente inaccettabile, siamo pronti alla mobilitazione» «Le nuove disposizioni emanate dal Governo – ha detto Farnesi - appaiono in assoluta evidenza di improbabile efficacia nei confronti della crisi in atto, ma di sicuro effetto devastante nei confronti delle comunità, del welfare e di un livello dignitoso per la garanzia di diritti essenziali per tutti e per ciascuno, con particolare riguardo alle fasce sociali deboli e alle crescenti aree di forte vulnerabilità sociale.

E uno dei diritti universali più tartassato e compresso è il diritto alla salute, colpito da tagli indiscriminati irragionevoli (non si è mirato ad una seria economia per gli sprechi presenti ed accertati) non solo nelle disponibilità economiche, ma anche in quella dimensione essenziale e per certi versi indispensabile, rappresentata dal ruolo integrato del volontariato e del terzo settore che, in contesti come quello toscano, arrecano al sistema un copioso e qualificato patrimonio di risorse umane e materiali». In un contesto di questi genere il volontariato, vera risorsa per la sussidiarietà sul territorio e il sostegno alla cittadinanza in assenza di servizi pubblici, rischia di sparire.

«Il Decreto Legge 95 – dice ancora Farnesi – dà un colpo mortale al volontariato, vietando l’affidamento diretto dei servizi e imponendo alle Pubbliche Amministrazioni, anche per i servizi alla persona, di effettuare gare di appalto. Questa misura colpisce al cuore il volontariato ed affossa delicati servizi come quello di emergenza sanitaria, oggi garantito in Italia al 70% dal volontariato. Un Governo miope ed insensibile, lontano dai problemi delle persone comuni: ma questi Signori non sanno che, per esempio, se non ci fossero i volontari ogni giorno, per 24 ore al giorno, le popolazioni colpite dal sisma in Emilia sarebbero abbandonate e prive di assistenza morale e materiale? Il volontariato è pronto a fare la sua parte, con impegno e passione per avviare il processo di cambiamento di cui l’Italia davvero ha bisogno.

Pur sapendo che siamo una minoranza, sentiamo e abbiamo un forte senso di responsabilità per portare avanti la nostra proposta, ma chiediamo al Governo e alle forze politiche coraggio e fiducia, e un impegno per un nuovo Patto sociale volto alla riduzione della povertà e della disuguaglianza. E' proprio sul meccanismo generale della spending review, soprattutto in Sanità, che siamo scettici e perplessi e per questo pronti a manifestare il nostro totale dissenso».

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