Denunciati 6 anarchici responsabili di 2 aggressioni

Sono già al vaglio degli inquirenti i volti dei protagonisti dei due separati episodi di violenza che ieri pomeriggio nel corso di una manifestazione di gruppi antagonisti hanno causato il ferimento di 3 dipendenti del gruppo consiliare della Nord.

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
05 maggio 2011 20:28
Denunciati 6 anarchici responsabili di 2 aggressioni

Firenze - Sono già al vaglio degli inquirenti i volti dei protagonisti dei due separati episodi di violenza che ieri pomeriggio nel corso di una manifestazione non autorizzata di gruppi antagonisti hanno causato il ferimento di 3 dipendenti del gruppo consiliare della Regione (nello specifico della Lega Nord) oltre ad un agente di polizia. La prima aggressione si è consumata di fronte al palazzo della Regione in via Martelli dove, durante la manifestazione di protesta contro l’esecuzione delle misure cautelari eseguite nella mattinata dalla polizia nei confronti degli appartenenti al sodalizio “400 colpi”, le tre vittime hanno riportato contusioni e traumi fisici (con prognosi dai 5 ai 6 giorni).

Questa mattina le parti lese sono state ascoltate dagli uomini della Digos che sulla base delle dichiarazioni rese e di quanto accertato durante l’evento, hanno già identificato 2 responsabili che non risultano essere tra i destinatari dei provvedimenti cautelari già eseguiti nella mattina. Per entrambi è subito scattata la denuncia per lesioni. Almeno altri quattro anarchici sono stati poi individuati in mezzo al gruppo di una quarantina di soggetti che sotto gli occhi delle videocamere della Stazione Centrale, non hanno esitato ad aggredire (anche con lanci di oggetti) alcuni agenti impegnati in un controllo di polizia dentro Santa Maria Novella.

Gli aggressori che avevano già sfilato insieme a tutto il corteo in via Alamanni si sono improvvisamente staccati dal gruppo, rientrando poi in massa nella sede ferroviaria al solo fine di impedire una normale attività di polizia in corso. Durante questo secondo episodio un poliziotto, colpito con un calcio all’inguine, ha riportato lesioni guaribili in 5 giorni. Per i soggetti al momento identificati è scattata la denuncia per resistenza e lesioni a pubblico ufficiale. E’ stato evitato ogni tipo di scontro a tutela delle persone che in quel momento sono state testimoni della scena.

Sono in corso ulteriori accertamenti della Digos per la completa identificazione del gruppo di manifestanti. Il Collettivo Politico Scienze Politiche ha diffuso una nota che recita: “Nella mattinata di ieri, 4 maggio 2011, 22 studenti sono stati bruscamente svegliati da uomini in divisa. Prima le perquisizioni, poi la schedatura e, infine, la consegna di 22 ordinanze di custodia cautelare, tra cui 5 arresti domiciliari, sono state le fasi di una mattinata di ordinaria repressione. Se questo non bastasse i media hanno sbattuto sulle prime pagine, anche nazionali, la notizia, presentando l’operazione come grande successo della collaborazione tra polizia ordinaria e servizi segreti.

Tante parole sono state spese sulla questione, ma crediamo che qualche precisazione sia necessaria. Hanno parlato di noi nella maniera più svariata, ci hanno alternativamente dipinto come pericolosi delinquenti o come poveri e ingenui studenti: non siamo nè l’una nè l’altra cosa. La realtà non è fatta di bianco e nero e le sfumature, in questo caso, sono molto importanti. Le misure cautelari comminate ieri sono, infatti, andate a colpire una categoria ben definita: gli studenti autorganizzati. Tra noi ci sono anarchici, comunisti, e altri che, molto giovani, sono ancora alla ricerca di una collocazione politica definitiva.

Lavoriamo all’interno dell’università, ma non ci limitiamo a questo ambito. Riteniamo, infatti, che valori come l’antifascismo, l’antirazzismo e l’antisessismo vadano difesi sempre e comunque, dentro e fuori da scuole ed università e, per questo, abbiamo protestato contro l’apertura di Casapound, il progetto di un CIE in toscana o la presenza dell’On. Santanchè al Polo di Novoli. Siamo stati in prima fila nelle mobilitazioni contro la riforma Gelmini e l’università azienda perchè le università sono il nostro terreno di lavoro, perchè sono il luogo dove ci muoviamo ogni giorno, perchè sono la nostra base di partenza, ma non siamo solo questo.

Nelle università abbiamo spazi che autogestiamo e dove facciamo politica. Si, politica. Perchè probabilmente la nostra colpa è proprio questa: facciamo politica in un momento in cui più nessuno la fa, non deleghiamo, ma facciamo dell’attivismo e della militanza un elemento centrale della nostra vita. Per questo negli anni siamo scesi in piazza al fianco dei centri sociali e dei movimenti sociali, abbiamo manifestato contro guerra e repressione, abbiamo organizzato iniziative e conferenze sui tanti argomenti che l’università consapevolmente e colpevolmente tralascia.

I reati che ci vengono contestati sono ben poca cosa in confronto a quelli che commette ogni giorno chi ci sfrutta sul posto di lavoro e chi ci fa pagare affitti sempre più alti. Se occupare facoltà e stazioni, bloccare il traffico e manifestare la contrarietà allo sfruttamento e ai ricatti padronali con tutti i mezzi necessari è sufficiente per essere “pericolosi delinquenti”, allora lo siamo. Ma non siamo soli. Le pratiche che ci vengono contestate come “pericolosi attacchi all’ordine democratico” sono parte della pratica di migliaia di studenti e lavoratori che, con forza, sono riusciti ad opporsi alla smantellamento dei diritti collettivi (diritto allo studio, diritti sul lavoro).

Noi siamo questo e tanto altro e ci infastidiscono semplificazioni e strumentalizzazioni. A fronte di tutto questo risulta evidente che quello che ci ha colpito, prima di essere un atto giudiziario, è un atto politico. Con reati ridicoli e accuse poco consistenti hanno costruito un castello accusatorio degno della migliore tradizione complottista. Non esistono, però, complotti o mani occulte: la nostra attività politica è alla luce del sole e rispecchia valori che non ci vergognamo a difendere.

Non arretreremo e non lasceremo che questura e magistrati fermino la nostra lotta”.

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