Applausi fiorentini per ''Il Principe della Gioventù'' di Riz Ortolani

Assolutamente da non perdere il Musical sugli ultimi mesi di vita di Giuliano de' Medici. Una scenografia accattivante fa da cornice ad ottime musiche e testi funzionali. La regia è interessante, fresca, spigliata, manca forse di spregiudicata originalità

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
08 dicembre 2010 02:25
Applausi fiorentini per ''Il Principe della Gioventù'' di Riz Ortolani

Applausi per il Musical di Riz Ortolani dedicato a Firenze ed alla famiglia Medici in particolare. Giuliano Peparini porta in scena il dramma del giovane principe, suo omonimo, fratello di Lorenzo il Magnifico e morto in Duomo nell'aprile del 1478 per mano dei congiurati della famiglia Pazzi acerrimi nemici dei due rampolli. L'apertura a palcoscenico ancora velato è dedicata al Calcio Storico, la prima a posarsi sulle assi di legno è la palla gettata dall'alto, poi in un susseguirsi di movenze agguerrite viene portata a segno la prima caccia.

Continui gesti atletici e sguardi di sfida che riconciliano il fiorentino con il vero senso di uno sport che ha fatto storia offrendosi negli ultimi anni alla mera cronaca di fatti extra campo. Per tutti gli altri è un bell'inizio, ma potrebbe risultare di difficile comprensione se fosse pratica del tutto oscura. L'incontro tra i due amanti Giuliano e Fioretta, promessa sposa di Francesco de' Pazzi, avviene subito. Il danno è fatto, il tradimento è già compiuto, basta uno sguardo alla maniera del colpo di fulmine, ma Franceschino odia i Medici a prescindere, non si cura d'altro.

Li odia perché non riesce ad amare e per lui "l'amore è l'odio", in quel costume da Visitors che calza troppo stretto. Ma tiene la scena con maestria Sandro Querci de' Pazzi e quando canta si lascia ascoltare, forse per questo non si cerca di addolcirne i toni rendendolo l'antagonista dall'animo tormentato ed il pentimento in vista, si punta invece sull'affetto professionale suscitato nel pubblico dalla stima artistica. Attore da non sostituire mai, rischio crollo del personaggio. Troppo belli forse Lorenzo e Giuliano, quasi modelli dell'epoca nostra, dal trono al tronista.

Graziano Galatone e Francesco Capodacqua hanno però il grande pregio di esser credibili spiritualmente e nella mimica solleticano il pensiero comune di chi è nato con quei due fratelli nella mente e rischia di ritrovarli molto ben interpretati. Giuliano deve essere il buono, persino buonissimo, tanto da far sfigurare il fratello che passa dal pensiero dell'uomo libero a quello del libertino in un turbine di passioni boccaccesche tra Bacco e Amore nella sconvolgente giovinezza che se ne fugge via alla Branduardi tra petali nel vento.

Il Magnifico si concede alle tante amanti ma solo ad una dedica una traccia che trafigge il cuore dei veri cittadini del capoluogo toscano, chiamando Firenze "Amante mia" abbraccia e raccoglie tutto, il bene e il male, com'è sempre stato qui da noi, fa del principe un mestiere onesto ma difficile. Applauso, sentito. Silvia Querci è Cencia cucita magistralmente nella parte che ben duetta con Francesca Colapietro che fa il suo ingresso come una Fioretta sbarazzina capace di farsi burle del prossimo per poi votarsi all'amore totale do ut des, in una coreografia che lascia poco all'immaginazione intrecciandosi con la musica rendendo mistico qualsiasi pensiero; tradito a ben vedere dai commenti sornioni a fine primo atto da parte delle signore estasiate da, come lo definiscono nelle prime file "il lato B della Cultura..

tanta roba!" Sullo sfondo piazza della Signoria in una riproduzione medievaleggiante che cambia nel corso del Musical passando dal giorno alla notte, tingendosi di rosso o di nero e soprattutto la cupola del Brunelleschi che voltata al cambio di scena racchiude nel suo incavo le stanze del potere fiorentino. Ottima la rappresentazione del carnevale con un balletto che veramente si apre all'internazionalità, quasi circense, nelle maschere grottesche che non hanno tempo, possono essere territoriali o globali, necessarie o inutili, ma piacciono perché ci sono. Il fine non è quello di istruire il pubblico ma di affascinarlo e la narrazione si apre a licenze di ogni tipo, anche se appare un peccato quello di voler creare acredine tra i due fratelli quando Lorenzo chiede a Giuliano di lasciare il suo amore e andare a Roma per spiare Sisto IV, un tipo sveglio o solo ben consigliato che con ogni probabilità non l'avrebbe neppure mai permesso.

Gli effetti speciali della grafica non sono buttati a caso, come accade quando si vuol far vedere di saper fare le cose ma senza idee sulla reale utilità delle stesse. In questo musical nulla è lasciato al caso, Peparini è bravo e si affida alle immagini per chiudere gli strappi nella trama. Peccato per l'omaggio decretato ma non dichiarato a Patrick Swayze nel finale, con la genialità di Veronica e Giuliano Peparini poteva nascerne un congedo di miglior fattura, se Fioretta avesse pianto seduta in un angolo ci sarebbe stato un remake fantasmagorico di una scena cinematografica riuscitissima.

Ma questo non intacca l'applauso finale guadagnato durante l'intera opera. Applausi a scena aperta per gli artisti, per l'autore delle liriche Lorenzo Raggi e dei testi Ugo Chiti. Il maestro Riz Ortolani abbraccia i suoi ragazzi e porta in trionfo il regista manifestando una volta di più la sua devozione artistica per il giovane Peparini. Quanto possa essere internazionale un'opera che si basa su una storia affascinante ma sconosciuta e non pienamente raccontata, non è dato saperlo, a Firenze funziona, e tutto sommato è Firenze che funziona, ovunque si intenda portarla. Antonio Lenoci

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