Sundas denuncia una persecuzione online

Il manager toscano, attaccato dalla stampa per aver lanciato una linea di abbigliamento che portava il nome di Ahmetovic, il rom che in un incidente stradale, mentre era alla guida del suo furgone ubriaco provocò la morte di 4 ragazzi ad Appignano (AP)

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
25 agosto 2009 16:51
Sundas denuncia una persecuzione online

Alessio Sundas è il manager toscano che più di un anno fa ingaggiò il rom Marco Ahmetovic, che uccise nel 2007 quattro ragazzi di Appignano del Tronto (Ascoli Piceno) guidando ubriaco il suo furgone, come testimonial di una campagna di sensibilizzazione a livello nazionale contro l’abuso di alcol al volante. “A causa della campagna stampa di cui sono stato oggetto -spiega– la mia vita è stata rovinata, distrutta. Se i giornalisti non avessero voluto parlare dell’operazione in certi termini ora non avrei avuto niente da ridire.

Ma visto che la cosa è andata su tutti i quotidiani nazionali è allucinante che ora non si dia la possibilità ad una persona rovinata (dal modo in cui l’argomento è stato trattato) di spiegare che cosa è successo, di riabilitare la propria immagine e di continuare a vivere. Io non vivo più. Ricevo quotidianamente minacce, non posso uscire di casa senza avere problemi, di recente qualcuno si è introdotto nella mi abitazione ed ha scritto sui muri esterni “Muori”. Ho paura non tanto per me, ma per la mia famiglia.

La stampa ignora volutamente la mia situazione, forse pensando che io voglia solo farmi pubblicità. Ebbene, non ne ho bisogno. Ma ho il diritto di rettificare quanto è stato scritto su di me, ho il diritto di vivere dignitosamente. Questo diritto non viene rispettato. Tra le altre cose, ho notato che ultimamente su Googlenews le notizie che mi riguardano hanno una permanenza addirittura inferiore alle 24 ore. E ho chiesto chiarimenti. Poi i sono accorto della petizione lanciata contro di me sul sito dello ZOO di Radio 105.

E’ allucinante. Sono stato costretto a depositare una querela per essere sicuro che tutto questo finisse”. E aggiunge: “Ma al di là della mia personale vicenda, ritengo che sia proprio sbagliato il modo di fare informazione. Quotidiani ed emittenti radio-televisive prendono sovvenzioni statali e dovrebbero quanto meno preoccuparsi di fornire un’informazione corretta”.

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