Imprese fiorentine: scarso utilizzo degli strumenti di marketing e poca consapevolezza sui sistemi di certificazione di qualità

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
22 aprile 2008 18:09
Imprese fiorentine: scarso utilizzo degli strumenti di marketing e poca consapevolezza sui sistemi di certificazione di qualità

Firenze, 22 aprile 2008- Lo scenario economico-strutturale delle PMI nella Provincia di Firenze emerso dal Progetto RI.B.A., lo studio condotto da Eurispes Toscana in collaborazione con CNA Firenze presentato questa mattina da Adriano Gabellini vicepresidente di CNA Firenze e Filippo Chiocchini segretario generale Eurispes Toscana, è complesso ed articolato. La ricerca, orientata ad individuare i bisogni e le necessità delle PMI della provincia di Firenze, ha infatti delineato un quadro dettagliato della condizione attuale del settore, descrivendone caratteristiche, contesti operativi, bisogni, criticità, problematiche e possibili scenari di sviluppo.

Oltre a monitorare la consistenza numerica e la distribuzione sul territorio delle PMI, lo studio ha consentito di individuare le esigenze ed i bisogni concreti delle imprese, primo fra tutti la necessità di implementare la formazione, sia per coloro che si affacciano al mondo del lavoro, sia per gli stessi imprenditori, insieme alla certificazione di qualità e agli strumenti di marketing nei confronti dei quali molte aziende non hanno ancora acquisito la dovuta consapevolezza. Con riferimento alla formazione un primo dato, emblematico, emerso dalla ricerca è l’inadeguatezza e l’insufficienza del sistema scolastico istituzionale tradizionale, incapace di fornire ai giovani una preparazione adeguata alle richieste espresse dal mondo del lavoro e, soprattutto, di coniugare i saperi con la pratica.

La maggioranza degli imprenditori intervistati (il 60%) avverte infatti la necessità di una formazione aggiuntiva nel momento in cui la nuova risorsa entra in azienda.
I problemi legati alle esigenze professionali non si esauriscono sul fronte dell’inefficacia della preparazione scolastica tradizionale, ma riguardano soprattutto la difficoltà nel reperire giovani apprendisti che siano disposti a “sporcarsi le mani”: molti imprenditori individuano infatti nell’apprendistato la formula più efficace per formare le proprie risorse.

La priorità degli imprenditori in tema di esigenze professionali riguarda comunque la reperibilità della manodopera specializzata, che pone abbastanza o molte difficoltà per quasi il 90% del campione. Quasi l’80% del campione ritiene sostanzialmente inefficaci le agenzie di lavoro interinale e i centri per l’impiego; invece poco più della maggioranza degli intervistati ritiene che siano canali efficaci per reperire manodopera specializzata le segnalazioni da parte di amici o parenti, ma soprattutto le segnalazioni da parte di fornitori o clienti (canale efficace per il 58% del campione).

Sempre sul fronte della formazione si registra una scarsa propensione da parte degli imprenditori a partecipare a corsi di formazione. Il disinteresse nei confronti dell’aggiornamento professionale, inteso come mero sapere, trova conferma nelle valutazioni degli imprenditori circa i titoli di studio “privilegiati” per operare in specifiche aree aziendali: in pratica la maggioranza degli intervistati ritiene che l’importante non è “avere i titoli” ma “saper fare”. Per il 25% degli intervistati non è necessario alcun titolo per operare nell’area produzione e per svolgere le attività amministrative il 30% degli imprenditori non richiede né diplomati, né laureati.

Il medesimo disinteresse si registra nei confronti degli strumenti del marketing nei confronti dei quali non si registra una particolare propensione tra gli imprenditori: il 43% degli intervistati non attribuisce alcuna importanza alla partecipazione a fiere ed esposizioni e la maggioranza degli intervistati ritiene poco utile l’appartenenza a reti di imprese per il successo della propria attività. Ma, sulla base delle informazioni raccolte in merito ai principali problemi delle imprese, si avverte proprio la necessità di ulteriori strumenti di marketing, di cui evidentemente gli imprenditori hanno una scarsa consapevolezza.

Infatti il 78% delle imprese trova molta difficoltà nell’aumentare il numero di clienti. Allo scopo di valutare lo “stato di salute”, le ambizioni e soprattutto la dinamicità delle imprese, sono state poste domande sulla capacità di innovazione e sulla propensione a modificare le strategie aziendali. A questo proposito le imprese della meccanica sembrano le più innovative al punto che il 61% del campione ha acquistato un nuovo macchinario nel corso degli ultimi 12 mesi. In termini di strategie aziendali, il 76,5% delle imprese che rivolgono la propria produzione verso il mercato provinciale, regionale o nazionale manifesta l’intenzione di espandersi verso l’estero.

Invece, il 78,5% delle imprese contoterziste non è interessato a cambiare la propria modalità di produzione.
FOTOGRAFIA DEL SETTORE
La fotografia della popolazione studiata rileva che il 93% delle imprese appartiene al settore della manifattura mentre solo il 7% ai servizi alle imprese. Il settore produttivo che vede il maggior numero imprese è quello delle preparazione e concia cuoio e pelli, fabbricazione prodotti in cuoio, pelle e similari (32%), seguito dalla lavorazione dei metalli (15,5%) e dal tessile abbigliamento (11%).

La maggior parte delle imprese ha sede a Firenze (15%) e Scandicci (12,4%), seguono i comuni di Campi Bisenzio, Empoli, Calenzano e Sesto Fiorentino che contano una percentuale di imprese compresa tra il 4 e il 6%. Il 36% delle imprese ha come mercato di riferimento il territorio nazionale; si rivolgono ai mercati internazionali, come quello europeo ed extra UE rispettivamente il 19% e il 29% del campione. In particolare sono soprattutto le imprese che producono in conto proprio a rivolgere la propria attività verso i mercati esteri (il 36,5%) sia per il mercato comunitario che per quello extra UE) e nazionali (47%); al contrario solo il 19% di questa tipologia di impresa trova sbocco nel mercato provinciale, a cui si rivolge invece una percentuale di imprese miste o contoterziste che oscilla tra il 43 e il 48%.
In termini di fatturato, la maggior parte degli imprenditori intervistati (il 37%) ha dichiarato un ammontare compreso tra i 250.000 Euro e i 500.000 Euro; seguono le imprese che fatturano annualmente fino ad 1.000.000 di Euro (23%); risultano invece equamente rappresentate (16%) le imprese con un fatturato fino ai 250.000 Euro e quelle che raggiungono i 2.000.000 di Euro.

Infine, meno numerosa ma comunque significativa, la presenza di imprenditori con un fatturato superiore 5.000.000 di Euro (8%).
Il 38% delle imprese dichiara un incremento annuo del fatturato, mentre per la maggioranza (41%) risulta stabile. Solo una percentuale minore di imprese (20%) evidenzia un peggioramento del proprio fatturato, che risulta diminuito soprattutto tra le imprese che operano nella pelletteria (27%). La propensione delle aziende a dotarsi di adeguati strumenti commerciali per affrontare le sfide imposte dal mercato è stata indagata facendo riferimento ad aspetti come la dotazione di un sito internet o l’acquisizione di una certificazione di qualità.
La maggioranza delle imprese intervistate (il 54%) dichiara di possedere un sito internet aziendale, mente il 6 % afferma di avere un sito in fase di costruzione.

Se lo sfruttamento di nuove tecnologie, come ad esempio internet, viene praticato da una percentuale consistente del campione di imprese, non si riscontra un fenomeno simile in riferimento alla certificazione di qualità. Infatti la maggioranza delle imprese intervistate (il 76 %) non possiede una certificazione di qualità, la cui mancanza, secondo alcuni testimoni privilegiati intervistati, è stata fonte di gravi insuccessi commerciali.
In ultima analisi possiamo riassumere questo corposo lavoro su alcune direttrici principali.
La prima e più importante è sicuramente la riflessione su una diversificata importanza di figure professionali sul mercato del lavoro e conseguentemente sul mercato della formazione intesa come processo di costruzione del profilo e portale di accesso al ruolo.

In questa logica i risultati ottenuti e le tipologie costruite consentono di comprendere come alcune figure professionali siano in relativo declino; mentre per altre si stia aprendo un periodo di relativa valorizzazione. La seconda area di riflessione è una rilevata “sfiducia” nella formazione e nella sua reale efficacia nella risoluzione dei veri problemi d’impresa. La maggior parte delle rilevazioni in questo ambito indica un atteggiamento da parte dell’imprenditore artigiano di poca convinzione e motivazione nel percorso formativo come elemento di sviluppo dell’azienda.

Risulta pertanto necessaria un riflessione ampia sul concetto di reale efficacia degli interventi formativi e, a monte, sull’esigenza di una analisi dei fabbisogni che entri nelle specificità dei singoli ruoli e che sia garante di un reale impatto sulla vita aziendale della formazione.
In terzo luogo è importante una riflessione sull’imprenditore stesso che, in un caso su due, svolge funzioni commerciali e in un caso su tre gestisce da solo il settore amministrativo e parimenti è poco incline alla partecipazione a percorsi formativi ritenendoli poco efficaci per la propria attività.

In questo caso si aprono interessanti scenari e possibili linee strategiche di contenuto per percorsi formativi specifici per imprenditori, che non possono però prescindere da una forte efficacia reale e da una organizzazione tecnico –logistica correlata alle esigenze di tali figure, spesso poco disponibili e già oberate di attività.
In quarto luogo si ripete la oramai cronica e per niente nuova mancanza di manodopera specializzata, sempre richiesta e molto poco reperibile sul mercato del lavoro, certo non è questa una novità ma è certamente una conferma della rilevanza del tema.
Infine c’è da sottolineare il tema della efficacia dei canali di reclutamento utilizzati dalle imprese artigiane per l’approvvigionamento della “risorsa primaria”: il lavoro.

I risultati della ricerca danno come poco rilevanti i canali “istituzionali”, ovvero quelli preposti formalmente alla soddisfazione d’impresa. Centri per l’impiego e società specializzate di lavoro interinale non risultano particolarmente efficaci in questo senso. Mentre grande valore invece riveste il canale “informale” costituito da clienti/fornitori e passa parola vario. Pur non essendo certo un tema centrale nella ricerca svolta, crediamo che anche su questo punto sia necessaria una riflessione ampia.

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