San Valentino: non tutto, ma quasi sul bacio.
Zingarelli edizione 2008: aggiornato quello alla francese

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
11 febbraio 2008 15:29
San Valentino: non tutto, ma quasi sul bacio.<BR>Zingarelli edizione 2008: aggiornato quello alla francese

Il bacio è il rapporto più tenero, il primo, e il più intimo che ci possa essere fra due persone innamorate. Ma è anche il più sconosciuto. Quanti sanno che il bacio alla francese è un pizzicotto “sulla gota, stringendola fra l’indice e il medio”? (Zingarelli ed. 1999). Quello che nella lingua parlata contemporanea conosciamo per bacio alla francese, una volta era chiamato bacio cataglosso; furono gli inglesi e gli americani, negli anni ’20, a chiamarlo la prima volta “Bacio alla francese”, per un equivoco che ancora oggi si perpetua in quasi tutte le lingue parlate.

I vocabolaristi, un po’ per pigrizia, alcuni per indolenza o qualche volta per ignoranza, piuttosto che osservare come usano le parole i parlanti, spesso preferiscono tanto per cadere in piedi, copiare pari pari un rispettabile vocabolario, quello degli amici dell’Accademia della Crusca, rispettabilissimo, ma ormai più che desueto, anzi un vero pezzo d’antiquariato se si considera che non è più aggiornato proprio dagli anni ’20. Tanto per curiosità, si stava lavorando ad una nuova edizione che si fermò alla parola ozono nel 1923.


Questo caso fu evidenziato da Swarovski qualche anno fa, e riportato da diversi giornali. L’edizione 2008 dello Zingarelli ha finalmente aggiornato il termine bacio, nell’accezione “alla francese”, con la definizione che nella lingua parlata si usa da poco meno di un secolo. Meglio tardi che mai; se si considera poi che il bacio alla francese è un vero e proprio rapporto intimo, eseguito con le labbra e la lingua, che sono in questo caso l’imitazione degli organi sessuali, la giusta definizione può frenare l’impulsività di ignari aspiranti violentatori.


La storia del bacio alla francese e' la storia di un equivoco, non solo linguistico, ma anche sul costume. In questo equivoco c’inzuppano un po’ tutti, a volte per ignoranza, ma anche per portare acqua al proprio mulino.
Questa è solo una piccola curiosità di cui Vladimir Swarovski, già autore di A Fior di Labbra, Roberto Meiattini Editore ha parlato lunedì 11 febbraio alle 17.00, nell’ex Sala del Consiglio, Palazzo Quartieri a Forte dei Marmi spiegando come è nata una tradizione da una spinta naturale, in prossimità di un periodo astronomico che accomuna gli umani agli uccelli.


Già gli antichi festeggiavano l’inizio degli amori a metà febbraio, in quanto avevano notato che con voli rituali gli uccelli danno il via alla stagione degli amori. Fra gli umani questa ricorrenza era scandita dai festeggiamenti in onore del fauno Luperco, che era un po’ il Valentino dell’antichità.
I Lupercali consistevano in rituali che avevano la funzione di formare coppie di fatto. Dopo un anno, se le coppie avevano dato frutti, o se non riscontravano incompatibilità, si dava il via ai festeggiamenti per il matrimonio.

Il Cristianesimo, con l’istituzione del sacramento del matrimonio vietò i Lupercali, ma la festa degli innamorati restò con un santo protettore preso a caso fra quelli martirizzati a metà febbraio. La sorte capitò a San Valentino, naturalmente ignaro di tutto, e per l’ironia della sorte non amante come i suoi protetti.
Naturalmente il San Valentino di cui parliamo non è quello di Terni, ma un prete romano morto nel 297, con tomba sulla Via Flaminia. Nei pressi della sua tomba, che con la crescita di Roma si era trovata appena fuori porta, si davano convegno le signore di malaffare.

Fu così, che nottetempo, per evitare che nascesse un “protettore” in un altro senso, senza che nessuno se ne accorgesse il titolo fu portato ad un altro santo dentro le mura di Terni, che per caso si chiamava Valentino. Nel mondo esistono diversi Santi Valentini, morti in giorni diversi, ma inevitabilmente il 14 febbraio le loro tombe, o i luoghi di culto sorti in loro onore, diventano meta di pellegrinaggio per gli innamorati. (V. S.)

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