Polittico di Gentile da Fabriano: in mostra fino al 18 aprile, dopo il restauro dell'Opificio delle Pietre Dure

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
17 febbraio 2006 13:57
Polittico di Gentile da Fabriano: in mostra fino al 18 aprile, dopo il restauro dell'Opificio delle Pietre Dure

Un’opera misteriosa e considerata ormai perduta potrà essere ammirata dal pubblico grazie ad un eccezionale restauro. E’ il Polittico dell’Intercessione realizzato da Gentile da Fabriano durante il suo soggiorno fiorentino (circa 1425): una tavola a cinque scomparti (222 x 97cm) che raffigurano San Ludovico di Tolosa; la Resurrezione di Lazzaro; al centro è la scena dell’intercessione di Gesù e Maria presso Dio Padre; i Santi Cosma, Damiano e Giuliano; San Bernardo.

Ancora oggi, dopo le varie ipotesi avanzate dagli studiosi e l’ultima campagna di studi e ricerche documentarie condotte dall’Opificio delle Pietre Dure, l’opera rimane avvolta nel mistero: non se ne conosce la committenza né la collocazione originale.



La prima informazione sull’opera risale al 1862 e riguarda la sua presenza nella chiesa fiorentina di San Niccolò Oltrarno, ma niente dimostra che le appartenesse sin dall’origine. E’ certo invece che nel 1897 un incendio la danneggiò gravemente. Il dipinto era già stato danneggiato da un restauro precedente, emerso solo adesso, su cui l’incendio innescò dei processi chimici di alterazione che lo compromisero ulteriormente. Il Polittico fu quindi considerato irrimediabilmente perduto, tanto che rimase nei depositi della Soprintendenza a Palazzo Pitti per decenni, fino a quando nel 1995 iniziò ad essere studiato dall’Opificio delle Pietre Dure.



Oggi, grazie all’intervento di restauro progettato e realizzato dall’Istituto e realizzato grazie al sostanziale contributo della Indesit Company, il Polittico dell’Intercessione ha recuperato la sua leggibilità, e potrà essere ammirato dal 19 febbraio al 18 aprile 2006 a Palazzo Medici Riccardi, grazie ad un accordo fra la Provincia di Firenze e l’Opificio diretto da Cristina Acidini.

Quella del polittico di Gentile da Fabriano sarà infatti l’inizio di una serie di “anteprime” di capolavori restaurati dall’Opificio che troveranno da ora in poi nel palazzo della Provincia una splendida vetrina.

L’iniziativa si inserisce in un contesto di altre esposizioni promosse dalla Provincia di Firenze per valorizzare il palazzo rinascimentale che la ospita, costruito a metà del Quattrocento da Michelozzo. Dopo la presentazione fiorentina il polittico sarà esposto nella mostra monografica sull’autore in programma a Fabriano dal 21 aprile al 23 luglio, per poi essere ricollocata nella chiesa di San Niccolò secondo un progetto della Soprintendenza per il Patrimonio Storico Artistico Etnoantropologico di Firenze, Pistoia e Prato.

Il restauro vero e proprio, iniziato nel 2003, diretto da Marco Ciatti e Cecilia Frosinini e condotto da una équipe guidata da Roberto Bellucci, e Ciro Castelli, per il supporto ligneo, è stato preceduto da una lunga serie di studi di indagine sui materiali e sui singoli problemi da affrontare, che ha visto coinvolti istituti di ricerca come l’Inoa-Cnr, l’Enea, l’Ifac-Cnr e l’utilizzo delle più sofisticate tecnologie. Fra queste fondamentale è stata l’applicazione della riflettografia in infrarosso con sistema scanner, dell’Inoa-Cnr che ha consentito di visualizzare la presenza di figure ben conservate al di sotto dell’annerimento della superficie pittorica e della pesante patina successiva al restauro troppo aggressivo precedente all’incendio.

Per la pulitura è stato scelto l’impiego differenziato e capillare di solventi (resin soaps, solvent gels, emulsioni steariche) formulati in modo specifico per le diversissime situazioni conservative della superficie pittorica; inoltre l’integrazione delle parti mancanti e delle abrasioni ha infine consentito di rendere leggibile questa importante opera di Gentile da Fabriano, uno dei massimi esponenti della pittura tardo gotica, autore di capolavori come l’Adorazione dei Magi e i Santi del Polittico Quaratesi conservate agli Uffizi.



Un restauro dunque eccezionale che ha recuperato un’opera data per irrimediabilmente perduta. Nel Polittico dell’Intercessione sono oggi ben visibili i personaggi raffigurati, la tecnica e i raffinati materiali utilizzati dall’autore: foglie metalliche, lacche e colori semi-trasparenti molto diversi dalla pittura fiorentina del periodo. Sono riapparsi dunque volti delicati, abiti eleganti, piccole figure evanescenti prima nascoste che consentiranno forse a critici e studiosi di dare delle risposte su un’opera tanto affascinante quanto misteriosa.



Ad oggi si possono fare solo ipotesi sulla committenza e l’originaria collocazione. Gli studiosi hanno ipotizzato che si potesse trattare di un altro polittico di commissione Quaratesi o della famiglia Banchi (altri ricchi mercanti fiorentini, con cappella in San Niccolò Oltrarno).

Le ultime ricerche condotte dallo staff dell’Opificio delle Pietre Dure avanzano una nuova ed interessante tesi: potrebbe trattarsi di una committenza francescana proveniente dalla chiesa fiorentina di San Salvatore al Monte.

Tanti sono i dati e le notizie individuate che inducono gli studiosi dell’Opificio ad avanzare questa ipotesi, tra queste: la rarissima iconografia dell’Intercessione, cara ai francescani per tutto il Medioevo, in particolare nella versione qui rappresentata della Vergine e Gesù in posizione egualitaria di fronte a Dio; la presenza di San Ludovico di Tolosa e di San Bernardo di Chiaravalle, autore del testo da cui prende origine la stessa iconografia dell’opera. Si ipotizza quindi che il Polittico dell’Intercessione potesse essere collocato originariamente nella chiesa francescana di San Salvatore al Monte (vicino alla chiesa di San Niccolò Oltrarno), fondata nel 1419, dove avevano vissuto importanti figure dell’ordine tra cui San Bernardino da Siena, e che originariamente era una cappella dedicata ai santi Cosma e Damiano, rappresentati nell’opera.

Con le soppressioni degli ordini religiosi l’opera fu probabilmente rimossa dal luogo d’origine e collocata in San Niccolò. E proprio un documento del 1810 descrive alcune opere espropriate alla chiesa di San Salvatore al Monte tra cui un dipinto di forma “quintica”, cioè a cinque scomparti come il Polittico, delle stesse dimensioni, ma di tema diverso. Che si tratti della stessa opera erroneamente descritta (cosa non insolita)?

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