Elettra Marconi in visita alla mostra del Premio Nobel

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
23 novembre 2004 14:54
Elettra Marconi in visita alla mostra del Premio Nobel

Firenze - “Papà morì il 20 luglio 1937, il giorno del mio settimo compleanno. Mia madre, che non si sarebbe risposata, avrebbe dedicato la vita a esaltarne la memoria e io stessa sono stata cresciuta nel culto di quel padre, del grande scienziato, del benefattore dell’umanità. Ma per me papà era l’uomo con cui giocavo, che mi prendeva in braccio e mi dedicava infinite tenerezze”.
Elettra Marconi, figlia unica e unica erede dell’inventore della radio, ha visitato stamani a Firenze Beautiful Minds, la mostra ufficiale del Premio Nobel (a Palazzo Strozzi fino al 2 gennaio 2005) che a Guglielmo Marconi, Nobel per la Fisica nel 1909, riserva un capitolo nella sezione sui 19 Laureati italiani.

Su Marconi la Rai sta peraltro girando un documentario e la visita della figlia alla mostra è coincisa con la necessità di girare alcune scene proprio di fronte a una grande foto dello scienziato e alla teca contenente uno dei primi esemplari di radiotrasmettitore.
Elettra Marconi (porta il titolo nobiliare di principessa) è comunque di casa a Firenze (“Ricordo quando da piccola andavo in bicicletta in via de’ Benci”) e in città conserva numerosi amici. Giunta in treno da Roma, è stata ricevuta da una delegazione dell’Istituto e Museo di Storia della Scienza e dell’Ente Cassa di Risparmio di Firenze che insieme hanno promosso e realizzato la sezione italiana dell’esposizione.
“Sono davvero felice che Firenze ospiti questa straordinaria mostra del Premio Nobel.

Mio padre ne sarebbe stato orgoglioso”, ha raccontato la principessa che ha visitato Beautiful Minds tenendo in mano l’ultima biografia di Guglielmno Marconi edita da Rizzoli, “Del resto mio padre, che era bolognese, aveva per Firenze un’ammirazione particolare e vi abitò addirittura per un periodo. Io nacqui molti anni dopo che aveva ricevuto il Nobel. Lui aveva già 56 anni, ma non lo ricordo come un uomo anziano. Anzi. Ne ho un ricordo molto giovanile, di una persona allegra, sempre pronta a giocare con me”.
Un uomo tuttavia molto impegnato e spesso assente? “Sì, anche.

Viaggiava spesso, ma ci capitava assai di frequente di passare lunghi periodi insieme. Anche sull’Elettra, la nave dei suoi famosi esperimenti. Ricordo i giochi sul ponte, lui che rideva insieme alla mamma. Se mi chiamava con un nomignolo? Mai. Detestava i nomignoli. Io ero Elettra e basta, un nome non scelto a caso. Del resto anche in America, quando qualcuno lo chiamava Bill o Willie, nomignoli di William, Guglielmo, lui non rispondeva. Voleva che lo chiamassero col suo bel nome italiano, di cui andava fiero, così come era fiero dell’Italia, della bandiera, del suo Paese”.
Era davvero un uomo eccezionale, ha aggiunto Elettra Marconi.

E vedendo uno dei presenti parlare al cellulare, ha ricordato una sua premonizione: “Un giorno, disse papà alla mamma, parlare a distanza sarà facilissimo, alla portata di tutti. Chiunque avrà in tasca un piccolo apparecchio con cui mandare e ricevere messaggi. Erano gli anni Venti. Guglielmo Marconi è stato davvero il nonno del telefono cellulare”.
E la nave Elettra? Come noto non esiste più. “Avevamo chiesto di farne un museo. La volevano negli Stati Uniti, in Inghilterra. Ci demmo tanto da fare.

Poi, un giorno, leggemmo sui giornali che lo scafo era stato smembrato in cinque parti e i pezzi donati un po’ qua, un po’ là. Ci mettemmo a piangere”. Era l’agosto del 1978.

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