W il Pirata!

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
17 febbraio 2004 00:21
W il Pirata!

Vorrei raccontare la storia di un ragazzo che era re nel 1998, spogliato di ogni scettro un anno dopo, e “caduto” nel 2004, in una sera in cui gli innamorati si scambiano regali e promesse per l’eternità. Vorrei raccontare la storia di un ragazzo che si definiva ed era definito Pirata da tutti, ma che aveva una carattere talmente fragile da cadere, spesso, alla prima piccola tempesta. Vorrei raccontare la storia di un ragazzo che veniva catturato, spesso, da quel male che lacera la mente e da quel sospetto che blocca ogni occasione per rinascere.

Vorrei raccontare la storia di un ragazzo che quando prendeva una bicicletta non correva, ma danzava sui pedali e, tra ali di folla quando la strada saliva, iniziava a sognare e a far sognare.
Salendo il mondo diventava piccolo, piccolo, e lui sempre più grande, onnipotente, immenso, imprendibile. La sua voglia di vincere era pari alla sua fragilità: fuggiva sulle montagne forse per scappare da quel mondo fatto di regole e di sentenze anche crudeli, di salite, ma anche di discese. E quelli che lui imboccava, spesso, erano precipizi dove la sua mente navigava, quella si da pirata.
Vorrei raccontare la storia di un ragazzo che ha indossato la maglia rosa e gialla in pochi mesi e l’ha portata per quasi un anno, fino ad un giorno in cui lo hanno spogliato di tutto.

Lui non ha dimenticato: è entrato in lutto indossando virtualmente la maglia nera, che ha portato con sé da quel maledetto giorno in cui ha perduto tutto, anche se stesso. Vorrei raccontare la storia di un ragazzo che ha vagato perché nessun'altra nave poteva rimarginare quella ferita, l’affronto che solo uomini forti, navigati alle tempeste della vita, possono superare. La nave dei sogni era passata e lui che per un po’ era stato il comandante di quella nave, ora che l’aveva perduta, per sempre, non riusciva a dimenticarla.

Vorrei raccontare la storia di un ragazzo che si è fermato perché perdendo lo scettro ha perduto il comando e il rispetto, soprattutto di se stesso.
Vorrei dire a quel ragazzo che nel lontano 1998, devo a lui il mio primo e finora unico “sonoro di apertura” in un telegiornale nazionale. Vorrei dire a quel ragazzo che non ha capito che a noi bastava sapere che lui fosse presente in una qualsiasi gara per poter sognare una sua fuga, un suo volo su una salita invalicabile per noi, comuni uomini mortali e non pirati.

Vorrei dire a quel ragazzo nato a Cesenatico il 13 gennaio del 1970 e deceduto il 14 febbraio del 2004, che se si fosse tolto anche per un solo giorno quella maglia nera, di lutto forse avrebbe visto che intorno a lui il mondo raccontava tragedie più grandi, che la sua disavventura. Quella del 5 giugno del 1999, era solo una piccola tempesta, una piccola cattura, e che quel suo sogno interrotto sarebbe potuto presto riprendere su un’altra nave.
Per noi sarebbe stato sempre il Pirata, quel ragazzo che con una bandana in testa attaccava le montagne danzando sui pedali e regalando emozioni e infinite gioie.
Vorrei dire a quel ragazzo che a 34 anni un pirata, un eroe, un re, un comandante, non può lasciare la vita in uno squallido hotel-residence di una cittadina balneare troppo triste d’inverno.

Vorrei dire a quel ragazzo, che ha scritto pagine memorabili per il ciclismo, che sarà impossibile per noi dimenticare le sue gesta. Vorrei dire a quel ragazzo di 34 anni che me lo immagino in volo con una bici su qualche montagna italiana, francese, spagnola. Vorrei dire a quel ragazzo-pirata di 34 anni che per noi è stato, è e sarà per sempre solamente un eroe, un comandante, un re sopra due pedali; Marco Pantani.
(Luca Bindi - RaiSport Satellite)

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