Presentati i dati 2002 dell’economia fiorentina dal presidente della Camera di Commercio di Firenze, Luca Mantellassi
Segnali di vitalità’ a Pisa

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
05 maggio 2003 15:36
Presentati i dati 2002 dell’economia fiorentina dal presidente della Camera di Commercio di Firenze, Luca Mantellassi<BR>Segnali di vitalità’ a Pisa

Firenze, 5 maggio 2003- Con un coro di 103 voci, le Camere di Commercio hanno delineato, oggi, lo stato di salute di “Azienda Italia”, visto e interpretato dall’analisi delle economie locali. L’occasione è stata la 1a Giornata dell’economia, promossa dall’Unione italiana delle Camere di Commercio e realizzata contemporaneamente in ogni provincia. “Con questa iniziativa il sistema camerale italiano - ha spiegato Luca Mantellassi nel presentare il rapporto della Camera di commercio di Firenze - vuole disegnare la “mappa” dello sviluppo dell’Italia, attraverso i dati inediti e aggiornati che le Camere di Commercio raccolgono quotidianamente”.

Sono informazioni che riguardano la vita, le trasformazioni, le performance economiche delle imprese, che consentono di valutare il livello di competitività, la reattività alle sfide internazionali, la capacità di innovare e di sviluppare la penetrazione verso nuovi sbocchi di mercato.
Il ritratto che Mantellassi ha presentato è quello di un'economia fiorentina ancora vitale e ricca di risorse sul piano imprenditoriale: al di là della attuale fase di stagnazione delle attività produttive in presenza di una congiuntura internazionale che ha penalizzato nel 2002 le nostre esportazioni, l'apparato economico provinciale ha continuato a svilupparsi facendo registrare, a livello di imprese, valori positivi nel tasso di crescita delle strutture operative (+1,2%) e degli occupati (+ 1,6%).

Ma, soprattutto, ha visto la prosecuzione di quei processi di trasformazione delle imprese verso modelli di impresa più strutturati, sempre più calati in logiche di rete o di raggruppamenti di imprese, capaci di consentire un allargamento della propria dimensione strategica. Né è mancata alle imprese nuova linfa: quasi 7 neo-imprenditori su 10 sono rappresentati da giovani al di sotto di 35 anni.
Ma anche nei processi di localizzazione/delocalizzazione Firenze continua a svolgere un ruolo significativo collocandosi fra le province con più elevato grado di attrazione (quasi il 20% dell'occupazione dipendente è creata da società con sede fuori provincia).

A livello esponenziale, poi, è stata nel triennio 1999-2001 la crescita del tasso medio di sviluppo in termini di investimenti dall'estero (Il flusso complessivo registrato nel 2001 è stato di poco inferiore ai 5,8 miliardi di Euro).
Tutti fattori, questi, che hanno consentito alla nostra realtà provinciale di mantenere a livello di ricchezza pro-capite una delle posizioni di testa (8° posto) nella graduatoria delle province italiane.
Ma è' necessario, tuttavia, non abbassare la guardia.

Occorre creare a livello locale le migliori condizioni per consentire alle nostre piccole e medie imprese di aggredire i mercati con prodotti a maggiore contenuto innovativo e di servizio, facendo ricorso anche ad una maggiore flessibilità delle risorse umane, che devono essere adeguatamente formate e qualificate sul piano professionale. Il nostro tessuto imprenditoriale, in conclusione, per essere meno vulnerabile sui mercati internazionali, da un lato, deve cercare di entrare nei circuiti privilegiati della innovazione, dall'altro, è chiamato a sviluppare capacità e nuove modalità di relazione fra le imprese, cercando sempre più di "fare sistema" in modo permanente, così da conseguire l'obiettivo di un reale innalzamento di competitività.


Con un coro di 103 voci, le Camere di Commercio hanno delineato, oggi, lo stato di salute di “Azienda Italia”, visto e interpretato dall’analisi delle economie locali.

L’occasione è stata la 1a Giornata dell’economia, promossa dall’Unione italiana delle Camere di Commercio e realizzata contemporaneamente in ogni provincia. “Con questa iniziativa il sistema camerale italiano - ha spiegato Pierfrancesco Pacini nel presentare il rapporto della Camera di commercio di Pisa - vuole disegnare la “mappa” dello sviluppo dell’Italia, attraverso i dati inediti e aggiornati che le Camere di Commercio raccolgono quotidianamente”. Sono informazioni che riguardano la vita, le trasformazioni, le performance economiche delle imprese, che consentono di valutare il livello di competitività, la reattività alle sfide internazionali, la capacità di innovare e di sviluppare la penetrazione verso nuovi sbocchi di mercato.
Il ritratto che Pacini ha presentato è quello di un'economia imprenditoriale pisana ancora vitale e ricca di risorse.

“Al di là dell’attuale fase di stagnazione delle attività produttive, complice una congiuntura internazionale che ha penalizzato nel 2002 le nostre esportazioni, - ha commentato - l'apparato economico provinciale ha continuato a svilupparsi, facendo registrare valori positivi nel tasso di crescita delle strutture operative con +1,4%, pari a 553 nuove unità, superiore a quello nazionale e regionale (+1,2%)”.
Nonostante la parte del leone continuino a svolgerla le ditte individuali, anche se in progressivo calo (sul totale delle iscrizioni rappresentano nel 2002 il 58,18% contro il 75% del ‘97), prosegue la crescita delle società di capitale che passano dalle 318 nuove iscritte del 1997 a 714 nel 2002, evidenziando un incremento del 73,1%.

La disaggregazione dei dati mostra una new economy in frenata, un sistema finanziario e dei trasporti in fase di ristrutturazione ed un rafforzamento quantitativo dei settori costruzioni e servizi.
Alle imprese pisane non è mancata la nuova linfa: quasi 4 neo-imprenditori su 10 sono rappresentati da giovani al di sotto di 35 anni, con una incidenza maggiore nei settori delle costruzioni, trasporti, finanziario, servizi sociali e attività immobiliari/informatiche. Significativa anche la fascia 36-49 anni che rappresenta il 33,7% dei nuovi imprenditori, mentre ancora limitata appare la partecipazione femminile.
Si rafforza la struttura organizzativa del sistema produttivo e le imprese allargano la propria dimensione strategica, sviluppando accordi sul versante produttivo/commerciale, partecipando a consorzi, entrando a far parte di raggruppamenti di impresa, “consapevoli che la struttura “a rete” sia il modello vincente da raggiungere per competere ad armi pari sullo scenario internazionale”.

Nella provincia di Pisa sono 651 le imprese associate con un fatturato che incide il 56% su quello totale e con un impatto occupazionale che è pari al 57,7% sul totale degli addetti delle società di capitale in Toscana.
Riguardo ai processi di localizzazione/delocalizzazione quasi il 18% dell’occupazione dipendente a Pisa è creata da società con sede fuori della provincia; le imprese pisane delocalizzano l’8% del lavoro fuori dal proprio territorio e gli investimenti diretti dall’estero verso Pisa hanno superato, nel 2002, i 15 milioni di euro (alla Toscana è diretto solo il 20% del flusso complessivo degli investimenti stranieri).
Cresce il reddito pro-capite e la provincia guadagna così sette posizioni (28° posto) nella graduatoria nazionale, mantenendo il terzo posto in quella regionale.
La capacità di reggere il confronto interno e internazionale passa anche attraverso quei fattori esterni all’impresa (infrasttture, mercato del credito e sistema delle agevolazioni creditizie) che, in modo sempre più decisivo, influenzano la competitività del territorio.
Pisa, pur presentando un buon posizionamento che le fa superare alla fine degli anni ‘90 di ben 30 punti la dotazione media italiana, registra una frenata in quasi tutte le infrastrutture con l’esclusione della rete ferroviaria, delle strutture per la telefonia e degli impianti energetico-ambientali; mentre, a livello regionale, mantiene una buona posizione sul fronte delle strutture aeroportuali e per l’istruzione, ma resta critico lo stato della rete stradale.
“La chiave di volta per il successo delle nostre imprese - ha concluso il Presidente della Camera di Pisa - sta dunque nella capacità di investire in formazione, nell’innovazione tecnologica, in strategie di collaborazione e di localizzazione”.

“L’innalzamento del livello di competitività provinciale può essere, in prospettiva, legato all’abilità delle imprese di “fare sistema” e di connettersi attraverso legami forti o flessibili, in modo da portare anche le aziende di piccole dimensioni ad acquisire maggiori vantaggi”.


Rapporto della Camera di Commercio di Firenze, presentato dal Presidente Luca Mantellassi

In sintonia con la situazione rilevata a livello nazionale e toscano, anche l'economia fiorentina ha vissuto un 2002 all'insegna della stagnazione: a livello produttivo in difficoltà le attività del manifatturiero industriale ed artigiano, soltanto il settore delle costruzioni sembra aver mantenuto una buona performance; nel terziario, se, da un lato, non si registrano progressi di rilievo nel comparto mercantile, rimane preoccupante la situazione delle attività collegate al turismo.

Ha retto complessivamente l'occupazione, ma in un contesto di crescita del ricorso alla cassa integrazione ordinaria. Tiene e spunta limitati progressi in termini di imprese attive e di unità operative il sistema imprenditoriale fiorentino.
Nel corso del 2002 le imprese di quasi tutti i settori dell'economia provinciale hanno dovuto fare i conti con una situazione dei mercati assai depressa. Le prime stime circa il livello di crescita della nostra economia misurano in un modesto + 1,1% l'incremento del valore aggiunto provinciale, in presenza peraltro di una limitata crescita dei consumi finali delle famiglie (le stime annue indicano un + 2,6%).

Tale risultato sta, al di là di tutto, a significare come le nostre PMI, in un periodo congiunturale particolarmente avverso, si siano adoperate per cercare di mantenere i propri livelli di competitività sui mercati anche attraverso la ricerca, per quanto possibile, di strategie di diversificazione economica e soluzioni innovative sia in termini di prodotto che del processo produttivo.
Ciò nonostante, la sfavorevole congiuntura internazionale ha finito per penalizzare in modo significativo le esportazioni fiorentine.

A fronte di una stagnazione prevista per la domanda interna, le imprese fiorentine avevano riposto in un rilancio delle nostre esportazioni in un quadro di ripresa dei mercati internazionali che, invece, col passare dei mesi, si è fatta sempre più labile per effetto del prolungarsi di una situazione di difficoltà delle economie di alcuni Paesi, quali gli U.S.A., il Giappone e, sul versante europeo, la Germania. Purtroppo a fine anno l'export provinciale, con poco meno di 6,3 miliardi di Euro di valore delle merci esportate, in analogia con il trend rilevato a livello nazionale e regionale, registra un calo del 3,0%: dato significativo che, perÚ, sottintende una diversità di andamento fra la prima parte dell'anno, contraddistinta da una caduta molto pronunciata (-8,1%) e la seconda parte dell'anno che, invece, ha visto ridurre il differenziale negativo rispetto all'anno precedente allo 0,7%.
Anche la nostra realtà provinciale, dunque, per quanto meno vulnerabile delle altre realtà provinciali della Toscana rispetto ai contraccolpi derivanti dal mercato internazionale, ha visto ridurre in modo sensibile la propria capacità di penetrazione su alcune aree geografiche particolarmente importanti per le sue specializzazioni produttive tradizionali.

A livello di gruppi merceologici è stato determinante il deludente risultato registrato dai "prodotti trasformati e manufatti" (-3,1%) che rappresentano il 98% del totale delle esportazioni. Al loro interno, in forte calo sono risultate alcune categorie di prodotti particolarmente importanti quali quelle del "sistema-moda". Nel particolare i prodotti del tessile-abbigliamento hanno evidenziato una riduzione del 3,5% (a fronte di flessioni dell' 11,6% a livello regionale e del 4,7% a livello nazionale), le produzioni in cuoio e pelli addirittura il 14% (contro il 12% della Toscana e l'8,7% a livello di Paese).

Per quanto non brillante, migliore è il quadro per le produzioni metalmeccaniche che vedono nell'insieme un modesto incremento (+1,4%) ma con diversificazioni marcate a livello di singole categorie con punte positive per i prodotti della meccanica di precisione (+16,7%) e negative per le macchine per ufficio ed elaboratori (-53,2%) e per gli "altri mezzi di trasporto" (-20%). Gli effetti del non positivo andamento del settore esportativo non potevano che determinare una situazione di stallo nelle attività produttive (il cui valore aggiunto si è ridotto del 3,4% rispetto ad un anno fa) con risultati maggiormente negativi per alcuni comparti strategici per la nostra economia quali quello del "sistema moda" e della industria metalmeccanica.
Che il comparto manifatturiero locale sia stato in affanno stanno, del resto, ad indicare i risultati relativi alle indagini congiunturali - realizzate dalla locale Associazione Industriali in collaborazione con l'Ente camerale - che evidenziano come la produzione ed il fatturato siano rimasti attestati sui livelli tutt'altro che brillanti dell'anno precedente (rispettivamente +1% e + 2,1%), accompagnati da un basso grado di utilizzazione media degli impianti (al di sotto del 70%) e da un ridotto apporto di ordinativi (-2,9% dal mercato interno, +1,6% da quello estero), mentre sul fronte degli investimenti i progressi siano stati abbastanza limitati (+6,6% rispetto ad un 2001 non certo positivo).

Ha tenuto, invece, bene la base occupazionale (+1,8%) cui, però, si è accompagnato un più diffuso ricorso all'utilizzo della Cassa Integrazione Guadagni risultata in aumento del 163% nella gestione ordinaria (quella che più è correlata ai fattori congiunturali).
Settorialmente le difficoltà maggiori sono state avvertite sia a livello di produzione che di fatturato dalle attività metalmeccaniche, che erano risultate già in sofferenza nei precedenti consuntivi (-6,5% la variazione media annua di produzione, -4,1% quella relativa al fatturato); ma significativa anche è la involuzione rilevata dalle attività del sistema-moda (-5,9% la produzione, -4,7% il fatturato).
Sul piano dimensionale si è assistito per le aziende sino a 100 addetti ad flessione produttiva dell' 1,0% mentre per quelle con oltre 100 dipendenti si è registrato un incremento dell' 1,4%.



Ancor più problematico il quadro relativo ai dati sulla congiuntura dell'artigianato il cui fatturato è diminuito del 3,2%, facendo emergere una situazione di complessivo peggioramento nell'andamento delle attività di produzione (il -5,9% del manifatturiero è stato solo in parte controbilanciato da un +5,3% a livello di fatturato dell'edilizia), ma anche in quelle dei servizi (-1,4%). Tuttavia, anche per le attività artigiane, si registra un quadro di sostanziale tenuta dei livelli occupazionali (+1,4 in complesso quale risultante di una crescita del 3% nei servizi e del 5,1% nell'edilizia e di una flessione dell'1% nelle attività di produzione).
La congiuntura edilizia è quella che, anche nel 2002, ha registrato i risultati più soddisfacenti: l'attività settoriale, infatti, ha potuto contare su un ulteriore sviluppo del mercato tanto nel settore delle abitazioni a fini residenziali (sia per le attività private di ristrutturazione che per nuove costruzioni) quanto soprattutto nel settore delle opere pubbliche, grazie all'apertura di diversi cantieri ed alla prosecuzione di iniziative infrastrutturali di rilievo.

Nel corso dell'anno - sulla base delle valutazioni che emergono dalle indagini trimestrali congiunturali curate da Confindustria - il volume di attività, si sarebbe ulteriormente incrementato in misura del 10,4%. Ma anche tutte le altre variabili esaminate presentano un segno positivo: crescono il fatturato (+8,4%), il livello di ordinativi (+6,1%), gli investimenti (+11,6%), il numero di ore lavorate (+1,2%) nonchÈ la base occupazionale (+1,5%).
Nel settore primario si è registrata ancora un'annata nel complesso poco favorevole: le prime stime sulla Produzione lorda vendibile 2002 (il corrispondente agricolo del Pil) indicano una lieve riduzione del tasso di variazione tendenziale della produzione agricola in dipendenza anche di un andamento meteorologico abbastanza irregolare che ha finito per influire sui risultati delle principali colture e, in particolare, sulle produzioni vitivinicole ed olivicole.

Ancora buono, tuttavia, l' andamento dei prezzi sui mercati interno ed internazionale con adeguati livelli di remunerazione del prodotto.
Passando al settore terziario e dei servizi, il 2002 ha evidenziato per le attività commerciali solo limitati progressi in termini di vendite al dettaglio mentre, sul piano strutturale, è proseguita la tendenza ad una riduzione dei valori relativi agli indici di sviluppo settoriale. Le attività del commercio sono state interessate, nel corso del 2002, da un basso profilo congiunturale: il consuntivo annuale fa registrare, progressi molto modesti su base annua in dipendenza di un andamento piuttosto fiacco delle vendite (i dati elaborati da Unioncamere Toscana, peraltro riferiti all'intero contesto regionale, segnalano un +1,7% rispetto al 2001).

Ciò è dipeso dall'atteggiamento di cautela e di particolare circospezione negli acquisiti assunto dall'operatore-famiglie che, anche nel nostro contesto provinciale, ha preferito differire a momenti più favorevoli l'acquisto di alcuni beni ritenuti non essenziali, mostrando, quindi, una minore propensione al consumo rispetto al recente passato.Una conferma di ciò viene dai dati per settore merceologico che evidenziano come a fronte di una crescita del 2,2% delle vendite di prodotti alimentari, la dinamica dei consumi per gli altri beni sia risultata meno pronunciata (solo l'1,5%).

Nello specifico sono le strutture commerciali di più piccola dimensione (meno di 3 addetti) quelle che sembrano aver risentito maggiormente della situazione (con più bassi livelli di incremento delle vendite) mentre le strutture medie e medio-grandi hanno potuto ancora spuntare crescite intorno al 3%. Nel complesso buono l'andamento delle vendite nelle strutture della grande distribuzione (supermercati, ipermercati e grandi magazzini) che hanno conseguito gli aumenti più consistenti rispetto all'anno (viene stimato un +3,4%).
Per le attività collegate al turismo - non disponendo ancora di dati ufficiali circa l'andamento dei flussi turistici - ci si deve limitare alle proiezioni effettuate dai locali centri studi di settore che indicano come l'economia turistica fiorentina non abbia ancora superato quella fase di difficoltà iniziata nel 2001 che aveva interrotto il trend positivo che perdurava dal 1995.

Le presenze complessive vengono stimate in calo in misura del 5% con più pesanti indicazioni per la componente turistica estera (questa ha, a livello di flussi, continuato a manifestare riduzioni negli arrivi da parte di alcune significative correnti turistiche - al dato negativo degli statunitensi si è aggiunto quello relativo ai turisti tedeschi e nipponici - solo in parte mitigate dalla situazione di sostanziale stabilità che ha riguardato le altre nazionalità europee). Su base annua la flessione dei flussi esteri dovrebbe aggrirarsi intorno al 7% mentre la clientela italiana non sembra aver concretizzato progressi significativi.

Anche il grado di utilizzo delle strutture alberghiere risulta in diminuzione (- 8% su base annua) con implicazioni negative di maggiore portata per le strutture di più elevato pregio. Inferiore alle attese anche il risultato conseguito dalle strutture agrituristiche provinciali.
Le uniche note realmente positive sono quelle che provengono dal mercato del lavoro per il quale viene rilevata, sulla scorta delle risultanze medie annue della indagine delle forze di lavoro, ancora una crescita non trascurabile della base occupazionale (+1,6% in complesso, + 0,8% a livello di occupati alle dipendenze) ma con un sempre maggiore ricorso alle procedure contrattuali in forma "atipica" e con indicazioni settoriali abbastanza diversificate (-3,3% nell'industria, +4,1% nelle attività dei servizi).
Ma anche i dati relativi alla dinamica delle imprese ed il relativo andamento della nati-mortalità, comunque, rilevano, nel complesso, una situazione di miglioramento rispetto al 2001.

La crescita delle strutture operative è stata, tuttavia, trainata prevalentemente dal settore dei servizi e, per le attività produttive, dallo sviluppo delle imprese del comparto edile. Le iscrizioni di nuove imprese e il conseguente saldo al netto delle cessazioni fanno del 2002 un anno ancora positivo, con risultati solo di poco inferiori ai valori registrati nel 2001. Con riferimento al complesso delle imprese (includendo, dunque, anche quelle agricole), si sono registrate 7.502 iscrizioni, a fronte di 6.232 cessazioni, dando luogo a un tasso di crescita dell’1,2% (che sale all' 1,5% al netto del settore agricolo).

A fine periodo risultavano registrate nell'anagrafe camerale poco meno di 105mila imprese di cui 87.806 dichiarate attive (l'83,7% del totale).
Il confronto dei dati con il 2001 evidenziano un incremento delle imprese attive pari all'1,2% ed un indice tendenziale di sviluppo dell'1,4%; valori più significativi (crescita dell'1,5% e indice tendenziale pari all'1,8%) vengono rilevati qualora si considerino le imprese attive appartenenti a soli rami extra-agricoli.
Ancora una crescita, quindi, nelle consistenze strutturali di impresa, ma una crescita che - se raffrontata a quella conseguita l'anno precedente - appare più contenuta risultando in parte condizionata dalla fase di rallentamento delle attività che ha investito gran parte dei comparti economici e produttivi (il saldo fra iscrizioni e cessazioni di impresa che durante l' anno precedente era stato positivo per 1.803 unità è sceso nel 2002 a 1.270 unità).

Il quadro previsionale 2003: si allungano i tempi della ripresa.
Il conflitto irakeno e l'effetto SARS hanno ulteriormente frenato la dinamica dei mercati internazionali.

Anche per l'economia fiorentina il panorama congiunturale che si sta profilando resta condizionato da elementi di incertezza circa il rilancio delle attività produttive legate alle esportazioni ed il recupero del turismo.
Il panorama congiunturale della provincia di Firenze, non dissimilmente da come si presentava a fine anno 2002, risulta ancora attualmente composito e variegato. Ed è proprio questa sua peculiarità, al di là di tutto, che sembra permettere di limitare o attenuare gli effetti di una situazione non certo favorevole specie se si considera che solo qualche mese fa provenivano dagli operatori aspettative che intravedevano spiragli di luce, oggi rientrate su una intonazione di maggiore cautela a seguito degli eventi che hanno influenzato l'economia mondiale con la guerra in Iraq e l'epidemia della polmonite atipica.

Risulta difficile, in pratica, prevedere una ripresa a breve termine.
Comunque, in una visuale di prospettiva più ampia, ad un 2002 sofferto per le nostre aziende, dovrebbe far seguito un periodo più favorevole caratterizzato da un lento ma graduale miglioramento delle attività a partire dagli ultimi mesi del 2003 per assumere, poi, i contorni di una vera e propria ripresa nel biennio successivo, sulla base della spinta propulsiva che dovrebbe derivare sul fronte dell'export provinciale.

Stando alle più recenti valutazioni espresse dal centro studi di Prometeia (riferite all'aprile 2003), infatti, se per il 2002 si è avuta una crescita di appena l'1,1%, nel corso dell'anno 2003 le attività provinciali non dovrebbero recuperare se non in misura modesta i livelli di operatività antecedenti al 2001 (la crescita attesa del prodotto interno lordo provinciale a fine anno 2003 è dell'1% contro l'1,1% a livello nazionale e lo 0,8% a livello regionale) salvo, poi attestarsi nel 2004 su valori intorno al 2-2,5%.

Tale risultato, peraltro, dovrebbe essere supportato da una domanda interna ancora poco dinamica, in specie nella componente dei consumi delle famiglie prevista in aumento intorno al 2%, mentre a livello di investimenti le analisi previsionali indicano incrementi nella misura del 2-2,5% nel 2003 e del 4-5% nel 2004. A livello di macrosettore la migliore performance dovrebbe essere registrata dal settore dei servizi (per il quale la crescita attesa in termini di valore aggiunto è comunque appena superiore all'1,5%) e del settore primario (+8,8%) mentre per le attività di produzione i progressi dovrebbero essere ben più limitati (+0,1%).
Gli operatori si attendono che ad alimentare la ripresa produttiva intervenga un miglioramento sostanziale nell'andamento del settore esportativo con una crescita attesa delle esportazioni provinciali, nella più favorevole delle ipotesi, in misura del 5,6% nel 2003 (contro un +2,9% a livello di Paese ed ad un +4,9% a livello regionale) , crescita che poi dovrebbe stabilizzarsi su valori di poco inferiori al 7-8% nel biennio successivo.
In particolare per il "sistema-moda", sulla base delle stime formulate circa l'andamento dei consumi del tessile-abbigliamento-calzature, le esportazioni dovrebbero riprendere a svilupparsi a partire dalla prossima stagione autunno-inverno.

E', altresì, attesa una ripresa degli scambi commerciali di prodotti meccanici e di apparecchiature meccaniche alimentata dalle richieste di Paesi di nuova industrializzazione.
Meno consistente dovrebbe risultare la crescita delle importazioni (con incrementi attesi pari al 3,3% per il 2003 ed intorno al 7% nel biennio successivo). In tale contesto di ancora limitata dinamica delle attività economiche dovrebbe, tuttavia, mantenersi una situazione di sostanziale stabilità dei livelli occupazionali per il 2003 (le proiezioni econometriche indicano per la provincia di Firenze un +0,6% contro un +0,9% a livello nazionale ed un +0,5% a livello toscano) con la componente industriale che rimarebbe ancora al palo nel 2003 (-0,2%) per poi sostanziare lievi miglioramenti (intorno allo 0,5% annuo) nel biennio successivo e con la componente dei servizi che, invece, dovrebbe sostenere più marcatamente l'occupazione (con tassi di crescita intorno all'1,1% nel 2003 ed intorno all'1,8% nel biennio successivo).
La possibilità di conseguire i risultati prefigurati nello scenario previsivo sopra riportato sembra peraltro strettamente legata anche alla risoluzione di alcuni interrogativi indipendenti dal nostro contesto territoriale e che rendono, come già detto, abbastanza incerto il quadro previsionale a breve termine.

Molto dipenderà dalla capacità dell'economia mondiale, ed in specie di quella americana, di riavviare e sostenere il circuito economico dei mercati, dall'andamento delle Borse e dei rapporti di cambio delle valute, dalla stabilizzazione del quadro geo-politico internazionale.
Solo così il clima di diffuso pessimismo, ancora presente in molti dei nostri operatori, potrà lasciare spazio a prospettive più rosee. Comunque le prospettive per il breve periodo - come stanno ad indicare i recenti sondaggi effettuati da centri di studio e da organismi categoriali - indicano come, nei settori dell'industria manifatturiera e dell'artigianato di produzione, i livelli della attività produttiva, del fatturato e degli ordinativi nel corso dei primi mesi dell'anno non dovrebbero significativamente mostrare variazioni significative rispetto al quarto trimestre 2002.

Per l'artigianato dei servizi viene prefiguarata una situazione di sostanziale stazionarietà. Migliori, invece, le prospettive per l'edilizia con una attività ancora in lieve crescita.
Per il turismo provinciale la fase di criticità non sembra ancora conclusa: le difficoltà si sono, anzi, acuite risentendo gli effetti di un quadro internazionale reso ancora più precario in questi primi mesi del 2003 a causa dell'evento bellico in Iraq, dal generale stato d'allerta per il terrorismo internazionale e dagli ancora non valutabili danni prodotti dall'epidemia SARS.

Molta preoccupazione viene manifestata dagli operatori settoriali che, anche sulla base di un andamento delle prenotazioni molto fiacco, non vendono all'orizzonte elementi che facciano ipotizzare una inversione di tendenza almeno nell'arco del primo semestre 2003.

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