Formazione professionale e knowledge society

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
25 marzo 2003 07:07
Formazione professionale e knowledge society

Si è tenuto il 20 c.m., al Museo Piaggio di Pontedera, l’incontro "Training Day – Formazione professionale e sviluppo locale". L’evento, organizzato dall’agenzia di formazione Urban Valdera, si colloca nell’ambito di un più vasto progetto, denominato "Integrato – Progettazione Multimediale dello sviluppo locale", gestito dall’agenzia stessa e sostenuto dalla Regione Toscana nel Programma Operativo Regionale del FSE 2000/2006.
Obiettivo del progetto era creare le condizioni territoriali per lo sviluppo di un linguaggio progettuale condiviso, grazie al coinvolgimento di tutti gli attori locali impegnati per la crescita del territorio: cittadini, imprese, istituzioni pubbliche, scolastiche e università.
Illuminante in tal senso è stato l’intervento del Prof.

Taliani, docente presso l’Università di Pisa, nello specificare quali devono essere i nuovi strumenti di intervento per coordinare l’economia con le esigenze della popolazione inserite in un discorso di salvaguardia dell’ambiente.
L’avvento delle nuove tecnologie pone insieme una sfida e un’opportunità grandiose.
Dopo il fallimento dell’idea tradizionale di sviluppo, che collocava in rapporto direttamente proporzionale e di causalità la crescita economica e lo sviluppo locale, la nuova risorsa su cui puntare è l’informazione.

La ricchezza è infatti oggi basata non più sul possesso di beni materiali, bensì sulla disposizione di beni immateriali quali la conoscenza. Per questo bisogna insistere sulla formazione, così da renderla accessibile a tutti.
La cultura è il modo di arrivare ad una vera e propria Knowledge society, che favorisca lo sviluppo di aree fino ad oggi rimaste "periferia della periferia", isolate, staccate dal mondo. E per creare una nuova figura di occupato, con tutta una serie di competenze variegate che gli permettano di giostrarsi più o meno facilmente tra diverse figure professionali, a seconda di ciò che di volta in volta gli verrà richiesto dal mercato.
Perché la nuova società, quella che sta sorgendo, è una società in movimento, ha come attributi fondamentali la velocità, la variabilità e l’accelerazione; porta flessibilità di impiego, e richiede un’alta adattabilità mentale.

Bisogna essere imprenditori di se stessi, attivare processi creativi. Serve mediazione e creatività.
Molto può essere fatto, in questa direzione, dagli enti locali.
La CE sostiene ormai da tempo –nei fatti, con la legislazione economico-sociale- l’idea di una gestione del territorio bottom-up: lo sviluppo di esso dev’essere compiuto, fondamentalmente, dai vari enti locali che, a loro volta, hanno come referente primario non l’elettore ma il cittadino attivo. Parlare di sviluppo sociale, infatti, ha senso solo se si lega al potere dei cittadini di modellare e gestire i processi dall’interno verso l’esterno del territorio.

Quest’ultimo si pone come punto di riferimento per definire le strategie; ma esse devono andare anche oltre il territorio.
Eliminare la periferia, le zone morte, sarà facile con la collaborazione tra i vari comuni, responsabilizzati per gestire le informazioni di cui potrà disporre liberamente chiunque, in un rapporto dialettico tra ente pubblico ed impresa privata.
Occorre che l’ente pubblico sappia gestire in modo sinergico i vari processi, capendo l’importanza dell’innovazione e della tempestività dell’azione, offrendo al cittadino dei servizi di qualità, efficaci, che si pongano come risposta e soluzione a specifiche sue esigenze.

A sua volta, anche l’impresa dev’essere messa in grado di mediare tra il mercato e le aspettative della popolazione.
Nel corso della giornata sono stati presentati i risultati del cosiddetto "Progetto Bettini", ricerca portata avanti dal Dipartimento di Scienze Sociali dell’Università di Pisa e che, come ha sottolineato la Dott.ssa Navarra, è nata per verificare lo stato dell’attuazione delle leggi Bassanini sulla semplificazione e trasparenza amministrativa nei vari comuni del Pisano (a cui era stato inviato un questionario appositamente predisposto).

Punto di riferimento dell’analisi è stato il territorio come culla delle attività sociali ed economiche.
Sono state riscontrate due filosofie di intervento: mentre alcuni enti sono stati subito pronti al cambiamento, e si sono attivati con entusiasmo per dare attuazione alla normativa, altri hanno vissuto la cosa come una forzatura, un obbligo imposto dall’alto, senza motivazioni valide.
Riguardo l’attivazione di uno Sportello Unico per le Attività Produttive, sono emerse tre tipologie della struttura amministrativa: alcuni comuni hanno infatti proceduto ad una gestione singola dell’interfaccia con le imprese; altri, di piccole dimensioni, hanno attivato una gestione associata di essa, laddove le varie pratiche vengono gestite localmente; ed infine i comuni più grandi, come quello di Pontedera, hanno aperto uno sportello integrato, che lavora in rete con quello degli altri.
Per quanto riguarda, infine, l’impatto delle tecnologie informatiche all’interno dello sportello pubblico, i portali più interessanti si sono rivelati quello del Comune di Pisa e quello del Comprensorio del Cuoio.

Tramite essi si è stabilito infatti un dialogo continuo tra imprenditore ed amministrazione pubblica, grazie ad esempio alla previsione di moduli online (anche per l’apertura di pratiche per le aziende) e servizi vari di consulenza. La cosa ha avuto molto successo; ma non bisogna dimenticare il punto fondamentale: la necessità della preparazione dell’utente all’utilizzo di queste tipologie di strumenti. Altrimenti, si paventa il rischio di lasciare fuori da questo sviluppo quella parte della popolazione che non riesce a interagire nel sistema.

Ecco allora, di nuovo, l’importanza della formazione.
[A. V.]

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