43° Festival dei Popoli: Ciak sulle Case del Popolo toscane con Carlo Monni
Ieri “Parliamo tanto di me “ (Italia 1968)

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
19 novembre 2002 17:13
43° Festival dei Popoli: Ciak sulle Case del Popolo toscane con Carlo Monni<BR>Ieri “Parliamo tanto di me “ (Italia 1968)

Quindici giovani registi italiani, francesi e inglesi al lavoro da oggi al Festival dei Popoli per un seminario voluto dalla Commissione Europea. Tre sono fiorentini.
C’è anche un documentario sulle case del popolo toscane, con Carlo Monni come protagonista, tra i cinque progetti italiani ammessi al seminario della Commissione Europea Il Reale in Cantiere in programma da ieri a sabato nella sede del Festival dei Popoli. L’idea è di Cosimo Calamini, aspirante regista fiorentino, 28 anni, già autore di vari documentari, uno dei quali sull’architetto Santiago Calatrava e uno sulla Torre di Pisa.


L’idea di Calamini è di documentare l’evoluzione delle case del popolo toscane ripercorrendo, insieme a Monni, i luoghi del film di Bertolucci (e di Roberto Benigni) Berlinguer ti voglio bene. La sceneggiatura prevede inoltre varie interviste a frequentatori di 3 o 4 case del popolo in province diverse della Toscana.
Il seminario è riservato a 5 giovani aspiranti registi italiani, 5 inglesi e alternati francesi. Tra gli italiani, oltre a Calamini, altri due fiorentini: Clemente Bicocchi e Federico Bondi.

Veneziano, invece, Andrea Segre, e torinese Paolo Campana.
Il reale in cantiere è finanziato dalla Commissione Europea dell’ambito del programma Cultura 2000. Si tratta di un progetto promosso da Cinéma en Lumière, di Marsiglia, dall’Université de Provence (Aix-en-Provence), dal Festival dei Popoli e College of Arts dell’Università di Edimburgo. L’obiettivo è di guidare e assistere giovani autori europei nella realizzazione di progetti narrativi documentari diretti alla diffusione di nuovi linguaggi cinematografici.
“Il reale in cantiere”, commenta Mario Simondi, il direttore del Festival dei Popoli, “offre a Firenze una possibilità in passato solamente sfiorata: quella di formare giovani autori interessati al documentario, un cinema che, in questo momento, sta conoscendo un periodo particolarmente felice, sia dal punto di vista produttivo, sia per quanto riguarda il pubblico, soprattutto quello dei giovanissimi.

Non vi è dubbio che la formazione di nuovi proseliti debba costituire uno dei nostri primari obiettivi. Così come non vi è dubbio che questo progetto non rimarrà un episodio isolato nel futuro del Festival fiorentino: la vastità e l’importanza del nostro archivio e della nostra storia garantiscono infatti un nucleo fondamentale attorno al quale vorremmo veder gravitare nuovi talenti”.

“ Parliamo tanto di me “ il film di FABIO COPRI, realizzato per la televisione nel 1968 è una lunga intervistz a Zavattini, nella quale lo sceneggatore parla della sua attività di scrittore, umorista, e pittore.

Nei suoi racconti svela la sua personalità contraddittoria, divisa tra il desiderio di scrivere è quello di vivere. Il nodo centrale del racconto si svolge intorno alla domanda. “Lei si definisce un pigro, pur svolgendo moltiplici attività. Perché?”
Il documentario percorre un’intera giornata di Zavattini, durante le quale i momenti di paura sono quasi essenti. Lo scrittore afferma “le mie frenesie lavoratrive mascherano una cosa che interiormente sento, ma che temo di realizzare”.

La scena finale del film, ambientata nel cimitero di Luzzara, (sue città natale) svela l’enigma .Vediamo lo sceneggiatore dietro la macchina da presa dichiarare “Lo scrivere è un ombra rispetto a quello che si vede attraverso l’obbiettivo delle macchina da presa. Il mio sogno mai realizzato è fare il regista.Una speranza che mi accompagnerà fino… avete capito”.
Questo racconta il bel documentario di F. COPRI. La storia di un uomo che eccelleva in molte arti, ma che ha avuto paura di affrontare quella che, durante la sua carriera, si accorse di amare di più, la regia.

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