Sgherri (Rifondazione): L'acqua e' un bene comune e non puo' essere la merce di una societa' per azioni

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
14 ottobre 2002 17:39
Sgherri (Rifondazione): L'acqua e' un bene comune e non puo' essere la merce di una societa' per azioni

Oggi in Italia degli 89 ATO previsti dalla legge Galli (L.36/94) solo 48 sono quelli insediati e di questi solo 9 hanno deliberato la concessione del servizio idrico integrato ad un gestore esterno e di questi 9 ATO ben 5 sono in Toscana.
La scelta che si è realizzata in Toscana, quella delle società per azioni, è una scelta anticipatrice dell'art. 35 della finanziaria 2002 (articolo impugnato di fronte alla Corte Costituzionali da 5 regioni tra cui la Toscana) che impone la privatizzazione, ossia la trasformazione entro il 2002 delle aziende dei servizi pubblici in Spa a prevalente capitale pubblico, e la liberalizzazione (obbligo della gara per l'affidamento del servizio idrico al gestore) della generalità dei servizi pubblici locali.
Il terreno di scontro apertosi, in Toscana, con il Ministro Matteoli non riguarda la natura privatista del soggetto gestore, perché sempre di una Società per azioni pubblico-privata si tratta, bensì, se la gara internazionale per la scelta del partner privato che dovrà gestire per circa 20 anni il servizio deve avvenire prima (come nel caso di Publiacqua) o dopo un'assegnazione a carattere diretto.
Il risultato è sempre quello di sostituire monopoli pubblici a monopoli privati.

Intanto si annuncia già deficit d'esercizio nell'ATO 4, ad Arezzo, che nel dicembre 1998, aveva bandito un'asta pubblica per la scelta del socio privato di Nuove Acque Spa, vinto dalla multinazionale francese Suez Lyonnaise des Eaux che, entrando con il 46% del capitale sociale, si è aggiudicata il servizio per ben 25 anni. Ora si registra il tentativo di rinegoziazione finanziaria da parte del gestore e grande protesta popolare per il piano tariffario.
Anche l'ATO 3 con Publiacqua annuncia aumenti tariffari a Firenze di circa il 14% in bolletta.

Dal Piano d'Impresa che Publiacqua ha commissionato alla Fidi Toscana emerge che in 20 anni è previsto il raddoppio degli introiti mentre il costo del personale resta invariato. Se ne deduce che i costi delle bollette per i cittadini raddoppieranno. Nel Piano non si prevede, ancora un altro esempio, la riduzione del consumo d'acqua (fosse solo degli sprechi) e d'altronde se ciò accadesse significherebbe aumentare le tariffe, visto che con l'incasso di queste si deve coprire tutte le spese di gestione, di investimenti e di remunerazione dei capitali investiti.

Publiacqua sta procedendo nella preparazione del bando per la privatizzazione del 40% dell'azienda.
Le perplessità avanzate in questi giorni da una decina di sindaci dell'ATO 3, che hanno costretto a rinviare l'approvazione degli indirizzi strategici allegati al bando di privatizzazione sono forse l'espressione di un profondo malessere e di un ripensamento sull'effettiva possibilità di controllare un unico socio privato al 40%, tanto più se è una multinazionale che agirà in regime di monopolio.
«L'acqua e la gestione integrata del suo ciclo meritano un'attenzione ben diversa da quella che ci propone il Presidente di Publiacqua Spa -afferma Monica Sgherri, capogruppo di Rifondazione Comunista al comune di Firenze- La dice lunga, ed è una novità un po' sconcertante, che ha sostenere che l'acqua è un bene fondamentale primario sia un presidente di una società per azioni il quale dichiara anche che l'uso e la gestione della risorsa idrica necessitano di una strategia basata sulla sostenibilità ambientale, la solidarietà e l'interesse generale.

Affermazioni condivisibili peccato che non ci spieghi concretamente dove questa impostazione si fermi rispetto all'interesse primario della società per azioni che è quella di fare utili, e ad esempio, perché nonostante che affermi che l'acqua è un bisogno primario fondamentale anche la quantità vitale di consumo giornaliero è a pagamento.
Noi pensiamo invece che sia necessario un ripensamento a queste politiche privatizzatici a partire, anche dall'adesione alla Carta dell'acqua degli enti locali e dei cittadini dove gli amministratori si impegnano a mantenere nella sfera pubblica la proprietà e la gestione dell'acqua ovvero il capitale ed i servizi ad essa collegati.

E d'altronde le perplessità avanzate in questi giorni da una decina di sindaci dell'ATO 3, non sono forse l'espressione di un ripensamento sull'effettiva possibilità di controllare un unico socio privato al 40%, tanto più se sarà una multinazionale che agirà in regime di monopolio per venti anni. Si può accettare di correre il rischio di ridurre a pura merce l'acqua se la riconosciamo come bene fondamentale primario?»

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