Aritmie cardiache: 2.500 atleti a rischio di morte improvvisa

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
17 settembre 2002 17:01
Aritmie cardiache: 2.500 atleti a rischio di morte improvvisa

Non si diventa campioni olimpici in un giorno, ne’ si può vincere il Giro d’Italia a 50 anni. In altre parole, inutile rischiare: mai fare sport impegnato senza preparazione specifica e, soprattutto, mai sforzi bruschi e aggressivi, specie se non si è più giovanissimi. La morte cardiaca improvvisa è sempre in agguato nella popolazione generale (in Italia l’11% dei casi è dovuto proprio a situazioni fisico-motorie eccessive) e può colpire indifferentemente anche sui campi di calcio di periferia, nelle partitelle di tennis tra amici, così come nelle grandi manifestazioni internazionali.
E’ dedicata ai professionisti dello sport, ma anche alla crescente legione italiana dei dilettanti e degli amatori, la ricerca sulle aritmie cardiache negli atleti che uno dei massimi specialisti mondiali in materia, il professor Francesco Furlanello, consulente dell’Istituto Policlinico S.

Donato di Milano, ha presentato ieri, nel Parco Termale di Uliveto Terme (Pisa), al congresso Problemi medici nell’attività sportiva organizzato dai professori Gian Gastone Neri Serneri e Giorgio Galanti dell’Università di Firenze con la preziosa collaborazione della Società Acqua e Terme di Uliveto.
E’ un’indagine lunga un quarto di secolo (1974 - 2002) condotta su 2.363 atleti non solo italiani (2024 maschi, 339 femmine, età media 21,5 anni), tutti con aritmie tali da metterne a rischio la carriera.

La casistica comprende peraltro ben 53 casi di arresto cardiaco verificatisi in allenamento e in competizione: 21 (0,8%) i decessi (morte improvvisa), 32 (1.4%) i resuscitati.
La ricerca, tuttora in progress, ha coinvolto il Centro Aritmologico dell’O. C. S. Chiara di Trento (fino al 1995), il Reparto di Aritmologia dell’HSR di Milano (fino al 1999), la Clinica Villa Bianca di Trento (dal 1985) e il Centro di Aritmologia Clinica ed Elettrofisiologia dell’Istituto Policlinico San Donato di Milano (dal 2000).


Tra i soggetti studiati anche 207 atleti di élite (172 maschi, 35 femmine, età media 24,2 anni), protagonisti a livello nazionale, europeo, olimpico e mondiale in 32 diverse discipline. L’aspetto singolare è che 85 di questi atleti presentavano un’anomalia cardiaca importante e ben 94 (45,4%) sono stati per questo dichiarati non idonei all’attività sportiva agonistica.
Impressionante rilevare che in questo gruppo di atleti top si sono verificati 11 casi (5,3%) di arresto cardiaco: 5 le morti improvvise (2.4%), 6 i resuscitati (2,9%).

Furlanello non ha voluto citare nessuno degli atleti in cura, ma ha ricordato alcuni dei decessi più clamorosi: il calciatore Curi del Perugia, i cestisti americani Hank Gathers e Reggie Lewis, il campione di hockey Dal Lago. Leonello Manfredonia fu vittima di un arresto cardiaco improvviso nel corso di una partita a Bologna quando giocava con la Roma. Si salvò, ma dovette smettere di giocare. L’ultimo episodio, la morte di un giovane triatleta in allenamento nella pineta di Viareggio, risale appena ad agosto.

A parità di età, peraltro, le morti per aritmia tra gli atleti sono il triplo di quelle tra la normale popolazione.
“Occorre prudenza e attenzione quando si fa sport”, ha insistito Furlanello, “A tutti i livelli. Anche atleti giovani e di élite possono presentare aritmie cardiache. Nessun problema se sono benigne. Con quelle patologiche, invece, si rischia la vita, perché sono spesso incompatibili con le pratiche sportive, in quanto accelerano in modo incontrollabile processi morbosi sottostanti e silenti.

Occorre ricorrere alle cure di centri specializzati prima di poter tornare a un’eventuale attività”.
“Se questo è vero per gli atleti professionisti”, ha aggiunto il professore, “lo è tanto di più per chi fa sport per diletto o per tenersi in forma. In particolare quando non si hanno più vent’anni, si è approdati magari all’età della pensione. Occhio dunque al cuore, fare controlli regolari e attenzione a dosare lo sforzo. Soprattutto imparare a riconoscere i sintomi di eventuali aritmie spontanee (perdita di conoscenza, cardiopalmo prolungato, dolori toracici, mancanza di fiato), specie se correlate con l’attività sportiva”.

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