Sabato 23 marzo 2002 (ore 21) al Teatro dei Ricomposti di Anghiari Woyzeck nella traduzione di Claudio Magris

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
19 marzo 2002 06:45
Sabato 23 marzo 2002 (ore 21) al Teatro dei Ricomposti di Anghiari Woyzeck nella traduzione di Claudio Magris

Debutta sabato 23 marzo 2002 Woyzeck della Compagnia Teatro Popolare d'Arte, lo spettacolo basato sulla traduzione di Claudio Magris, è la messa in scena all'esterno dello spettacolo Woyzeck nato all'interno dell'esperienza teatrale nel carcere di Arezzo e realizzato con una Compagnia mista di attori professionisti del Teatro Popolare d'Arte e attori non professionisti, attori detenuti ed ex-detenuti legati all'esperienza della Compagnia Il Gabbiano, nata all'interno della Casa Circondariale di Arezzo, al cui interno ormai da dieci anni il Teatro Popolare d'Arte svolge attività teatrale.
Woyzeck è un soldato/barbiere tedesco del primo Ottocento, protagonista di una vicenda di particolare significato: è il primo personaggio sottoproletario che assurge a livelli di tragicità universale.

Espressione e grido delle condizioni umane arretrate e infami della società europea, Woyzeck è contemporaneamente vittima e carnefice. Egli è vittima della società che lo circonda piena di soprusi, moralismi, falsità, doppiezze ed è carnefice del suo unico bene prezioso, la giovane e bella Maria. In un raptus di folle gelosia - tragico Otello popolare - Woyzeck la uccide. Il testo del giovane autore tedesco Georg Büchner si ispira a eventi reali supportati da fonti storiche dell'epoca, e si eleva, con unanime riconoscimento della critica, a caposaldo della letteratura, teatrale e non, mondiale.

Woyzeck è, dunque, un uomo realmente esistito che commette un omicidio e ne paga le conseguenze. La sua diviene una pena di morte di grande interesse per l'opinione pubblica e per il mondo scientifico e intellettuale dell'epoca che versano sul caso fiumi d'inchiostro, gli stessi arrivati agli occhi del giovane autore tedesco.
La vicenda drammatica ci fa riflettere sull'origine sociale del crimine, sulle condizioni soggettive e oggettive nelle quali ogni essere umano è costretto a vivere. Lo sguardo di Büchner ed il nostro non giudicano, ma raccontano, espongono teatralmente questa vicenda accentuandone il senso apocalittico, catastrofico della persona senza mai rinunciare ad una dimensione antica di pietas e ad una volontà moderna di comprensione critica.

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