Il nuovo regolamento sull’ordinamento degli uffici provinciali

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
18 ottobre 2001 16:53
Il nuovo regolamento sull’ordinamento degli uffici provinciali

18 ottobre 2001 – Il Presidente della Provincia di Firenze Michele Gesualdi e l’assessore al Personale Massimo Masi hanno presentato stamani in Palazzo Medici Riccardi il nuovo regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi dell’ente, il primo in Italia che prevede la possibilità anche per gli extracomunitari di essere assunti dall’Ente mediante concorso e che ha recepito la normativa relativa a uffici stampa e pubbliche relazioni così come definita dalla legge 150/2000. “La pubblica amministrazione – spiega Gesualdi – deve diventare una risorsa per la società, in un contesto europeo”.

La Provincia, con il decentramento delle funzioni da parte dello Stato, è stata investita di competenze consistenti che la rendono titolare di servizi diretti alla collettività in temi come lavoro, trasporti, ambiente, protezione civile, assetto del territorio (“si deve riuscire a trasformare l’Arno in risorsa culturale, turisticia, ambientale e paesaggistica”). “Sono tutti aspetti che definiscono i compiti della Provincia che ha la responsabilità di promuovere lo sviluppo – sottolineano Gesualdi e Masi – Ci siamo organizzati per dare risposte a questa nuova situazione e il Regolamento che abbiamo approvato va proprio in questa direzione”.

La macchina provinciale è stata completamente informatizzata e sono state eliminate complicate procedure burocratiche in modo da evitare a un cittadino che chiede un’autorizzazione di muoversi per più uffici, ma anche per lo svolgimento dei concorsi pubblici: dal bando all’assunzione l’obiettivo è quello di compiere tutti i passaggi in non più di tre mesi.
La Provincia di Firenze applica in modo verticale il decentramento affidando deleghe a strutture territoriali, in particolare alle Comunità montane, in materia di agricoltura, fauna, caccia e valorizzazione del territorio di loro pertinenza.
Accanto a questi aspetti “abbiamo puntato – dice Gesualdi – a fare della pubblica amministrazione non un vagone che arriva in ritardo sui processi di globalizzazione e civiltà, ma un ente che riesce ad anticipare i cambiamenti, nel quadro di un mondo che non ha più frontiere.

La Provincia di Firenze, prima in Italia, ha previsto per tutti coloro che sono in regola con le leggi di partecipare ai concorsi: la selezione sarà fatta sulla base della preparazione e non del luogo di nascita e del colore della pelle”.
Allegato. La normativa che consente assunzioni mediante concorso di cittadini extracomunitari.
Questa novità prevista dal Regolamento degli uffici e dei servizi della Provincia ha suscitato reazioni di diverso tenore. “Vorrei precisare alcune cose – dice il Presidente della Provincia - Per giungere all’attuale testo del Regolamento ci siamo spesi su due versanti: da una parte abbiamo puntato a trasformare la pubblica amministrazione in risorsa per la società, con nuove procedure d’accesso per il cittadino-utente che garantiranno risposte rapide e con l’informatizzazione dell’Ente”.

“D’altra parte – osserva Gesualdi - abbiamo tenuto presente un’immagine di Firenze come città fiorita nel solco di una tradizione europea che guarda e sa abbracciare i problemi del mondo. Il suo territorio deve non solo ricevere ma anche dare al mondo”. In questo contesto il Regolamento prevede che tutti i cittadini in regola con i titoli e i diritti civili possano concorrere ai concorsi per l’assunzione in Provincia, senza discriminazione di pelle e luogo di nascita, dagli statunitensi agli africani agli asiatici, purchè in regola con le leggi italiane.

“Purtroppo – continua Gesualdi - ho dovuto registrare prese di posizione di persone che vorrebbero far fare un balzo indietro a Firenze rispetto alla sua cultura e civiltà, con ragionamenti che sottintendono una logica assurda (ci sono uomini che devono servire ed altri che devono essere serviti), per cui l’extracomunitario che viene dall’Africa e della Cina va bene solo se va a svolgere mansioni che noi italiani non facciamo più, negandogli così la possibilità – pur se preparato, colto, professionalizzato e in regola – di avere pari dignità con gli altri cittadini.

Contro questo concetto il mondo che ha a cuore il bene e non il male deve reagire perché l’uomo è titolare di diritti univrersali: sono concetti così elementari che trovo anche banale esprimerli. Mi auguro piuttosto una risposta da quel mondo vastissimo che lavora su queste frontiere con passione e gratuità”. Secondo Gesualdi la valorizzazione delle persone di qualunque pelle e provenienza ha già trovato casa nelle Università, nelle aziende private, negli Usa che sono la più grande nazione del mondo.

“Non ci siamo ispirati alla poesia – aggiunge il Presidente - La previsione contenuta nel regolamento della Provincia di Firenze risulta essere del tutto coerente con le normative di livello comunitario, costituzionale e interno primario attualmente vigenti, anche in attuazione di convenzioni e trattati internazionali”. Proviamo a ripercorrere questo itinerario. In primo luogo è importante riportare il testo dell’articolo 23 del regolamento, relativo ai requisiti generali per la costituzione dei rapporti di lavoro:
“Per la costituzione di rapporti individuali di lavoro sono richiesti i requisiti generali: essere cittadini italiani, cittadini di uno degli Stati membri della Unione Europea, cittadini di Stati non appartenenti agli Stati europei regolarmente soggiornanti sul territorio nazionale ai sensi del del D.

Lgs 286/1998, fatte salve le eccezioni di cui al Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 7 febbraio 1994. Gli stranieri devono, inoltre, godere dei diritti civili e politici negli Stati di appartenenza o provenienza e avere adeguata conoscenza della lingua italiana. Ai sensi dell’art. 38 del D. Lgs. 165/2001 gli stranieri non possono accedere alle procedure selettive relative ai profili del Corpo di Polizia Provinciale, in quanto profili comportanti esercizio diretto di pubblici poteri”.
Come si evince dalla lettura, circa il principio generale di equiparazione dei cittadini stranieri rispetto agli italiani vi sono espressamente indicate due eccezioni: la prima è relativa all’esclusione dell’accesso rispetto ai posti di livello dirigenziale e rispetto ai posti con funzioni di vertice amministrativo della Provincia; tale esclusione costituisce applicazione dell’art.

1 del D.P.C.M. 7/2/1994; la seconda è relativa all’esclusione dell’accesso rispetto al personale della Polizia Provinciale in quanto trattasi di attività comportanti esercizio diretto di pubblici poteri; tale esclusione costituisce applicazione del principio di cui all’art. 38 del T.U. N. 165/2001.
La previsione contenuta nel regolamento della Provincia di Firenze risulta quindi essere del tutto coerente con le normative di livello comunitario, costituzionale e interno primario attualmente vigenti, anche in attuazione di convenzioni e trattati internazionali.

L’art. 10 della Convenzione OIL n. 143 del 24 giugno 1975, resa esecutiva in Italia con la legge n. 158 del 1981 (trattasi di fonte legislativa con rango costituzionale ai sensi dell’art. 10, primo e secondo comma, della Costituzione) assicura parità di opportunità e di trattamento in materia di occupazione. Nel contesto di tale previsione si sono inserite le previsioni legislative in materia di collocamento e trattamento dei lavoratori extracomunitari immigrati succedutesi negli anni fino all’elaborazione del T.U.

n. 286/98, attualmente vigente.
In tale panorama normativo, se è stata rispettata la procedura per l’ingresso (e quindi trattasi di soggetto regolarmente soggiornante), il lavoratore straniero è titolare degli stessi diritti e doveri del lavoratore italiano; la possibilità di escludere l’esercizio di un diritto attribuito ad un lavoratore italiano da parte di un lavoratore extracomunitario deve essere legata ad “una norma che, esplicitamente o implicitamente, neghi ai lavoratori extracomunitari, in deroga alla piena uguaglianza” l’esercizio del diritto di volta in volta in questione.

A questa conclusione è giunta anche la Corte Costituzionale con la sentenza n. 458 del 16/30 dicembre 1998 in una questione relativa al diritto dei lavoratori extracomunitari ad essere iscritti nel collocamento per le assunzioni obbligatorie nelle pubbliche amministrazioni e le aziende private. Tale pronuncia ha, in concreto, ritenuto possibile la costituzione di rapporti di lavoro alle dipendenze della P.A. attraverso la “via” degli elenchi del collocamento obbligatorio all’interno del principio di cui all’art.

2, comma 3, del citato T.U. n. 286/98 secondo cui “lo straniero regolarmente soggiornante nel territorio dello Stato gode dei diritti in materia civile attribuiti al cittadino italiano”.
I principi contenuti nella citata sentenza della Corte Costituzionale hanno, inoltre, comportato per gli stranieri, anche extracomunitari la possibilità di iscrizione nelle ordinarie liste di collocamento e mobilità di cui all’art. 16 della legge 56/87, come tutti gli altri lavoratori e, pertanto, anche gli stranieri devono essere (e ormai da tempo sono) ricompresi nell’avviamento a selezione presso le pubbliche amministrazioni.

La sentenza ha espressamente valutato che “una volta che i lavoratori extracomunitari siano autorizzati al lavoro subordinato stabile in Italia, godendo di un permesso di soggiorno rilasciato a tale scopo o ad altro titolo che consenta di accedere al lavoro subordinato nel nostro paese e siano posti in condizioni di parità con i cittadini italiani, e così siano iscritti o possano iscriversi nelle ordinarie liste di collocamento, essi godono di tutti i diritti riconosciuti ai lavoratori italiani”.
La possibilità di iscrizione nelle liste di cui all’art.

16 della legge 56/87, e quindi di costituzione di rapporti di lavoro con la P.A., con cittadini stranieri era stata implicitamente riconosciuta dall’art. 1 D.P.C.M. 5/10/1994 n. 623.
Una volta riconosciuta la possibilità e quindi la legittimità di costituzione di un rapporto di lavoro con uno straniero regolarmente soggiornante per i profili sino alla categoria B (quelli per i quali non è richiesta procedura concorsuale, bensì mera verifica di idoneità) è evidente che agli stessi stranieri si applicano le norme contrattuali vigenti che prevedono e consentono lo sviluppo professionale con lo strumento delle progressioni verticali.


In tale contesto normativo è evidente che risulta essere perfettamente in linea con il quadro normativo vigente una previsione regolamentare che consenta la partecipazione anche alle procedure concorsuali bandite nel rispetto dei principi di trasparenza e pubblicità di cui all’art. 35 del T.U. n. 165/2001. A questa conclusione è giunto anche il T.A.R. Liguria con la sentenza n. 399 del 22/3/2001 (dep. il 13/4/2001) che ha accolto il ricorso di cittadino extracomunitario che era stato escluso da una procedura selettiva pubblica volta all’assunzione di un infermiere professionale.
Nelle motivazioni della citata sentenza si legge che “il cittadino extracomunitario può essere iscritto (….) nelle liste di collocamento e, conseguentemente, può essere assunto presso pubbliche amministrazioni che quelle liste utilizzano per la copertura di posti vacanti”.
Inoltre, rischiando l’art.

2, commi 2 e 3 del D. Lgs. N. 286/98, ha ribadito che la finalità del legislatore è quella di assicurare ai lavoratori stranieri regolarmente soggiornanti sul territori nazionale lo stesso trattamento riservato ai lavoratori italiani, non solo allorché il rapporto di lavoro si sia instaurato ma “anche per quanto concerne l’astratta possibilità di instaurarlo”.
Qualsiasi preclusione conclude il T.A.R. “risulta essere ancora più ingiustificata con riferimento all’attuale fase normativa in cui si assiste ad un’estesa privatizzazione del rapporto di lavoro”.
Nel caso di specie nessun pregio giuridico risulta avere il richiamo all’art.

51 della Costituzione in quanto, da un lato lo stesso ha un’interpretazione storico- letterale di diversa natura, dall’altro non dice assolutamente che ai pubblici uffici accedono solo i cittadini italiani. La norma costituzionale, infatti, prevede che tutti i cittadini possano accedere ai pubblici uffici, con ciò eliminando qualsivoglia differenza tra cittadini, per ceto sociale o per sesso, come disponeva la legislazione precedente che limitava solo ad alcuni soggetti la possibilità di accesso ai pubblici uffici e alle cariche elettive; tale ricostruzione trova ulteriore conferma nella collocazione all’interno dei diritti politici dei cittadini e non all’interno delle norme costituzionali sulla pubblica amministrazione che richiamano esclusivamente la necessità dell’accesso per concorso al fine di garantire i principi di imparzialità e buon andamento.

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