L'assessore regionale Rossi a Roma per il patto di stabilità sanitario

Redazione Nove da Firenze
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08 agosto 2001 19:02
L'assessore regionale Rossi a Roma per il patto di stabilità sanitario

FIRENZE- Nessun taglio alla spesa sanitaria e, soprattutto, nessuna riduzione dei servizi erogati dal sistema sanitario regionale ai cittadini toscani e riconoscimento della validità del modello toscano di gestione della spesa farmaceutica. Questo il risultato dell’accordo raggiunto oggi a Roma al termine di un lungo braccio di ferro fra Regioni e governo sul patto di stabilità nella sanità. “Se il governo rispetterà il patto – commenta l’assessore regionale alla sanità Enrico Rossi – possiamo dirci soddisfatti”.

L’assessore Rossi ha seguito passo passo la trattativa fino all’ultimo appuntamento, oggi pomeriggio, in sede di Conferenza Stato-Regioni. Il primo risultato che Rossi saluta positivamente è quello dell’accordo finanziario con il Tesoro. “E’ stato deciso - spiega - di allineare la spesa sanitaria del nostro paese a quella degli altri paesi europei, con un’obiettivo del 6 per cento rispetto al Pil, che sarà raggiunto gradualmente entro il 2005. Da ora al 2004 il tetto sarà del 5,8 del Pil”.

Le Regioni saranno inoltre più responsabilizzate sul fronte della spesa. Quelle che sfonderanno i tetti fissati dovranno ripianare con nuove tasse e ci costringe ad essere rigorosi nella batt contro sprechi e efficienza egionali. Ma l’accordo è importante anche sul piano politico, perché è stato vanificato il tentativo di spazzare via, a colpi di decreti, la riforma della sanità attuata dal ministro Rosy Bindi. Particolarmente significativo il ritiro, da parte del governo, della proposta di eliminare il rapporto di esclusività per i medici che lavorano nel servizio pubblico.

“Se vi sarà una ripartizione corretta dei fondi - conclude Rossi - che tenga conto anche della quota di popolazione anziana residente in ciascuna regione, la Toscana potrà mantenere gli attuali standard senza ricorrere a nuove tasse e potrà pensare, se sarà capace di attuare provvedimenti in grado di aumentare l’efficienza del sistema, di incrementare gli investimenti in salute. Noi ci assumiamo le nostre responsabilità. Spetterà al governo, per parte sua, attuare l’accordo”. Positivo anche l’accordo sulla spesa farmaceutica: sono state accolte le proposte presentate dalle Regioni che prevedevano un tetto pari al 13 per cento della spesa sanitaria di ciascuna Regione e la possibilità, per quelle che vogliono contenere la spesa, di ricorrere alla distribuzione diretta dei farmaci e alla regolamentazione dell’attività degli informatori medico-scientifici.

Entrambe le misure sono già state sperimentate con successo in Toscana. “Anche questo - sottolinea Rossi – rappresenta un riconoscimento importante delle scelte compiute dal governo regionale sulla sanità”.
"Sudditi dello Stato ieri, e oggi sudditi anche della Regione. E' questa la sostanza che riusciamo a cogliere -dice il presidente dell'Aduc, Vincenzo Donvito- dell'accordo Governo-Regioni sulla cosiddetta devolution sanitaria.
Mentre prima pagavamo l'incapacita' dello Stato, oggi dobbiamo pagare anche quella delle Regioni, con l'aggiunta dell'imprevedibilita' e della non-certezza del diritto: una navigazione a vista che onnipotenti amministratori regionali faranno pagare al suddito.
Visto il sistema sanitario pubblico obbligatorio, avremmo sperato in uno slancio di efficienza e assunzioni di responsabilita', magari con obiettivi di qualita' del servizio da raggiungere all'interno di un certo budget, come impegno nei confronti del cittadino elettore che ha scelto questo o quell'altro amministratore in base a promesse elettorali e dimostrazioni di efficienza.

Invece no, ci viene rifilata una razionalizzazione del dissesto, con l'aggravante che all'incapacita' di armonizzare bilancio e qualita', dobbiamo essere chiamati noi sudditi in prima persona a farvi fronte.
Un'impostazione che compromettera' quel buon rapporto di fiducia che deve essere alla base di chi ci presta un servizio cosi' importante, alimentando e non comprimendo gli sfondamenti per sprechi e inefficienza, perche' poi, alla fin fine, c'e' sempre l'ancora di salvezza dell'imposizione fiscale regionale.
Lo chiameremo federalismo all'amatriciana (ci dispiace per il ministro Umberto Bossi, che' potrebbe non gradire questa assimilazione alla gastronomia casereccia tutt'altro che nordica), per la sua impostazione da sagra paesana per tener contenti tutti, piuttosto che progetto per l'efficienza e il risparmio.

Cio' che manca e' il motore di base del federalismo: la liberta' di scelta di chi dovrebbe essere considerato un cliente e quindi in grado di premiare un servizio scegliendolo o rivolgendosi ad altri se non soddisfatto. Ad un libero regime di equiparazione tra pubblico e privato, si e' chiamato federalismo cio' che invece e' solo la distribuzione teoricamente piu' razionale dei poteri amministrativi di uno Stato centrale, lontano e gabelliere".

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