Presentato il rapporto sulla sperimentazione dell'automedica nel Quartiere 2

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
26 gennaio 2001 20:26
Presentato il rapporto sulla sperimentazione dell'automedica nel Quartiere 2

’Alla luce dei dati disponibili possiamo esprimere un giudizio complessivamente positivo sulla sperimentazione dell’automedica del servizio ‘118’ nella ‘Macrozona 2’ (Quartiere 2 e Comune Fiesole)’’. Lo ha detto l’assessore alle politiche sociosanitarie Giacomo Billi che oggi ha presentato il rapporto predisposto, su proposta del Comune di Firenze, per valutare la possibile estensione dell’automedica nelle altre zone della città. In particolare i tempi di arrivo nei codici R passano con l’automedica da 9,3 minuti a 6 minuti.

‘’Il problema che emerge da questo rapporto – ha detto l’assessore Billi – è un altro e non riguarda solo la zona di sperimentazione ma tutta la città, e si rileva sia nei dati gennaio/agosto 1999 sia in quelli dello stesso periodo del 2000. Nel 56% degli interventi non sono indicati i tempi di arrivo, e per quanto riguarda la Macrozona 2 con i codici R (quelli che prevedono l’invio dell’automedica) la percentuale è di poco migliore, il 42%’’. In sostanza, come ha spiegato Roberto Volpi che, insieme agli esperti indicati da ANPAS e Misericordie, ha condotto l’indagine, in quasi la metà degli interventi non è possibile conoscere con esattezza i tempi, ‘’ma lavorando su grandi numeri (circa 70 mila casi) e parlando in termini statistici, queste carenze informative non dovrebbero rendere completamente inattendibile il risultato’’.

Insomma, come si legge anche nel giudizio finale contenuto nel rapporto, ‘’la stima grossolana ugualmente tentata’’, pur in assenza di quasi metà dei casi, ‘’porta a concludere, se non altro, nel senso di una non diminuita efficacia del 118’’. A proposito della sperimentazione, inoltre, c’è da registrare un aumento tra il ’99 e il 2000 dei mezzi con medico a bordo inviati sulle emergenze un dato che, secondo Volpi, conferma ‘’come la sperimentazione sia stata attuata in modo prudenziale’’.

‘’Il problema di fondo, dunque è quello della necessità di un sistema informativo più completo e l’allargamento della sperimentazione ad un’altra zona della città – ha detto Billi - può andare avanti ma occorre un breve periodo di sospensione, necessario per metterlo a punto. Noi continueremo a seguire le varie fasi della sperimentazione e in prospettiva l’Osservatorio sulla qualità e l’efficacia del servizio deve diventare ‘permanente’’’. L’assessore, inoltre, dopo aver ricordato che il Comune non ha ‘’competenze dirette sul 118’’, ha raccomandato un maggiore ‘rigore’ da parte di tutti coloro che ‘’parlano e scrivono sul 118 perché questo è un servizio che riguarda la vita delle persone, o meglio ancora che salva le persone, e mi sono sembrate alquanto squallide alcune speculazioni che fatte negli ultimi tempi’’.

Volpi ha infine sottolineato come i milioni di dati che è possibile analizzare dalle schede (tipo di emergenza, ricovero in ospedale oppure no, tipo del mezzo usato, tempi di arrivo, mortalità…) potrebbero garantire una sempre maggiore efficienza del servizio stesso. Nel complesso, comunque, dai dati disponibili risulta che con i codici R 65 emergenze su 100 hanno visto arrivare il medico sul posto entro 8 minuti, mentre solo in 5 casi su 100, nel 2000, l’ambulanza è arrivata oltre i 14 minuti contro i 12 casi del ‘99.

Rapporto sulla sperimentazione della nuova organizzazione del 118
Alcuni elementi significativi per una valutazione della sperimentazione della nuova organizzazione del 118
1.

L’impiego dei mezzi
Nella zona di sperimentazione (nelle tavole statistiche indicata come Macrozona 2) si è avuto complessivamente un comportamento difforme rispetto all’intero territorio fiorentino (sempre nelle tavole statistiche indicato come Tutto il territorio) relativamente ai valori congiunti di emergenze, mezzi e pazienti nel periodo Gennaio-Agosto 2000 rispetto all’analogo periodo del 1999. Mentre nel complesso del territorio aumentano le emergenze ma diminuiscono mezzi inviati e pazienti soccorsi, nella Macrozona 2 diminuiscono le emergenze (-6,7%) e crescono, sia pure di poco i mezzi inviati (+1,4%) e i pazienti soccorsi (+1,8%).

Ciò sta a significare che mediamente a emergenza ha corrisposto un numero più alto di pazienti e, di conseguenza, un impiego più consistente di mezzi. Se nel 1999 solo nel 6,4% delle emergenze si erano resi necessari due o più di due mezzi, nel 2000 questa percentuale è salita al 15,8% (e si è contemporaneamente ridotta, pressoché nella stessa misura, la percentuale di emergenze con l’impiego di un solo mezzo). Se anziché tutte le emergenze consideriamo soltanto quelle con il codice R (rosso: massima gravità) il salto si dimostra ancora più forte: dal 19,1% di emergenze con codici R che richiedevano due o più di due mezzi nel 1999 si è passati al 67% di emergenze con codici R che hanno richiesto due o più di due mezzi nel 2000.

Chiaramente, nei valori di queste emergenze è possibile leggere l’effetto delle sperimentazione effettuata a partire proprio dal 2000, in quanto quest’ultima prevede che nella zona di sperimentazione per le emergenze con codice R – e non solo in queste – intervenga l’Automedica e, contemporaneamente, l’UMS (Unità Mobile di Soccorso) della sede del volontariato più vicina. C’è stato, in generale, un effetto di trascinamento, nel senso di un utilizzo di mezzi mediamente più alto, anche relativamente alle emergenze con codici diversi da R, e dunque nelle emergenze meno gravi.

Nel periodo di sperimentazione si è infatti passati da 458 a 855 emergenze con codici non R che hanno richiesto due o più di due mezzi, e ciò in presenza – si badi bene – di un aumento complessivo dei pazienti, nello stesso periodo, di solo 126 unità.
2. I tempi
Il miglioramento dei tempi nella zona di sperimentazione è stato netto e generalizzato, nel senso che ha riguardato tanto il complesso delle emergenze quanto, e ancora di più, le emergenze con codice R, passate da 251 nel 1999 (pari al 3,6% del totale delle emergenze) a 270 nel 2000 (il 4,1% delle emergenze).

Ma si deve anche aggiungere, per rendere il quadro più aderente alla realtà della sperimentazione, che la forte proporzione di mancata trasmissione dei tempi di arrivo sul luogo dell’emergenza ostacola, almeno parzialmente, il formarsi di un giudizio definitivo sull’importante questione. Esamineremo prima la questione dei tempi e, successivamente, quello delle mancate risposte. Relativamente ai tempi, non c’è stata soltanto una consistente riduzione dei tempi medi (e di quelli mediani) ma, cosa ancor più importante, si è avuta una considerevole contrazione della dispersione dei tempi attorno al tempo medio e ciò sia che si guardi al complesso delle emergenze che a quelle con codice R che, ancora, ai mezzi che intervengono nelle emergenze più gravi.

Si è, in altre parole, intervenuti in media più velocemente e si sono ridotti i casi di emergenze con tempi che superano certe soglie ritenute troppo alte e, dunque, pericolose. Limitandoci ai codici R, quelli nei quali, per la gravità delle emergenze, il tempo è decisivo, risulta che entro 8 minuti dalla partenza si raggiungevano nel 1999 65 emergenze su 100 di questo tipo; proporzione salita nel 2000 a 74 emergenze con codici R su 100 emergenze di questo tipo.. E questo mentre, all’opposto, la proporzione di emergenze con codice R nelle quali sono stati impiegati più di 14 minuti è diminuita da 12 su 100 nel 1999 a 5 su 100 nel 2000.

Per effetto di questi andamenti il tempo medio impiegato nei codici R si è abbassato da 9,3 minuti a 7,1 minuti mentre il tempo medio impiegato dall’Automedica è stato di appena 6 minuti, ossia più di 3 minuti inferiore a quello delle ambulanze di tipo A (AMB-A) che fino al 1999 intervenivano nelle emergenze con codice R. Le mancate risposte, tuttavia, rendono meno certo e in fin dei conti bisognoso di ulteriori, e definitive, conferme il quadro così positivo sopra delineato. La percentuale di mancate risposte alla cruciale domanda dei tempi impiegati sfiora infatti il 56% per ciò che concerne il complesso delle emergenze su tutto il territorio.

Ma è molto alta anche relativamente ai codici R della stessa zona di sperimentazione. Anzi, a questo proposito di deve annotare che si è passati da una percentuale di mancate risposte, riferita alle sole emergenze con codice R, del 37,7% nel 1999 ad una del 42,8% nel 2000. La stessa Automedica ha un livello di mancata risposta pari a una emergenza su tre.
3. Pazienti trasportati negli Ospedali Si è registrato un consistente aumento dei pazienti trasportati negli Ospedali (da non confondersi coi ricoveri veri e propri) sia nel complesso del territorio che nella zona di sperimentazione.

Da una quota di 59 pazienti trasportati negli Ospedali su 100 pazienti soccorsi nel 1999 si è passati nella zona di sperimentazione a una quota di 64 pazienti trasportati su 100 soccorsi nel 2000 (per tutto il territorio il balzo è stato più marcato: da 58 a 64 trasportati negli Ospedali su 100 pazienti soccorsi). E’ difficile interpretare questo aumento, considerando che le variazioni tra il 1999 e il 2000 della valutazione sanitaria dei pazienti soccorsi (e dunque le variazioni della gravità accertata sul campo degli stessi pazienti) sono minime e non chiaramente orientate nel senso di una maggiore gravità.

Forse una più forte preoccupazione, conseguenza dell’alto livello di attenzione generale sul funzionamento del 118, induce a una maggiore prudenza e, dunque, a un maggior ricorso ai P.S. degli ospedali. Il 118 non segue, con un apposito collegamento informativo, il paziente una volta trasportato in ospedale. Un tale collegamento tra i due servizi (118 e ospedale) consentirebbe l’acquisizione di informazioni utili per una più completa valutazione dell’efficienza e dell’efficacia dello stesso 118.

Nel 2000, nella zona di sperimentazione, 3.262 dei 4.462 pazienti trasportati – pari al 73% di questi ultimi – sono stati trasportati all’Ospedale di S.M.Nuova. In questo stesso Ospedale sono stati trasportati ben 394 dei 419 pazienti trasportati in più nel 2000 rispetto al 1999.
4. Pazienti deceduti
Anche i pazienti deceduti sono aumentati ed è altresì aumentata la loro incidenza sul totale dei pazienti soccorsi. E questo, ancora una volta, sia nel complesso del territorio fiorentino che nella zona di sperimentazione.

Nella zona di sperimentazione si è passati, tra il 1999 e il 2000, da 128 a 139 deceduti, ovvero da 18,3 a 19,9 deceduti per 1.000 pazienti soccorsi (contro valori leggermente più bassi nell’intero territorio fiorentino pari, rispettivamente, a 16 e 16,7 deceduti per 1.000 pazienti soccorsi). Ma il dato non deve assolutamente allarmare in quanto i deceduti del 2000 nella zona di sperimentazione sono nel complesso decisamente più vecchi di quelli registrati nella stessa zona nel 1999, basti dire che la percentuale dei deceduti con 75 e più anni d’età è passata tra il 1999 e il 2000 dal 58% a oltre il 72%.

Le diagnosi dei deceduti si addensano attorno a due sole modalità: la ‘constatazione di decesso’ e l’‘arresto cardio-circolatorio’ che, complessivamente, costituiscono, tanto nell’intero territorio che nella zona di sperimentazione, ben il 94% di tutte le diagnosi dei deceduti. Nella zona di sperimentazione la percentuale di decessi per arresti cardio-circolatori è di poco più alta di quella che si registra nell’intero territorio: oltre il 45% rispetto al 43%, ma la differenza non è statisticamente significativa e potrebbe essere spiegata dalla maggiore proporzione di anziani tra i deceduti nella zona di sperimentazione.

Si deve comunque annotare, anche a questo riguardo, un’alta proporzione di mancate risposte: nella zona di sperimentazione si è passati, infatti, da appena il 5% al 38% di mancata registrazione della diagnosi dei deceduti.
5. E’ possibile una valutazione di efficacia della sperimentazione?
L’alto livello delle mancate risposte a quesiti essenziali quali i tempi di arrivo sul luogo dell’emergenza e la diagnosi dei pazienti, unitamente a non pochi errori di registrazione, rivela una sottovalutazione del sistema informativo che supporta il 118 e dell’importanza dell’informazione in un servizio di questa complessità.

Abbiamo già visto come queste carenze si riflettano in un giudizio di non piena attendibilità delle conclusioni, pur largamente positive, cui si perviene esaminando i dati dei tempi. Queste stesse carenze rendono problematico il formarsi di un giudizio circa la reale efficacia del servizio nel periodo di sperimentazione. Troppo elevato il numero delle mancate diagnosi dei deceduti (ben 53 su 139 nel 2000) e troppo incerte alcune diagnosi (specialmente nel 1999) per potere con sicurezza applicare, ad esempio, il criterio della proporzione dei pazienti con diagnosi di arresto cardio-circolatorio non deceduti come indicatore dell’efficacia dell’azione del 118.

Del resto, il numero annuale dei pazienti non deceduti pur se con una diagnosi di arresto cardio-circolatorio è nella zona di sperimentazione troppo piccolo per poterne dedurre un giudizio di significatività dell’aumentata o diminuita efficacia del 118 tra il 1999 (anno con la vecchia organizzazione del servizio) e il 2000 (anno con la nuova organizzazione del servizio). Tuttavia, una stima grossolana ugualmente tentata porta a concludere, se non altro, nel senso di una non diminuita efficacia del 118.

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