Da martedì 23 a domenica 28 gennaio (ore 21.15) al Teatro Studio di Scandicci Gogmagog in Cani

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
18 gennaio 2001 09:24
Da martedì 23 a domenica 28 gennaio (ore 21.15) al Teatro Studio di Scandicci Gogmagog in Cani

Ripercorrendo oggi il tracciato lasciato al Teatro Studio di Scandicci da Gogmagog, anche al di là di linee programmatiche precostituite, i lavori si muovono sempre su quel centro di forza che sono le dinamiche di potere fra gli individui, all’interno di un “contenitore – teatro” che si incarna sempre in un “vacillante manicomio metafisico”. Il primo spettacolo al Teatro Studio di Scandicci nella stagione 1997/98 è lo spettacolo “E’ una menzogna che io sia prigioniero” lavoro che si basa sui principi della compresenza e del frammento.

All’interno del “contenitore” simbolico e mentale che è il labirinto, coabitano insieme presenze, figure, che emergono dalla storia del mito, e dalla storia dell’immaginazione, intessute drammaturgicamente attraverso un susseguirsi di monologhi, legati da assonanze “non logiche”, ma immaginifiche ed emozionali.
L’anno successivo 3 spettacoli “da camera” lavori che vedono in scena ogni volta solo due attori. Con “Un Mattino” il lavoro sul frammento e sul monologo viene inserito in una struttura più organica del testo dato dalla “scrittura originale” dei due attori.

Con “Follia Morale” il lavoro trova il suo centro nella scrittura epistolare (lo spettacolo è tratto dall’epistolario “La nave dei folli” corrispondenza negata dei detenuti del manicomio di Volterra). Con “Estribillo” invece si continua a percorrere la strada del frammento, e delle assonanze insolite, indagandoli nelle sue molteplici possibilità.
L’anno successivo “Mr. Avantgarde stellar circus”, spinge in avanti la ricerca compositiva. Si tratta di un testo quasi interamente ricavato dalle improvvisazioni, in cui la costruzione per monologhi viene sempre più abbandonata, e dove le figure, i personaggi sono portati al massimo grado immaginifico, fino a diventare delle vere e proprie “icone”, e dove l’intreccio drammaturgico si sviluppa dall’interazione di queste entità.
Con il nuovo lavoro “Cani”, l’atto unico di De Ghelderode “Escuriale”, appoggiandosi alla sua struttura drammaturgica, ecco una dilatazione dell’immaginario, dando corpo e carne agli echi del testo, evidenziando tutte le sfumature della monocromia della pièce iniziale, tessendo il lavoro sulle dinamiche fra i tre personaggi (Vecchio Frenk, Abel, Senzanome), che non sono altro che tre maschere diverse della stessa entità “Folial”.

In questo spettacolo, diverso è anche il lavoro sulla musica (quasi tutta eseguita in scena dal quarto personaggio, L’attesa), musica non usata come sostegno all’azione testuale e scenica dello spettacolo, ma come elemento che segue gli stessi principi ed è sottoposto agli stessi trattamenti che operiamo sulla parola e sul corpo di noi attori.

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