Chiti chiede una seria trattativa di pace

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
30 aprile 1999 13:12
Chiti chiede una seria trattativa di pace

Le Regioni e le citta' italiane si facciano promotrici di una iniziativa nei confronti della società civile europea per superare le divisioni sulla guerra e sostenere l'avvio di una seria trattativa per la pace: una pace che si basi sul ritiro di tutte le truppe serbe dal Kosovo, sulla cessazione dei bombardamenti e sul rientro dei profughi garantito da una forza multinazionale dell'ONU. Nel farlo uniscono la loro voce a quelle di Giovanni Paolo II e di Oscar Luigi Scalfaro. L'appello e' del presidente della Conferenza delle Regioni, Vannino Chiti. "Nei Balcani -afferma Chiti- sono in atto due guerre: quella di Milosevic che ha insanguinato il Kosovo per arrivare a una soluzione finale del problema della minoranza albanese; quella della Nato contro la Serbia.

Oggi, a piu' di un mese dall'inizio dei bombardamenti, questa vicenda che ha scosso le coscienze di tutti ha mostrato come la cosiddetta ingerenza umanitaria sia tuttora priva di regole certe, compresa quella del soggetto internazionale legittimato a deciderla: l'Onu opportunamente riformato. Di fronte a questa situazione, e pur in mezzo a tutte le contraddizioni provocate da questa assenza a livello internazionale, il governo italiano ha assunto un comportamento di grande serietà, che non aveva alternative: si e' mosso con lealtà e responsabilità nell'alleanza, ricercando con numerosi interventi del presidente del consiglio e del ministro degli esteri di mantenere aperti tutti gli spiragli politici per un'azione diplomatica che potesse portare alla pace.
E' arrivato il momento di tentare tutti quanti uno sforzo in piu': bisogna evitare che la guerra si allarghi, bisogna far accettare alla Serbia l'avvio di una trattativa seria che porti alla pace.

Per questo è necessario offrire il massimo sostegno all'iniziativa dell'ONU e al tentativo di mediazione della Russia. Vi è un'unica via di uscita: il ritiro dal Kosovo di tutte le truppe serbe, regolari e non, la cessazione dei bombardamenti della Nato e il rientro dei profughi sotto la responsabilità di una forza multinazionale dell'ONU. Ogni tentativo, anche simbolico, dovra' essere intrapreso per rendere praticabile questa strada. E' arrivato il momento di superare le divisioni sulla necessita' o meno della guerra per ricostruire l'unita' civile non solo dell'Italia ma dell'Europa attorno all'obiettivo di una pace giusta.

Le Regioni italiane, che si sono impegnate a fondo e continueranno a farlo con la collaborazione del volontariato e della società civile, per aiutare i profughi del Kosovo, sia in Italia sia nei campi che si stanno attrezzando in Albania devono sentire il dovere di unire la loro voce a quella di chi chiede con forza che le logiche della guerra non sfuggano di mano e non prendano definitivamente il sopravvento".

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