Vertenza Esaote: tavolo ministeriale a Roma

Ieri manifestazione dei lavoratori delle aziende in crisi. Tavolo nazionale per Livorno: il governo accoglie la richiesta della Regione. Polizzi (Ugl): “Bene la convocazione”. Cisl: una sola soluzione per la Raffineria, Eni resti a gestirla. Marcheschi, Donzelli e Staccioli (Fratelli d'Italia): "Si sgombri il campo da ogni dubbio sulle voci di una delocalizzazione del settore spaziale".

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
23 ottobre 2014 22:19
Vertenza Esaote: tavolo ministeriale a Roma

Mantenere la ricerca e lo sviluppo sul territorio fiorentino. È quanto ribadiscono il sindaco Dario Nardella e l’assessore al lavoro Federico Gianassi che questa mattina hanno partecipato al tavolo per la vertenza Esaote convocato presso il Ministero dello Sviluppo Economico. Allo stato attuale le posizioni di azienda e rappresentanti dei lavoratori appaiono distanti: l’azienda ha infatti ribadito quanto contenuto nel piano industriale e l’intenzione di fare dell’Italia il perno delle attività di ricerca e sviluppo.

Da parte loro i sindacati considerano indispensabile il ritiro dei 22 trasferimenti dallo stabilimento di Firenze a quello di Genova. Tuttavia, a fronte di una richiesta del ministero di arrivare ad un accordo, le parti hanno dato la disponibilità a proseguire nella trattativa per verificare se vi siano le condizioni per una intesa. Per questo sono stati messi in calendario tre incontri nel mese di novembre: il 4 novembre il governo incontrerà Esaote, il 6 vedrà i sindacati, e l'11 li riunirà nuovamente al tavolo. “Ribadiamo che il mantenimento sul territorio di una realtà tecnologicamente avanzata quale Esaote rappresenta per questa Amministrazione un obiettivo imprescindibile – sottolinea l’assessore Gianassi – .

Lavoreremo perché nelle prossime settimane l’azienda chiarisca i suoi propositi sullo stabilimento e perché sia preservata la presenza della ricerca e dello sviluppo sul nostro territorio”.“L’Amministratore delegato di Finmeccanica Mauro Moretti e il Presidente del Consiglio Matteo Renzi diano concrete garanzie ai 300 lavoratori della Selex di Campi Bisenzio sulla permanenza nella sede fiorentina del settore spaziale”. E’ quanto chiede il consigliere di Fratelli d’Italia Paolo Marcheschi, insieme al capogruppo Giovanni Donzelli e alla consigliera Marina Staccioli, commentando l’incontro previsto per domenica 26 ottobre alla Selex di Campi Bisenzio fra il premier e l’Ad di Finmeccanica.

“L'occasione di domenica non sia solo una passerella per il premier – spiegano Marcheschi, Donzelli e Staccioli - dopo alcune dichiarazioni rilasciate da Moretti sulla volontà di delocalizzare i lavoratori sono molto preoccupati per il loro posto di lavoro. Crediamo che quella di domenica sia l'opportunità giusta per sottolineare l'eccellenza dell'azienda fiorentina - concludono gli esponenti di Fratelli d'Italia in Regione - e dare certezze ai lavoratori che chiedono rassicurazioni per operare in serenità”.

Un tavolo nazionale per Livorno. Il governo ha accettato la richiesta che il presidente della Regione Toscana Enrico Rossi e l'assessore alle attività produttive Gianfranco Simoncini hanno rilanciato oggi nell'incontro avuto a Roma con il vice ministro Claudio De Vincenti e il management nazionale di Eni. All'incontro hanno partecipato anche i sindaci di Livorno Filippo Nogarin, di Collesalvetti Lorenzo Bacci e il presidente della Provincia di Livorno Alessandro Franchi. L'incontro era stato richiesto dalla Regione, in accordo con le organizzazioni sindacali, per fare il punto sulla vicenda dello stabilimento Eni di Stagno. Il tavolo nazionale, come ribadito dal presidente Rossi che ha illustrato la richiesta, si pone l'obiettivo di arrivare ad un accordo di programma fra Stato, Regione, enti locali ed Eni per rilanciare lo sviluppo e l'occupazione in un territorio, ha sottolineato il presidente, "che presenta segnali di difficoltà, fortemente colpito dalla crisi e dalle sue ricadute sul piano sociale".

In apertura dell'incontro sullo stabilimento Eni, l'assessore Simoncini ha richiamato i tre punti, condivisi da istituzioni e sindacati, sui quali sono state chieste al governo garanzie precise: la riconferma del sito produttivo sul territorio, la garanzia del mantenimento dei livelli occupazionali , un ruolo di Eni sul territorio come garante del rispetto dei primi due punti, grazie ad un piano industriale credibile. Rispetto a questa richiesta i rappresentanti di Eni hanno spiegato che il gruppo ha avviato un piano di riorganizzazione del settore della raffinazione. "Si tratta di un piano – spiega l'assessore Simoncini al termine della riunione - che non prevede la chiusura dello stabilimento di Livorno ma, a loro dire, un'ipotesi di vendita solo a condizione di trovare un soggetto industriale in grado di garantire un piano credibile e il mantenimento degli attuali livelli occupazionali". A fine incontro, il vice ministro De Vincenti ha assicurato che l'indirizzo che il governo intende seguire è quello di dare continuità all'attività di raffinazione in un quadro di tutela dei livelli occupazionali e dell'indotto.

Il vice ministro ha quindi accolto anche la proposta dei sindacati di un tavolo nazionale sul settore della raffinazione. Entro un mese, inoltre, sarà convocato un incontro specifico sullo stabilimento Eni di Livorno, al quale l'azienda dovrà presentarsi con una strategia industriale che dia riposta alle garanzie richieste. "Siamo soddisfatti dell'incontro di oggi – ha detto l'assessore Simoncini al termine della riunione al ministero – perchè abbiamo tolto dal tavolo ogni ipotesi di chiusura dello stabilimento e registrato una grande attenzione e impegno del governo sulle nostre proposte.

Metteremo subito in agenda con Coomuni e Provincia e poi con sindacati e associazioni di categoria una serie di riunioni per definire i contenuti delle proposte da presentare al tavolo nazionale al governo".“E’ positivo che il vice ministro De Vincenti abbia promesso di convocare a breve un tavolo nazionale sulla Raffinazione, che l’Ugl Chimici sostiene da tempo come sede ottimale per elaborare un piano complessivo di salvaguardia del comparto”. Lo dichiara il segretario nazionale dell’Ugl Chimici-Energia, Michele Polizzi, al termine del tavolo sulla situazione della Raffineria di Livorno che si è tenuto oggi al Mise alla presenza del vice ministro allo Sviluppo Economico e al quale hanno partecipato i sindacati di categoria, i vertici Eni e i rappresentanti delle istituzioni locali coinvolti. “All’incontro di oggi - spiega Polizzi - abbiamo infatti ribadito che le difficoltà del sito livornese, dovute alla sovrapproduzione, non potranno essere risolte in modo strutturale se non affrontando il problema dell’eccesso di produzione dell’intero comparto della raffinazione in un apposito tavolo nazionale, che il vice ministro ha dunque promesso di calendarizzare”. “Per quanto riguarda nello specifico la Raffineria di Livorno - prosegue Polizzi - abbiamo preso atto delle dichiarazioni di Eni che ha ribadito come, dei 4 milioni di tonnellate di petrolio raffinate all’anno, solo 2 vengano effettivamente utilizzate nell’hinterland, ed ha poi illustrato alcuni possibili scenari: la conversione alla produzione di gas naturale liquefatto (Lgn) o la vendita”. “Nel prossimo tavolo sul sito toscano - conclude Polizzi - che sarà convocato entro un mese, Eni ha preso l’impegno di presentare un’analisi più dettagliata degli scenari illustrati oggi, al fine di valutare se davvero la vendita sia preferibile al mantenimento nel perimetro aziendale attuale in termini di benefici e recupero di produttività”.“Per la Cisl c’è solo una soluzione: che l’Eni rimanga a Livorno a gestire un impianto che non è solo raffinazione e che ha un valore troppo alto, economico e sociale, per il territorio, per poter pensare di perderlo o svenderlo al primo che capita.” E’ netto il Segretario generale della Cisl toscana, Riccardo Cerza, al termine del faccia a faccia tra azienda, governo, sindacati, Regione e istituzioni locali, svoltosi oggi al Ministero dello sviluppo economico, in cui si è parlato delle intenzioni del cane a sei zampe sullo stabilimento di Stagno, alle porte di Livorno.

Due i punti centrali emersi dall’incontro: che la raffineria di Livorno non chiuderà e non sarà trasformata in un deposito (c’è l’impegno di azienda e governo); che Eni è decisa a cedere l’attività di raffinazione in Italia. Il punto è chi dovrà gestire l’attività. L’azienda assicura che venderà solo se è garantita la continuazione dell’attività e il governo ha ribadito che l’impianto di Livorno dovrà restare aperto, con continuità occupazionale. “Il Governo come azionista di riferimento dell’Eni –dice Cerza- deve certo tenere conto del mercato, ma anche della funzione sociale di quest’azienda in Italia e in particolare a Livoro, dove c’è una grande crisi occupazionale e sociale, forse in questo momento la peggiore della Toscana.” Le parti si sono lasciate con tre impegni.

Rivedersi entro un mese per analizzare la situazione imprenditoriale e le problematiche dello stabilimento livornese; creare un tavolo sulla raffinazione in italia; aprire un confronto sulla situazione complessiva di Livorno. “Noi –ribadisce Cerza- come sempre siamo disponibili a qualunque confronto per migliorarne l’efficienza. Ma non prendiamo in considerazione un addio di Eni a Livorno. Questo impianto di raffinazione è tra i più positivi in Italia. E va salvato.”

"Ieri 22 Ottobre 2014 un’ampia e variegata delegazione di rappresentanti dei lavoratori di tutte le aziende metalmeccaniche della provincia di Firenze, appartenenti a tutte le sigle sindacali, ha incontrato Consiglieri Regionali, Sindaci dell'area metropolitana, assessori e rappresentanti della Provincia, riportando un’immagine drammatica della crisi in cui versano moltissime aziende del settore nella sola provincia di Firenze;i rappresentanti dei lavoratori (di aziende grandi e affermate come la ESAOTE, Targetti, KME, ma anche piccole e tecnologicamente avanzate come Special Elettronic Design) hanno fatto presente un ventaglio articolato di problemi, ma tutti hanno individuato la causa della crisi delle proprie aziende nelle scelte dei vertici orientate verso la finanziarizzazione dell’azienda e nella possibilità da parte di quest’ultima di poter delocalizzare l’impresa, o parte di essa, liberamente e senza alcun vincolo, all’estero, nonostante le stesse abbiano percepito da parte delle Istituzioni pubbliche a vari livelli (nazionale e regionale) cospicue sovvenzioni per superare la crisi, in primis sotto forma di ammortizzatori sociali, ma anche come finanziamento di progetti di ricerca e sviluppo, spesso con fondi europei per il tramite della Regione" - dichiara Mauro Romanelli, Consigliere Regionale di Sinistra Ecologia Libertà.

"Il tema della “responsabilità sociale” dell’impresa è divenuto più che mai attuale con l’acuirsi della crisi economica e le Istituzioni pubbliche, se vogliono continuare a erogare finanziamenti che contribuiscano a superare la crisi, devono selezionare sempre più le erogazioni secondo condizioni stringenti che non possano consentire alle imprese di beneficarne e poi trasferire altrove la produzione, rendendo vani tali finanziamenti". "Su questo delicatissimo tema, in sede parlamentare, esiste un proposta di legge, presentata da Sinistra Ecologia e Libertà, nella quale si vogliono migliorare e rendere più stringenti le disposizioni contenute nella Legge di stabilità 2014 (approvata il 27 dicembre 2013), relative al fenomeno della delocalizzazione delle attività produttive dall’Italia all’estero.

La norma prevede l’obbligo per le imprese (italiane ed estere) che abbiano beneficiato di contributi pubblici in conto capitale e che entro tre anni dalla loro concessione trasferiscano la produzione in «uno Stato non appartenente all’Unione europea» con «conseguente riduzione del personale di almeno il 50 per cento», di restituire i contributi ricevuti dalla data di entrata in vigore della legge; l’obbligo di restituire i contributi scatta solo in caso di delocalizzazione in un Paese extra-Ue, ma non se il «trasloco» ha come meta finale un altro Stato dell’Unione Europea.

Eppure, la destinazione preferita è proprio «l’oriente europeo» in particolare «Bulgaria, Polonia, Romania e Ungheria», meta dell’80 per cento delle imprese italiane che hanno intrapreso la via della delocalizzazione». Secondo la proposta di legge presentata da SEL, la decadenza dal beneficio e l’obbligo di restituzione dei contributi in conto capitale ricevuti scatterebbe per tutte le imprese che, entro tre anni dalla concessione del contributo stesso, decidessero di delocalizzare non solo in uno stato extra Ue ma anche in un Paese «appartenente all’Unione Europea», con conseguente «riduzione o messa in mobilità del personale» senza alcun tetto minimo, previsto invece nella misura del 50 per cento dalla Legge di stabilità. Restrizioni ancora più pesanti vengono, inoltre, previste per le imprese italiane ed estere con almeno 1.000 dipendenti: non potranno, in ogni caso, delocalizzare «prima di aver trovato un nuovo acquirente che garantisca la continuità aziendale e produttiva, nonché i livelli occupazionali dell’impresa stessa».

In caso di violazione di questo obbligo, l’azienda dovrà restituire in conto capitale ricevuti non solo dalla data di entrata in vigore della legge ma incamerati negli ultimi cinque anni, gravati degli interessi legali, oltre a pagare una sanzione amministrativa pari al 2 per cento del fatturato dell’ultimo quinquennio". "Credo sia giunto il momento anche per la Regione Toscana di muoversi in questa direzione e di richiamare alla propria "responsabilità sociale" quelle aziende che hanno beneficiato di finanziamenti pubblici .

Ho presentato quindi una Interrogazione per sapere cosa la Giunta Regionale intende fare per contrastare il fenomeno della delocalizzazione e se intende da un punto di vista normativo, per quelle che sono le sue competenze, contrastarlo, ad esempio condizionando l'erogazione dei fondi europei, con possibilità di revoca, all'impegno stringente a non diminuire i livelli occupazionali" - conclude Romanelli.“La mobilitazione di questi giorni in tutta Italia e la manifestazione nazionale a Roma, che mi auguro sia una grande manifestazione, ci consegnano un messaggio che non può non essere ascoltato.

Per questo con la mia storia di donna di sinistra non posso non sentirmi al fianco di chi scenderà in piazza il prossimo 25 ottobre. Una manifestazione che è prima di tutto domanda di lavoro e di dignità”. Così Susanna Cenni, parlamentare del Pd alla Camera esprime il suo sostegno ai lavoratori e alle lavoratrici in vista della giornata di mobilitazione nazionale in programma sabato 25 ottobre a Roma. “La crisi è profonda – ha proseguito Cenni - È una crisi di sistema che sta mettendo in discussione molti riferimenti e certezze.

Vinceremo la crisi e ripartiremo solo affrontando davvero le riforme, con un cambio di passo coraggioso che ci farà guardare avanti. Innovare con coraggio è fondamentale. Tutti siamo chiamati a farlo: la politica, i sindacati e gli strumenti normativi. Per questo credo che sia necessario innovare le norme e individuare nuovi strumenti. Va affrontata la necessità di tutelare tutte le forme di lavoro e tutte le forme contrattuali, estendendo le tutele e semplificando il mercato del lavoro, ma senza arretrare sul piano dei diritti a oggi raggiunti.

Credo che da quella piazza dovremo raccogliere buone energie per migliorare il testo uscito dal Senato e per produrre una norma moderna che guarda alle imprese e ai lavoratori."

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