Un "Largo" a Luigi Tonelli, il re dei chirurghi fiorentini

In carriera ha eseguito 75mila interventi di cui 60mila a Firenze. Domani la cerimonia di intitolazione vicino all'ospedale di Careggi alla presenza della vicesindaca Giachi

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
17 dicembre 2019 13:20
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Cerimonia di intitolazione, domani, del Largo Luigi Tonelli. Il Comune dedica un toponimo a uno dei massimi chirurghi italiani, 75 mila interventi eseguiti, di cui 60 mila a Firenze. Almeno un fiorentino su cinque può dire di aver avuto un parente, o lui medesimo, operato dal professor Tonelli. Un maestro per generazioni intere di giovani chirurghi. Veloce, inventivo, un'abilità tecnica che ha fatto scuola. 

La cerimonia si terrà alle 12 (in via Gaspare Aselli, a Careggi) alla presenza della vicesindaca e assessora alla toponomastica Cristina Giachi.

Biografia Luigi Tonelli (fonte: https://www.unifi.it/upload/sub/agenda/2014/luigi_tonelli_21112014.pdf)

Iscrittosi a Medicina e Chirurgia nell’Ateneo pisano concluse nell’ottobre del 1938 a pieni voti e con lode il periodo universitario durante il quale apprezzò le doti di docente e di studioso di Antonio Costa che seguì a Firenze. Convinto dell’utilità di conoscere le alterazioni organiche e la definizione istopatologica delle malattie, trascorse nella vecchia sede dell’ Anatomia Patologica di via Alfani anni di intensa attività necroscopica, di studio e di ricerca. Pubblicò numerosi lavori anche a carattere monografico (sui tumori di natura muscolare, le varietà della pachimeningite interna emorragica, gli igromi sottodurali, i tumori della notocorda) che gli consentirono di acquisire la libera docenza in Anatomia ed Istologia Patologica nel 1943 risultando primo dei concorrenti.

Resistette alle pressioni del prof. Costa che lo riteneva pronto per una cattedra e con determinazione seguì la strada della chirurgia. Vide subito in Pietro Valdoni venuto a Firenze a dirigere la Cattedra di Patologia Chirurgica e già famoso per l’abilità e l’audacia pioneristica di interventi come l’embolectomia polmonare o la legatura del dotto di Botallo, il maestro cui affidarsi. Lo seguirà nel 1947 a Roma restandogli sempre legato da profonda stima, devozione ed affetto. Nasceva in quegli anni la chirurgia d’avanguardia quella del cuore, dei grossi vasi, del polmone, dell’esofago.

Oltre all’attività di sala operatoria, la responsabilità di un reparto clinico, la direzione del laboratorio istologico e del museo dell’Istituto, continuò la ricerca clinica, di laboratorio e di chirugia sperimentale. Gli studi sulla patologia toracica furono tra i contributi più originali descrivendo forme allora rare o sconosciute quali gli adenomi bronchiali, il carcinoma alveolare del polmone, la sindrome del lobo medio e quella del legamento polmonare, inquadrando dal punto di vista anatomo-clinico il carcinoma polmonare ed i gozzi endotoracici, studiando le conseguenze fisiopatologiche dell’acalasia cardiale, della stenosi mitralica, della coartazione aortica, dell’ipotermia profonda provocata.Conseguita la libera docenza in Patologia Chirurgica nel 1951, dopo qualche anno Valdoni lo riterrà pronto per la direzione di un Istituto Universitario quello della Patologia Chirurgica di Perugia.

Rimarrà a Perugia dal 1954 al 1961 per trasferirsi poi a Pisa e nel 1964 a Firenze dove dirigerà le Cattedre di Patologia e Clinica Chirurgica fino all’anno del pensionamento avvenuto nel 1985. Continuerà ad operare nella libera professione per altri 10 anni. Dedicò molto impegno alla didattica: gli argomenti erano trattati in modo chiaro, preciso ed esauriente con oratoria affabile e incisiva. Le lezioni si svolgevano alle 7.30 del mattino, ma l’aula era sempre piena di studenti affascinati dalla sua oratoria.

La sua attività chirurgia incredibili che venivano accolte con stupore per non dire scetticismo nei congressi internazionali (quando ad esempio riferì la sua esperienza sul carcinoma gastrico al Congresso della Società Francese di Chirurgia). Si rese conto dell’importanza di approfondire l’anatomia chirurgica per alcuni interventi che per l’epoca (siamo alla fine degli anni 50) erano pioneristici: quelli sul pancreas e quelli sul fegato. Nacque così l’idea di studiare tridimensionalmente mediante calchi in resine acriliche differentemente colorate il sistema biliare ed il circolo arterioso, portale e sovraepatico allo scopo di eseguire resezioni epatiche regolate.

Fu Mauro Macchini ad occuparsi di questa ricerca eseguendo più di 100 calchi che ancora possiamo ammirare nell’Istituto. Molti sono stati gli allievi che lo hanno seguito contagiati dal suo entusiasmo e dal suo valore. Molti hanno raggiunto posizioni apicali in ambito universitario ed ospedaliero: Giovanni Allegra, Domenico Bertini, Camillo Cortesini, Giorgio Bucciarelli, Francesco Andreoli, Giancarlo Biliotti, Paolo Bechi, Luigi Cancellotti, Bernardo Torchiana. 

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