Perché bisogna essere solidali con il giornalista di Rtv38 aggredito a Livorno

Il corrispondente Luca Lunedì è stato minacciato, venerdì scorso, mentre cercava di documentare un rave in preparazione nella zona industriale. Adesso viene persino criticato sui social network

Nicola
Nicola Novelli
03 novembre 2019 18:59
Perché bisogna essere solidali con il giornalista di Rtv38 aggredito a Livorno

Venerdì a Livorno è accaduto un episodio molto grave: a un cronista è stato impedito di fare il proprio lavoro nella fabbrica dismessa ex Trw. Mentre stava realizzando un servizio giornalistico con la troupe televisiva di Rtv38, ignoti li hanno interrotti, minacciando la loro incolumità. La cosa è stata immediatamente denunciata alla polizia locale, che ha acquisto i filmati tv.

Luca Lunedì ha ricevuto la solidarietà delle associazioni di rappresentanza della professione. Immediatamente l’Ordine dei giornalisti della Toscana ha diffuso un documento in cui riafferma il diritto di fare cronaca, senza che i cronisti subiscano intimidazioni, né minacce.

Eppure c'è chi ha espresso perplessità accusando il giornalista di protagonismo e di essersela cercata, perché se uno fa le riprese a un ladro con la telecamera e quello se ne accorge non ci si può aspettare che smetta di rubare, o si lasci filmare. Insomma -secondo taluni- quando si fanno certe cose è meglio farle di nascosto, oppure ci si devono attendere le conseguenze senza gridare troppo allo scandalo. Adesso il giornalista viene persino criticato da alcuni "leoni da tastiera", che si permettono di intervenire sul suo profilo personale, dove ha postato il servizio tv che documenta l'aggressione.

Ma davvero chi decide di fare il giornalista deve mettere in conto di essere trattato male, minacciato, pestato? Sia che ci si occupi di crimini rilevanti, che di reati politici, o persino di un rave in periferia?

Ebbene, secondo noi Luca Lunedì merita gli applausi: per il coraggio che ha avuto di presentarsi con la telecamera spianata proprio dove qualcuno non gradisce la presenza dei giornalisti, dove la società civile è più distante, persino le forze di polizia hanno difficoltà a operare. Chi non lo capisce riduce il giornalismo a una professione come un'altra, magari con le proprie regole, ma nulla più di un'attività lavorativa qualunque.

Invece il giornalismo diventa se stesso quando si ricorda di fare la sentinella, il grillo parlante, l'occhio più lungo della comunità attiva. Ed è proprio a tutela di questa funzione collettiva essenziale, che non si può accettare alcuna forma di minaccia, o intimidazione nell'esercizio del diritto di cronaca.

Paradossale coincidenza. Pochi giorni fa a Firenze l'Odg Toscana aveva organizzato un convegno nazionale sui giornalisti minacciati e sotto scorta, per  ribadire con forza il sostegno a tutti i colleghi il cui lavoro viene ostacolato in dispregio alle più elementari norme di diritto e di convivenza civile, così come il rispetto della libera manifestazione del pensiero sancita dall’articolo 21 della Costituzione.

In evidenza