Maternità "ruvida": una carezza per le neomamme che si nascondono

Pensieri non detti e lacrime nascoste, alcune neomamme si sentono molto sole: un esempio

Paola
Paola Marangio
14 settembre 2022 15:25
Maternità

Non tutte le maternità sono uguali tra loro. Non tutte le neo-mamme si sentono come vengono descritte. Ci sono maternità che fanno sentire lisce, morbide, calde e luminose; ce ne sono altre che fanno sentire ruvide, grigie, spigolose e piene di sensi di colpa.

Spesso le neo-mamme oscillano da un lato all’altro e altrettanto spesso non si sentono legittimate a dirsi che quella ambivalenza è normale.

Le parole che seguono forse graffieranno le mamme che si sentono “lisce” ma di sicuro accarezzeranno le mamme che si sentono “ruvide” affinchè si sentano meno sole. Le dedico ad entrambe ma non sono parole mie, sono tratte dal romanzo di Avni Doshi "Zucchero Bruciato" (editrice Nord, 2022)

"Provo ad immaginarmi senza (pancia). Quella persona non me la ricordo più. Mi chiedo che aspetto avrà il mio copro. Avrò un buco al centro? Diventerò una ciambella di carne? Il pensiero mi dà la nausea. O forse è il dolore che sta tornando. All’improvviso non voglio che mi abbandoni. Dovrebbe rimanere dentro di me, per sempre.

(...) Mi dicono che è una bambina. Mentre la tengo in braccio non sento un granché, ma quando me la tolgono so che manca qualcosa. Aspettano tutti che dica qualcosa. So che dovrei esprimere gioia, che se non lo faccio penseranno che sono delusa (che sono) la feccia del mondo.

Voglio rassicurarli che non sono delusa, ma non riesco nemmeno a mostrarmi felice. Forse sono troppo stanca, forse è ancora per quell'istinto che sento di rinfilare quel fagottino dentro di me…Provo a sorridere ma mi riesce soltanto un vuoto sguardo di sollievo (che il dolore sia finito.

(...) Questa bambina pretende troppo e vuole sempre di più. Sono diventata una catena di montaggio. Le singole parti sono irrilevanti, contano solo se riescono fare il loro lavoro. Quando piange il latte gocciola e mi macchia i vestiti. Mi vedo la pancia allo specchio, scura e pizza come un dattero. Quando (lui) entra nella stanza cerco di coprirla con le mani. Non immagino a cosa pensi guardandomi e provo a non rimanere mai sola con lui in nessun posto. È elettrizzato per la bambina e non sopporta di sentirla piangere.

Non c'è mai abbastanza tempo per dormire. Vorrei aver trascorso tutti gli anni della mia vita a riposare. Vorrei aver fatto tantissime cose. Invece ho fatto le stesse cose che faccio anche ora.

(Alcuni giorni) non mi dà tregua. Mi chiedo quanto ci mettano i bambini a crescere e mi segno mentalmente le tappe, ancora lontanissime. Quando la bambina camminerà, quando la bambina mangerà da sola, quando farà il bagno da sola. Quando avrà la sua vita, uscirà da sola nel mondo. Altri giorni mi sento che non la lascerò mai andare.

(...) Ogni giorno la abbraccio stretta (…), così si ricorderà dell'abbondanza di amore e di effusioni che ha ricevuto da bambina. Dovrebbe rimanerle dentro qualche traccia di questa sensazione, della compressione, della restrizione del flusso sanguigno, del calore di un altro corpo. Ai bambini piace farsi stringere forte, sentirsi protetti, qualunque cosa ricordi l'utero. Lo faccio per un giorno intero, però lei non apprezza le mie attenzioni. Si fa capire bene. Non si rende conto di quanto è fortunata e protesta. Inizio a mettere in discussione la sua fortuna; forse sono io che sbaglio. Non vuole sentirsi avvolgere dal mio corpo?

La sensazione che prova nel ricevere un bacio è meno piacevole di quella che provo io nel darlo? Ho sentito che i bambini trovano gli adulti terrificanti e brutti, che per loro la nostra pelle segnata e i nostri corpi enormi sono repellenti. Mi sembra quasi di ricordare di aver pensato cose simili da piccola, che anche l’adulto più bello fosse sporco e disgustoso. Forse quando sarà grande scapperà da questa casa. Forse fuggirà da me. Forse le nostre madri creano un vuoto dentro di noi e i nostri figli continuano ad avverare la profezia.

(...) Mia suocera schizza avanti e indietro, efficiente. È diventata la padrona di casa.Ha suggerito diverse volte (al figlio) di iniziare a rispondere a domande di lavoro per posizioni aperte “più vicine a casa” (della madre). Tirano fuori l’argomento quando pensano che io stia dormendo o non sia a portata di udito. Non si rendono conto che oramai ho le orecchie di un gufo, che la mia capacità auricolare può intercettare il respiro di mia figlia dall’altra parte della città. Ecco cosa significa essere madre. Ho le zanne sempre scoperte. Sono costantemente a caccia."

La psicologa risponde — rubrica a cura di Paola Marangio

Paola
Paola Marangio

Psicologa, psicoterapeuta e mediatrice familiare. Referente del sito PsicologiaFirenze.it. Membro dello staff clinico e didattico dell’Istituto di Terapia Familiare di Siena, ha lavorato nell’equipe del Centro di Terapia Familiare della ASL 10 di Firenze e si è occupata delle valutazioni psico-ambientali delle commissioni medico legali INPS. Collabora con la cooperativa sociale Matrix onlus in ambito della disabilità e psichiatria. Per inviare quesiti scrivere a: marangio@psicologiafirenze.it

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