L'Italia festeggia il Calcio

Per una notte tutti in in piazza per la grande vittoria dei campioni della Nazionale

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
13 luglio 2021 09:12
L'Italia festeggia il Calcio

di Vanna Francesca Bertoncelli

Già lo scrittore argentino Borges si era fatto qualche domanda sul perché il calcio fosse un fenomeno sociale ricco di emozioni, di passioni, di aggregazione e di rivalità.

Oggi, dopo l’evento di Wembley, che vede l’Italia campione d’Europa dopo 53 anni non è fuori luogo qualche riflessione su questo gioco tutto speciale.

Inghilterra versus Italia. A Wembley. E’ in questo quartiere di Londra che si trova il Wembley Stadium, luogo sacro del football. Si gioca in casa. E lo spirito tribale si riaccende. Con ciò che di positivo e di negativo questo porta con sé. E’ il senso di appartenenza, l’idea di prevalere se si è più forti, più abili, più astuti su quello che in tempi andati era il nemico ed ora è definito l’avversario. Ma la sostanza cambia di poco. E cambia di poco anche la forma.

Le insegne, l’inno, le bandiere vengono esibite prima, durante e dopo l’incontro/scontro di calcio. I volti segnati con i colori delle rispettive tribù. Lo spirito del combattimento tribale si infiamma e dagli spalti, i tifosi guerrieri irridono il nemico fischiando l’inno nazionale. La derisione, lo scherno fanno parte della lotta. Mirano ad indebolire psicologicamente l’avversario. Una strategia conosciuta da sempre e da sempre messa in atto. Vinti e vincitori. Rabbia degli uni ed esaltazione degli altri.

E quando ci si sente minacciati in casa la faccenda si fa ancora più seria. Gli animi si esaltano e, ancora prima della partita il clima si fa teso tra insulti, minacce ed azioni violente come lo strappare e calpestare la bandiera italiana da parte di un gruppo di tifosi mentre gli hooligans, ribelli e violenti si muovono in branco tra birre e scontri scatenando il caos. Lo spirito di solidarietà identitaria, di cameratismo prevale. Lo testimoniano i disordini dei tifosi inglesi nel prima e nel dopo partita.

Ed i vincitori sfilano per le strade di borghi e città. Caroselli di auto e di moto, in un patriottico sventolare di bandiere e canti di vittoria. Disordini anche qui. Ci sono tutti gli elementi della lotta tribale. E’ il trionfo dello spirito di parte, una sorta di affiliazione. Ed è un boato quello che accoglie il ritorno in patria dei calciatori. Gli eroi di oggi. Trionfatori. La sorte, aiutata anche dai mortaretti il cui rumore allontana il male, ha sorriso ancora una volta ad una parte che risulta così vittoriosa.

E come nell’epica, gli eroi di oggi come quelli di ieri, si abbracciano in preda alle emozioni, alle passioni, al turbamento. L’espressione del volto sfigurato dalla tensione di Mancini, il condottiero, alla fine del primo tempo, con quel bruciante 1 a 0 lascia il posto alla commozione e al pianto nell’abbraccio con Vialli, l’amico di una vita, il compagno di lotte, sconfitte e vittorie.

Ed a Firenze, storia e cronaca del gioco del pallone, del Calcio, si incontrano tra piazza Santa Croce e Coverciano. Il calcio a Firenze è proprio di casa. E non da ieri. E lo si gioca in costume. In piazza Santa Croce davanti alla chiesa. Il 24 giugno, per San Giovanni Battista, patrono della Città. In tempo di SARS CoV-2 ci sono variazioni sul tema.

Chiudiamo ricordando che esiste anche il Regolamento del buon tifoso. Per una partecipazione al calcio sentita ma contenuta. Obiettivo tanto nobile quanto disatteso. Perché in contraddizione con ciò che il calcio è. Scontro. Per portare a casa la vittoria.

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