La bibbia dei giochi di una volta

Alfredo Altieri e Alfredo Scanzani pubblicano con Sarnus editore “Giochi a Firenze e in Toscana nel Rinascimento”

Nicola
Nicola Novelli
03 giugno 2020 06:16
La bibbia dei giochi di una volta

Firenze– Il gioco è un’attività più antica dell’uomo, ma la varietà dei giochi può dirci molto della complessità sociale e della ricchezza delle civiltà umane. La Firenze del rinascimento è certo un esempio di come il gusto per i giochi vada a braccetto con il benessere diffuso della popolazione. E per sapere in quale considerazione fossero tenuti i giochi basta passeggiare tra le “statue dei giocatori” nella parte più bassa del giardino di Boboli (dal lato porta Romana). Questa vasta tradizione cittadina è ampiamente documentata da Alfredo Altieri e Alfredo Scanzani nel volume “Giochi a Firenze e in Toscana nel Rinascimento” (pp. 144, euro 12), edito da Sarnus nella serie dei «Toscanoni».

Il principe dei giochi fiorentini è naturalmente il Calcio storico, a cui la città aveva dedicato persino una piazza. Come oggi, il luogo destinato alla sfida veniva delimitato da uno steccato, come teorizzato da un testo di Giovanni de’ Bardi del 1580. All’interno il terreno sabbioso avrebbe ridotto l’effetto degli impatti fisici, che ricordavano molto l’Harpastum, praticato anche dai legionari romani, come forma di esercizio militare. Del resto la scelta di dividere la città in quattro squadre/quartieri e i colori scelti a Firenze richiamano la corsa dei carri, il più popolare dei giochi dell’antica Roma.

E altrettanto popolare era il Calcio fiorentino, visto che è documentato lo giocarono membri della famiglia Medici e persino futuri papi. Senza dimenticare l’importanza degli eventi “calcistici” anche sul piano politico e la loro concomitanza con eventi istituzionali (non solo in città), come visite di dignitari, nozze, sino alla leggendaria partita dell’assedio del 17 febbraio 1530.

Di questa plurisecolare tradizione, rianimata nel 1930, piazza Santa Croce conserva ancora qualche traccia: i marmi tondi della mezzeria dell’antica barriera fissa che circondava il campo e un battipalla in marmo sulla facciata del palazzo Antellesi. Ma il calcio è stato giocato anche la giardino di Boboli, in piazza della Signoria, in piazza del Carmine, allo sferristerio delle Cascine e in via Il Prato, l’originario “Campo di Marte” dell’esercito fiorentino. Anche se i fiorentini non amano ammetterlo, il nostro calcio non è però l’unica versione antica di gioco con il pallone. A Prato, a esempio, si pratica ancora oggi la Palla Grossa, che si differenzia soltanto per le dimensioni ridotte del campo e per il peso della palla.

Il libro di Altieri e Scanzani elenca i giochi “atletici”, ma anche quelli da tavolo come carte, dadi e scacchi, nella loro versione fiorentina, tipo lo sbaraglino, più noto nel mondo come Backgammon. Gli autori, giornalisti esperti di tradizioni popolari, hanno attinto da antiche cronache e vecchi trattati. Così, in questa sorta di bibbia dei giochi antichi si riscoprono capriole e corse, filastrocche e giostre, giochi di mano e vere e proprie zuffe. Metodi che aiutavano i piccoli a diventare grandi, in un mondo in cui l’istruzione non era per tutti, e gli adulti a distrarsi, o sfogare rancori personali.

“Stare insieme e ridere di cuore per un niente”, spiegano Altieri e Scanzani, “riesce soltanto ai piccoli. Essi sono scaltri per natura, furbi, sanno come vivere la bellezza del gioco e della vita. Osserviamoli, ascoltiamoli, rispettiamoli, torniamo a riscoprire con loro gentilezza e allegria, incatenando ai bordi del campo quella malizia degli adulti che da sempre trasforma il gioco in uno sciocco, rovinoso azzardo”.

Le corse “con le cappe a piè”, il “rimpiattino” fanno venire nostalgia dei tempi passati, ma il compendio illustrato di Altieri e Scanzani, ci racconta anche la tradizione di giochi dimenticati come il Civettino, le Pallottole, il Beccaglio o l’Acculatta. Giochi di cui rimane traccia soltanto in qualche antico volume, o stampa d’arte, custodi di rituali perduti, culture sociali per aristocratici, o popolani.

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