Terziario: l’80% delle imprese fiorentine si dichiara spaventato

Dopo otto mesi dal lockdown il sistema regge, ma è allo stremo. Più di un’impresa su due già ora non riesce a far fronte alle scadenze fiscali. E la seconda ondata di contagi e le misure più restrittive prese dal governo gettano ombre ancora pesanti sul futuro di molte aziende e sulla tenuta occupazionale

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
30 ottobre 2020 21:43
Terziario: l’80% delle imprese fiorentine si dichiara spaventato

A settembre 2020 nel terziario fiorentino mancavano all’appello ben 900 imprese rispetto all’anno scorso. Un decremento frutto della fortissima decelerazione dell’apertura di nuove attività. Perché la voglia di fare impresa è la prima ad essere stata sacrificata dall’ondata pandemica che in questi mesi ha travolto anche l’economia. Così, le circa 59 mila imprese di commercio, turismo e servizi della provincia di Firenze attualmente nei registri camerali coincidono con il numero più basso degli ultimi 10 anni per il terziario, abituato ad una crescita costante. È quando emerge dal focus di approfondimento sulle imprese del terziario della provincia di Firenze, realizzato nell’ambito dell’Osservatorio Congiunturale Toscana da Confcommercio Toscana in collaborazione con Format ResearchL’indagine rivela l’estrema preoccupazione degli imprenditori del settore di fronte alla seconda ondata di contagi e alle misure più restrittive prese dal governo per contenerla: se a livello regionale sette su dieci si dichiarano spaventati da un nuovo lockdown, in provincia di Firenze sono otto su dieci.

E per una impresa su 4 equivarrebbe alla chiusura definitiva, con ricadute irreversibili soprattutto su ristorazione e turismo, ma anche commercio non alimentare. Le previsioni per la fine dell’anno sono improntate al pessimismo ed è calata una scure sui timidi segnali di ripresa che si erano avvertiti d’estate. Già ora il 55% delle imprese del terziario della provincia di Firenze si dice in difficoltà nel rispettare le scadenze fiscali.

Un dato che è nettamente più elevato presso gli operatori di ristorazione e ricezione turistica. Molti i segnali di sofferenza anche dal punto di vista della tenuta finanziaria: è cresciuta la quota di imprese che hanno fatto domanda di credito nel periodo compreso tra aprile e settembre (40%). Dopo le difficoltà che hanno caratterizzato i primi mesi, in due casi su tre la risposta degli istituti di credito è stata positiva. La crisi economica, poi, accentua i timori degli imprenditori fiorentini di rimanere vittima della criminalità: il 22% teme l’incedere del fenomeno dell’usura e i tentativi della malavita di impadronirsi delle aziende.

Timori fortemente accentuati dal particolare momento storico e legati all’incertezza degli operatori economici del territorio, specialmente quando questi avvertono un senso di abbandono dal punto di vista del sostegno (e di aiuti concreti) erogati dalle istituzioni.

“Ormai l’abbiamo capito: trattenere il fiato fino a che non sarà finita la pandemia equivale a morire. E i contagi non si combattono con le chiusure ma aumentando le misure di sicurezza e soprattutto la responsabilità personale. Anche perché probabilmente dovremo tutti imparare a convivere con la pandemia, come sostengono molti esperti internazionali, piuttosto che seppellirci vivi”, dichiara il direttore di Confcommercio Toscana Franco Marinoni. “Per questo motivo chiediamo di rivedere le misure restrittive che hanno capito molti settori del terziario e che rischiano di farci perdere non solo imprese e occupazione, ma attività vitali per le nostre città.

Non possiamo risvegliarci dall’incubo Covid tra le macerie di città senza più negozi, bar, ristoranti. Quindi chiediamo più sostegno per le imprese a tutti i livelli istituzionali, dai Comuni alla Regione e al Governo. Ognuno può e deve fare qualcosa, nell’ambito delle proprie competenze”.

A otto mesi dal lockdown, il sistema economico fiorentino continua a resistere: dal 31 marzo al 30 settembre le imprese sono addirittura cresciute: di poco, lo 0,6% globalmente e lo 0,2% l’artigianato. Si tratta però di dati peggiori di quelli registrati dalla media italiana: +0,9% per il totale delle imprese e +0,7% per quelle artigianali. Le nuove iscrizioni al Registro imprese registrano però un peggioramento rispetto alla situazione di un anno fa: da marzo a settembre sono diminuite rispetto allo stesso periodo del 2019 del 6.5% e del 14% per l’artigianato.

Un’economia in forte sofferenza che non è sostenuta come meriterebbe. Le imprese, e con esse i cittadini, non possono passare da un provvedimento d’urgenza al successivo. L’incertezza, già poco comprensibile a marzo, genera paura e, quando perdura, rabbia. Lo stiamo vedendo sempre più con la crescita dei disordini sociali. La politica deve programmare, agire, non reagire. Le imprese hanno bisogno di orizzonti temporali più ampi, di una programmazione almeno semestrale, non di annunci da domenica sera validi dal lunedì successivo.

Eppure anche gli ultimi decreti sono solo pezze, per altro mal messe” commenta Giacomo Cioni, presidente di CNA Firenze Metropolitana. “Consideriamo il decreto Ristori – prosegue Cioni Le categorie beneficiarie sono scelte con una logica da burocrate che ha una scarsa conoscenza del sistema economico. Esistono intere filiere che lavorano esclusivamente per ristoranti, bar e fiere incomprensibilmente escluse dal decreto.

Lavanderie che lavorano solo con ristoranti, impiantisti e imprese di pulizie che lavorano solo per gli enti fieristici, tutto il comparto della comunicazione web specializzata, per fare qualche esempio. Quel che occorre è uscire dalla logica dei codici Ateco e concedere contributi a fondo perduto per tutti, in base alla diminuzione di fatturato”. Altro capitolo, le tasse che CNA chiede per cassa e con pagamento da sospendere fino alla fine del 2021.

“Questo non significa non pagare il pregresso, ma è una verifica da fare a fine dell’anno prossimo” specifica Cioni. La partita Cassa integrazione: “per l’artigianato, siamo punto e a capo. Stiamo ancora aspettando quella di luglio, agosto, settembre e fra poche ore anche ottobre. Il governo deve versare immediatamente quanto dovuto per il pagamento nelle casse di Ebret.

Noi imprenditori abbiamo già difficoltà nel pagare la quota di stipendio di nostra competenza: non siamo ormai più in grado di anticipare anche la Cassa integrazione”.

Conflavoro Pmi Firenze esprime massima vicinanza al mondo dei ristoratori, nuovamente colpito dalle restrizioni piombate dopo una stagione turistica da dimenticare per l’economia cittadina. “Un pensiero particolare – sottolinea il vicepresidente dell’associazione, Alessandro Caprarella – va all’Associazione dei Ristoratori Toscani, ente nato proprio in periodo Covid nel pregevole intento solidale di sostegno reciproco. Sta presentando iniziative lodevoli per efficacia e, nondimeno, per moderatezza nonostante si viva un periodo in cui la disperazione faciliterebbe il perdere la calma e la lucidità.

Sosteniamo pertanto la loro manifestazione che partirà il 4 novembre da Firenze e tutta la categoria in generale”. Alessandro Caprarella, figlio d’arte del mondo ristorativo, conosce bene l’ambiente: “Vivo il dolore, l’ansia e la preoccupazione dei miei amici ristoratori – commenta – essendo nato e cresciuto in una famiglia da sempre operante in questo settore. Fa male vedere sogni imprenditoriali infrangersi a causa di una crisi sanitaria ed economica devastante.

Le fatiche di una vita spazzate via, la stabilità di migliaia di famiglie compromessa. Firenze è la culla dell’arte e della civiltà, è terribile vederla vuota. E risalta l’assenza di una presa di posizione netta e convincente da parte del governo sul settore ristorativo, special modo per le imprese che vivono i centri storici, per le quali urge un intervento ad hoc”. Conflavoro Firenze, sulla scia dell’associazione nazionale e della federazione Toscana, sta presentando da mesi alle istituzioni centrali e locali proposte di sostegno alla ripartenza, anche al fine di abbattere i costi fissi, quelli che continuano a dover essere pagati nonostante le attività ferme.

“Gli affitti commerciali sono un problema grave – evidenzia Caprarella – e sono numerosissimi i contenziosi tra proprietari e i conduttori degli immobili. Servirebbe maggiore solidarietà tra le parti e non sempre accade. Ma ricordiamoci che la giurisprudenza sta iniziando a pronunciarsi a favore dei conduttori di immobili commerciali la cui attività è stata pressoché annientata dalla pandemia.

Quindi questa solidarietà sarebbe opportuna, oltreché necessaria, onde evitare per l’appunto contenziosi che non portano a nulla se non ad altri oneri”. “In ogni caso – conclude il vicepresidente di Conflavoro Firenze – comprendiamo e sosteniamo le necessità di entrambe le parti e abbiamo difatti presentato al governo nazionale una corposa proposta denominata proprio ‘decreto Affitti’. Sul tema, del resto, è auspicabile un deciso intervento del legislatore volto a introdurre benefici per i proprietari di immobili commerciali che concedono una riduzione del canone di locazione anche per il 2021, dato che, è bene sottolineare, la ripresa dei flussi turistici sarà lenta”.

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