Il business delle agromafie raddoppia in dieci anni

Dal caporalato transnazionale alle “imprese senza terra”, i nuovi fenomeni che minacciano aziende agricole e consumatori

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
20 Maggio 2025 22:23
Il business delle agromafie raddoppia in dieci anni

Dalla falsificazione e sofisticazione dei prodotti alimentari allo sfruttamento transnazionale degli immigrati nei campi con il nuovo fenomeno delle “imprese senza terra”, dal controllo della logistica all’appropriazione di terreni agricoli e fondi pubblici fino all’usura, al furto e al cybercrime: sono gli ambiti - vecchi e nuovi - preferiti dalla criminalità organizza che da tempo ha messo gli occhi – ed i tentacoli - sul settore primario. Un giro d’affari nazionale enorme da 25,2 miliardi di euro. Tra i settori più colpiti ci sono vino e olio, i due prodotti del paniere Made in Tuscany di punta ma anche mangimi e riso.

E’ il quadro delineato dal nuovo Rapporto sui crimini agroalimentari in Italia elaborato da Coldiretti, Eurispes e Fondazione Osservatorio agromafie presentato al Centro Congressi Palazzo Rospigliosi, sede di Coldiretti. “La criminalità organizzata si nutre della fragilità del sistema. L’instabilità finanziaria ed economica delle imprese agricole messe in crisi da una serie di fattori come la scarsa remunerazione, i cambiamenti climatici, le distorsioni lungo la filiera del cibo facilitano gli appetiti delle agromafie: sono elementi che aprono un’autostrada al malaffare. – spiega Letizia Cesani, Presidente Coldiretti Toscana – In Toscana questa fragilità si manifesta in vere e proprie frodi alimentari, il fenomeno del Tuscany Souding, che vale 8 miliardi di euro nel mondo”.

I casi denunciati più eclatanti sono quelli del Chianti tarocco, del sangiovese “Tuscan Moon”, il wine kit per farsi il vino a casa ma anche il salame USA “Toscano” o il “Fennel Pollin Saleme”, la “Palenta” prodotta in Serbia e la “Finocchiono”. Ed ancora “Tuscany Cheddar” australiano ed il “Tania Toscano” ed il Tuscany Olive Oil. Ma a danneggiare gli agricoltori e i consumatori italiani è anche l’italian sounding di casa nostra, quella zona grigia dove, grazie al principio di ultima trasformazione contenuto nell’attuale codice doganale, è consentito spacciare per cibo italiano quello che italiano non è.

Uno scandalo che ha portato oltre 10.000 agricoltori della Coldiretti alle frontiere, dal Brennero ai porti di Civitavecchia, Salerno e Bari, per chiedere un cambio di passo, con una raccolta di firme per una legge popolare che garantisca l’introduzione dell’obbligo dell’indicazione del Paese d’origine in etichetta su tutti i prodotti alimentari in commercio nell’Unione Europea.

Una delle novità fatte emergere dal rapporto di Coldiretti, Eurispes e Fondazione Osservatorio agromafie è la nascita di organizzazioni transnazionali tra Italia e Paesi extra-europei, che agiscono come agenzie informali di intermediazione illecita della manodopera agricola. Indagini recenti hanno rivelato come queste reti, sfruttando anche i decreti flussi, organizzino l’arrivo di lavoratori dal subcontinente indiano (soprattutto India e Bangladesh), in cambio di ingenti somme.

Una volta in Italia, questi lavoratori vengono sfruttati, privi di tutele, e costretti a lavorare per saldare il debito contratto, magari destinati ad altri settori, mentre gli imprenditori agricoli si ritrovano senza manodopera. Un meccanismo che si basa principalmente sul fenomeno delle “imprese senza terra”. Si tratta di realtà che assumono la forma giuridica di cooperative e che si propongono alle aziende agricole come fornitrici di addetti per le varie attività, soprattutto stagionali.

Ai lavoratori viene imposta l’adesione formale alla cooperativa, ma questa non porta in realtà nessun vantaggio. Al contrario, le retribuzioni possono risultare fino al 40 % inferiori rispetto a quanto previsto dai contratti nazionali o provinciali, all’insaputa delle stesse aziende agricole che pagano il servizio direttamente alla cooperativa. Un fenomeno combattuto proprio da Coldiretti in Toscana che con il progetto “Demetra” ha giocato di anticipo contrastando il verificarsi delle condizioni che conducono allo sfruttamento in agricoltura e promuovendo contestualmente condizioni di regolarità lavorativa.

La presentazione del Rapporto è coincisa con l’approvazione del disegno di legge che introduce, su iniziativa del ministro Lollobrigida, nel codice penale un nuovo titolo dedicato ai delitti contro il patrimonio agroalimentare, accogliendo le proposte della cosiddetta “Legge Caselli”. Il ddl introduce importanti misure per tutelare la filiera agroalimentare e i consumatori, con particolare attenzione alla repressione delle frodi. Tra le principali novità, spicca l’introduzione del reato di frode alimentare, che punisce tutte le condotte ingannevoli nella produzione e commercializzazione di alimenti, soprattutto quando danneggiano il consumatore su qualità, quantità o provenienza dei prodotti.

Viene inoltre istituito il reato di commercio di alimenti con segni mendaci, per contrastare false etichettature e indicazioni ingannevoli, e quello di agropirateria, rivolto a chi commette frodi alimentari in modo sistematico e organizzato. Completano il quadro misure più severe per la tutela di Dop e Igp, la possibilità di donare alimenti sequestrati a fini assistenziali e l’introduzione di sanzioni proporzionate al fatturato aziendale, per garantire maggiore equità. 

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