Firenze ricorda la strage di Capaci

L'Ateneo rende omaggio alle vittime della strage di via dei Georgofili ricordando Dario Capolicchio

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
23 maggio 2023 13:43
Firenze ricorda la strage di Capaci

Quest’anno ricorrono il 31° anniversario delle stragi mafiose di Capaci e via D’Amelio a Palermo e il 30° di quelle di Firenze, Roma e Milano. Un biennio sanguinoso che causò la morte di 27 persone, di cui 11 poliziotti, e centinaia di feriti.

"A 31 anni dalla strage di Capaci dedicheremo una piazza al magistrato Francesca Morvillo, morta a neanche 50 anni compiuti insieme al marito Giovanni Falcone e ai tre uomini di scorta in quell’attentato". Lo ha annunciato l'assessora alla cultura della memoria e alla toponomastica Maria Federica Giuliani. Per l'intitolazione è stato scelto il complesso della Manifattura Tabacchi.

"Il Comune di Firenze vuole dedicare a futura memoria questo spazio che prenderà vita in un quartiere nuovo per la città ricordando gli eroi del nostro tempo - ha aggiunto l'assessora Giuliani - una scelta per riaffermare la lotta alla mafia. Il nostro compito è tenere alti gli ideali e i valori di quanti hanno dato la propria vita per la difesa della nostra democrazia dalle mafie".

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L’Università di Firenze si unisce alle commemorazioni. Venerdì 26 maggio l’Ateneo renderà omaggio alla memoria di Dario Capolicchio, lo studente di Architettura vittima dell’attentato mafioso insieme alla famiglia Nencioni.

Nel 2003 fu intitolata a lui l’Aula 1 del plesso didattico di Santa Verdiana: venerdì 26 maggio si svolgerà qui con la rettrice Alessandra Petrucci un gesto di omaggio alla sua memoria (ingresso da largo Annigoni, 5 - ore 13.30).

La rettrice Alessandra Petrucci parteciperà, inoltre, in rappresentanza dell’Ateneo alle manifestazioni previste per la giornata del 27 maggio, alla presenza del Presidente della Repubblica.

Si è svolto questa mattina nella sede dell’accademia dei Georgofili l’incontro “L’attentato in via dei Georgofili e l’impegno contro le mafie”, organizzato in collaborazione con l’Associazione delle Vittime della Strage dei Georgofili ed il Comune di Firenze.

Il Presidente Massimo Vincenzini ha voluto sottolineare come l’Accademia dei Georgofili possa farsi portatrice oltre che della doverosa memoria verso i terribili fatti storici, anche di un insegnamento da dare alle nuove generazioni poiché è riuscita a rinascere da quella tragedia devastante, grazie anche al lavoro dell’allora Presidente Franco Scaramuzzi. I Georgofili hanno saputo reagire di fronte a tanta violenza e rinascere dalle macerie più forti di prima.

Il Vicesindaco Alessia Bettini ha portato il suo personale ricordo di un’altra data importante per l’Italia e per la lotta alla mafia: il 23 maggio 1992, quando lei stava preparando l’esame di diritto penale e il sacrificio di Falcone la motivò ancora di più nei suoi studi, ricordando, come diceva il magistrato, che “Chi tace e piega la testa muore ogni volta che lo fa, chi cammina a testa alta muore una sola volta”. Alessia Bettini ha sottolineato l’importanza della memoria, testimoniata dalle radici dell’Albero della vita, scultura di Andrea Roggi situata in Via dei Georgofili laddove fu posto l’esplosivo il 27 maggio 1993: le radici dell’albero sono la memoria ed è la cultura del non tacere che va trasmessa ai giovani così come la continua richiesta di giustizia e verità.

Bettini ha espresso un commosso ricordo per ognuna delle cinque vittime di via dei Georgofili, in particolare per la piccola poetessa Nadia e per lo studente Dario Capolicchio, al quale è stata intitolata una sala della Biblioteca delle Oblate.

E’ poi intervenuto Daniele Gabbrielli, rappresentante delle vittime, che abitava in via Lambertesca all’epoca dell’attentato. Egli ha innanzi tutto ringraziato le istituzioni, soprattutto l’Accademia dei Georgofili, ricordando come fu vicina alla famiglia delle vittime. Ha ricordato poi l’insostituibile lavoro di Giovanna Maggiani Chelli, presidente dell’Associazione delle Vittime fino alla sua scomparsa nel 2019, la quale ha sacrificato la sua vita nella lotta per la ricerca di verità e giustizia per quella strage.

Valdo Spini, ministro dell’Ambiente nel 1993, ha fatto dono all’Accademia dei Georgofili di un volume che fu realizzato nel decennale della strage ed ha sottolineato come la mafia, colpendo Firenze volesse dimostrare al mondo la sua potenza crudele senza forse immaginare quale fu la risposta del mondo a tanta viltà. Spini ha poi ricordato la sua visita al Giudice Caponnetto, preoccupato e sgomento dopo omicidio Borsellino. Il Governo Ciampi, di cui Valdo Spini faceva parte, si insediò tra strage dei Georgofili e quelle di Milano e Roma, nel pieno della strategia stragista.

Spini ha ricordato che quando Pierluigi Vigna, dopo l’attentato di via dei Georgofili, disse che avrebbero preso i responsabili di quell’orrendo crimine, tutti lo guardarono scettici perché c’erano troppe stragi rimaste impunite. Invece, per questa non è stato così. La magistratura fiorentina si è dimostrata lodevole e, con l’aiuto della Dia, nel 2002 sono state emesse le sentenze per 15 condanne all’ergastolo tra cui quella di Matteo Messina Denaro, ultimo latitante. Spini ha evidenziato che, poiché spesso la gente pensa che la politica sia imbelle o complice di questi attentati, l’obiettivo della mafia era appunto quello di delegittimare il governo ma l’opinione pubblica non cadde nella trappola e dimostrò compattezza civile contro la sovversione della democrazia.

Spini ha concluso con una riflessione: poiché Matteo Messina Denaro è stato catturato dopo tanti anni in cui aveva vissuto sempre nel suo ambiente, alla luce del sole, evidentemente esiste una rete di connivenze che ci invita a vigilare sempre, senza abbassare la guardia contro la mafia. Ha infine espresso un pensiero commosso al ricordo della laurea post mortem che fu conferita a Capolicchio, la cui tesi ormai terminata fu discussa dalla preside della facoltà di Architettura.

Giuseppe Quattrocchi, già procuratore capo della Procura di Firenze, ha innanzi tutto espresso il proprio commosso ricordo di Falcone, della cui presenza tutti i magistrati in servizio e in pensione hanno nostalgia e provano ancora dispiacere per come non fu capito. Ha ricordato poi il fondamentale lavoro del pm Gabriele Chelazzi e di Giovanna Maggiani Chelli che era stimolo quotidiano e critica costante per il lavoro da fare. Citando la definizione di male data da Hannah Arendt nel libro “La banalità del male”, Quattrocchi ha sottolineato come un paese squassato dalla violenza sia stato salvato dalla supremazia delle leggi e delle istituzioni, anche se è rimasto il dolore per la perdita di vite umane.

Tuttavia, ha aggiunto, non deve mai venire meno l’impegno e la vigilanza perché il male si insinua nel tessuto dell’economia e nel territorio come una malattia subdola e contagiosa. Ed è importante sensibilizzare i giovani, per questo motivo lui stesso, da magistrato in pensione, gira nelle scuole per ricordare i fatti e spiegarli ai ragazzi che sono nati dopo.

Infine è intervenuto Nicola Altiero, generale della Guardia di Finanza attualmente nel dipartimento interforze della DIA come vice direttore operativo. Ha introdotto una nota di tipo storico etimologico sulla mafia: il nome Cosa Nostra nasce come our thing in America durante l’operazione FBI chiamata “Pizza connection” che indagava l’esportazione di droga dall’America alla Sicilia. Partecipava a quell’operazione anche il giudice Falcone, il quale ideò la DIA proprio ispirandosi al FBI, come polizia monofunzionale, che nacque nel 1991.

Il lavoro della DIA consiste soprattutto nella raccolta di prove per il processo e la sentenza, quindi porta un contributo indispensabile alla verità. Oggi, ha sottolineato Altiero, siamo distanti dalla mafia stragista, che ha cambiato strategia: si infiltra e si mimetizza nell’economia legale, si avvicina sempre più alle persone comuni e al tessuto sociale, questo ha permesso a Matteo Messina Denaro di essere nascosto pur non essendolo in tutti questi anni. Per vincere la mafia oggi, ha aggiunto, occorre collaborazione internazionale perché la mafia è in tutto il mondo, soprattutto per riciclare i proventi derivanti dall’attività illecita.

Il fenomeno è in continua evoluzione ma si deve cercare di anticipare i fatti di sangue così come dice il “Codice Antimafia” varato nel 2011, che ha messo a sistema tutto il comparto giuridico e normativo per il contrasto alle mafie, compreso la protezione dei testimoni e il sequestro dei beni alla malavita. Sempre più importante è il lavoro fatto per decriptare alcune piattaforme che usano i malavitosi per comunicare e scovare l’utilizzo di cripto valute usate per mascherare i passaggi finanziari per il riciclaggio.

Studiare l’evoluzione continua del fenomeno mafioso serve come approccio preventivo e l’analisi dei dati viene presentata presentato al Ministero dell’interno ogni sei mesi. Altiero ha concluso augurando a se stesso e a tutti coloro che lavorano per la Giustizia di riuscire a dare il più possibile le risposte che merita il popolo italiano.

“Giovanni Falcone è il simbolo di un’Italia che non si è piegata ai ricatti dei mafiosi” Si è espresso così poco fa Angelo-Victor Caruso, coordinatore di Forza Italia a Campi che insieme ad una delegazione del partito, l’ex candidato sindaco Paolo Gandola e Antonio Tarantino per Impegno Vero si sono recati in via Falcone Borsellino a Campi Bisenzio per commemorare le vittime delle stragi mafiose di Capaci e via D’Amelio ricorrendo oggi 31° anniversario della strage di Capaci dove morirono in un attentato il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e tre agenti della scorta: Rocco Dicillo, Antonio Montinaro e Vito Schifani.

“Noi tutti – ha commentato ancora Caruso – non dimenticheremo mai Giovanni Falcone, magistrato ed eroico servitore dello Stato, caduto per difendere la legge, affermare la giustizia e preservare la civile convivenza. Per questo anche quest’anno abbiamo sentito il dovere di morale di recarci in via Falcone e Borsellino per onorare due eccellenti ed integerrimi servitori dello Stato, nonché persone di elevatissimo profilo morale, culturale, etico e professionale, che della legalità avevano fatto il proprio “credo laico”, e che furono barbaramente assassinati”.

“Le immagini dell'attentato di Capaci resteranno per sempre impresse nei nostri occhi - ha poi aggiunto Gandola - quel tragico attentato cambiò il volto dell’Italia. La nostra democrazia, davanti a quella ferocia, rispose con lo Stato di diritto: il nostro compito, innanzitutto da esponenti politici quali siamo e poi da cittadini, è riaffermare sempre quella risposta, ogni giorno, anche nel nostro territorio. Un territorio nel quale vi sono due immobili confiscati alla mafia e che dunque, purtroppo, non può dirsi estraneo a certi fenomeni.

Per questo siamo e rimarremo sempre a fianco di chi combatte questa piaga sociale che inquina il nostro Paese e crediamo opportuno che la politica rimetta davvero al centro la lotta alla mafia, anche e soprattutto in Toscana, dove la criminalità organizzata dilaga”. "Per la tutela della legalità nel nostro territorio - ha poi concluso Tarantino - ognuno di noi è chiamato a fare la propria parte, dall’amministrazione alla politica, dalla stampa ai cittadino oltre alle forze dell’ordine e agli organi giudiziari.

Per noi la memoria non può mai essere disgiunta dalla ricerca della verità”. 

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