FIRENZE- Ci sono diversi aspetti esilaranti nella polemica scoppiata dopo ferragosto sul nuovo coperchio bianco-nero che sovrasta il complesso immobiliare di Corso Italia, che prima ospitava il Teatro Comunale.
A partire dal fatto che a lanciare l’allarme sia stato un post su Facebook di Marcello Mancini, ex direttore della Nazione. Senza nulla togliere a un cronista di razza qual’è Mancini, fa specie che ad ergersi a difensore dell’interesse collettivo nella roccaforte rossa debba essere un collaboratore del giornale di Maurizio Belpietro. E i paladini del bene pubblico? I partigiani del bene comune fiorentino dov’erano? Ad esempio quelli che abitano proprio lì intorno.
Dove sono oggi i fondatori del comitato contro la pedonalizzazione delle strade circostanti il consolato americano? E quelli che interruppero al grido “via i fascisti da Firenze!” un’indimenticabile conferenza stampa improvvisata in Corso Italia da un deputato dell’opposizione, che qualche anno fa provava ad accedere un riflettore sugli opachi passaggi di proprietà del fabbricato? I dirimpettai dell’ex teatro tacciono ora, che si ritrovano un complesso da più di 100 appartamenti di lusso ad affitto breve davanti a casa?
E che dire dell’intellighenzia d’Oltrarno? Dei pensionati Inpdap che da decenni impediscono la realizzazione di un parcheggio sotterraneo in piazza Cestello? Pressappoco il punto da dove Macello Mancini ha scattato la foto che ha fatto scoppiare il putiferio. Non dimenticando l’”intellettuale senza errore”, a parte la consonante mancante nel nome, che giù di lì abita: il suo occhio critico negli ultimi mesi era in ferie? Oppure l’”emittente comunitaria” che trova sede poco lontano e ora si affretta a intervistare lo stesso Mancini? Visto nulla prima? Detto nulla?
Esilaranti sono anche gli esperti intervistati, che si affrettano a giustificare l’ennesimo obrobrio paesaggistico con la divergenza tra i rendering digitali e la realtà architettonica. Sarebbe come se un medico dopo aver svolto tutti gli accertamenti diagnostici più moderni, tac, ecografie ed rx, interrompesse l’intervento chirurgico perché “l’interno dell’addome è diverso da quello che si era immaginato”? E in che consistono allora perizia e responsabilità professionali di un architetto, o di un ingegnere?
L’ultima tragicommedia la interpreta la politica fiorentina, che a forza di rincalzare con seconde linee si è ridotta al lumicino. Francamente il gruppo di maggioranza in Consiglio comunale è infarcito di giovani dagli studi scarsi e dal cursus politico talmente modesto, che a taluni di loro, un tempo, non sarebbe stato permesso nemmeno di prendere la parola all’assemblea di un circolo del Pci.
Ma anche i consiglieri di destra non saranno in grado di sfruttare l’occasione per dare una spallata al blocco di potere. E perché mai dovrebbero fare vera opposizione, visto che la sinistra governa così bene Firenze?
Dalla fine degli anni ‘90 infatti, salvo la breve parentesi di Matteo Renzi, Palazzo Vecchio è guidato dai nipotini di Massimo D’Alema, lo stalinista in salsa pugliese, il maestro del comandare sventolando bandiere ideologiche per rassicurare un elettorato bue, patteggiando poi indisturbati con il capitalismo senza scrupoli.
Per fare opposizione basterebbe rammentarsi di come è cominciato il cambio di destinazione d’uso dell’isolato di corso Italia. Chi ha voluto il trasferimento del teatro alle Cascine? Chi ha lasciato che un edificio pubblico (non a caso si chiamava “comunale”) venisse trasferito ai privati? Chi ha intermediato il passaggio di proprietà, sostituendosi nella fase chiave alla Cassa depositi e prestiti per ricavarne ingente lucro?
Tutte domande a cui nessuno ha davvero voglia di dare una risposta, in una città ormai assopita dai social network, buoni per lanciare un allarme, ma non a sviluppare un reale dibattito. Verità e memoria sono pilastri della democrazia, se qualcuno avesse interesse a esercitarla.
Dunque tranquilli, anche le prossime elezioni regionali non porteranno nulla di nuovo. Non corre alcun rischio il sistema di potere che governa la Toscana ininterrottamente, da quando l’ente regionale prese in affitto di palazzoni prefabbricati in via di Novoli. Come si direbbe in termini bellici: se non prendi Firenze non prendi la Città Metropolitana e se non prendi la Città Metropolitana non prendi neanche la Regione.
Eppure un bel ribaltone ci farebbe bene. Roba che nei paesi civili si chiama alternanza? Avete presente? Da Tomaso a Tomasi… eh, eh.