Dèi romani che riemergono dalle acque calde di San Casciano dei Bagni

Arte e cittadinanza, una lezione dal Senese: “Incentiviamo la vicinanza del cittadino alla cultura!”

Girolamo
Girolamo Dell'Olio
31 marzo 2021 17:35
Dèi romani che riemergono dalle acque calde di San Casciano dei Bagni
Emanuele Mariotti, direttore di scavo, e Jacopo Tabolli, funzionario archeologo

Passione. Competenza. Consapevolezza. Siamo a Siena, nella “Sala dell’Aurora” della Provincia. Ma si parla di dèi (Fortuna, Iside e Igea) che riemergono dal fango caldo (42°) di San Casciano dei Bagni, in quell’ampia fascia del Senese che nel termalismo ha uno dei valori identitari più importanti, come ha ricordato la giovane e colta sindaca Agnese Carletti. E un dio non si fa trovare per caso!

A raccontare con parole e immagini un’esperienza corale di indagine, conoscenza e promozione delle risorse di un territorio cerniera fra storie, tradizioni e identità, la sindaca – appassionata, giovane e colta – di San Casciano dei Bagni, il soprintendente storico dell’arte per le province di Siena Grosseto e Arezzo, il funzionario archeologo, il direttore di scavo.

Seguiamone l’itinerario.

Intorno a vasche fumanti che sul fondo nascondono strutture medievali, e forse anche più antiche, tornano alla luce lo scorso agosto le tracce dell’ingresso monumentale di un santuario romano. Abbandonato sulla soglia, un altare in travertino. L’iscrizione “sacro ad Apollo” indica la divinità tutelare del santuario.

Di qui la spinta a proseguire, nonostante le difficoltà di uno scavo immersi nell’acqua calda, e con le ristrettezze imposte dal protocollo di contrasto della pandemia del COVID-19. Ecco comparire le vestigia di un santuario intatto, il cui carattere sacro è suggellato da altari dedicati a Fortuna Primigenia, a Iside e ad Apollo, con una statua in marmo raffigurante Igea. “I giovani archeologi, studenti provenienti da diverse università italiane e internazionali, da Siena, Pisa, Firenze, Roma La Sapienza, Sassari, Dublino e Cipro, l’hanno toccata prima ancora di veder emergere con chiarezza dal fango caldo!”.

Il racconto rivela l’emozione di un’esperienza di scoperta palpabilmente condivisa. Dentro, ci sono anche i cittadini, i ‘non addetti ai lavori’, che sempre più - sottolinea con soddisfazione il soprintendente Andrea Muzzi - mostrano interesse e vicinanza all’opera d’arte. Quella “squadra fra istituzioni e cittadini” al cui valore piace alla sindaca dare l’opportuno risalto.

Un clima culturale sano, che contagia, quello che si respira assistendo alla presentazione.

“Qui si è fatto largo uso delle più moderne ed efficaci tecnologie di remote sensing, come la geofisica di ultima generazione e sensori speciali montati su drone”, spiega il direttore di scavo Emanuele Mariotti. Ovvero, quella branca propedeutica della ricerca che può definirsi ‘archeologia senza scavo’, per un’indagine non invasiva del terreno. Poi, individuata l’area, attigua alle vasche moderne, “lo scavo è stato anche l’occasione per una intensa attività formativa volta a studenti e specializzandi, mirata non solo alle tecniche di indagine del terreno, ma anche alla documentazione delle evidenze archeologiche, primo passo per una successiva valorizzazione e conservazione”.

Ma dalla campagna di scavo è già scaturito anche un libro, Il Santuario Ritrovato. Nuovi Scavi e Ricerche al Bagno Grande di San Casciano dei Bagni, pubblicato da “sillabe” (272 pp.), a cura di Emanuele Mariotti e di Jacopo Tabolli. Il volume, in italiano e con capitoli in inglese, raccoglie gli studi di più di trenta autori sui risultati dello scavo al Bagno Grande. “Pubblicare integralmente uno scavo a meno di sei mesi dalla sua conclusione – commenta il Funzionario Archeologo Jacopo Tabolli - è un’impresa piuttosto rara. Ha animato questo progetto la voglia di condividere con la comunità scientifica, con i colleghi preposti alla tutela e alla valorizzazione e con il pubblico interessato all’archeologia i primi risultati di uno scavo che siamo certi anche nei prossimi anni restituirà tracce importanti del paesaggio religioso romano del territorio”.

In sintesi, “una ricchezza che abbiamo e che non dobbiamo importare…”: chiosa il Soprintendente.

Ma lasciamo parlare direttamente i protagonisti: la pandemia ci priva dell’intensità della relazione fisica. Ma il surrogato multimediale, di cui sempre più spesso ci avvaliamo, estende quanto meno il raggio di azione di eventi che, come questo, hanno molto da insegnare.

E infatti, prima della conclusione, non abbiamo rinunciato a porre comunque al Soprintendente, al vertice dell’operazione culturale in corso a San Casciano dei Bagni, un paio di domande che rimandano ad criticità, generali e locali, della fase attuale.

“In che modo, e su quale tipo di programmi, la sua Soprintendenza sta operando, o come suggerirebbe di operare, affinché si possa attingere in maniera sensata e corretta al cosiddetto Piano nazionale di ripresa e resilienza, che rischia di allocare enormi risorse a disposizione di chissà quale Next Generation? Mentre invece quello degli investimenti nel settore dei beni culturali, visto anche l’interesse che c’è presso i giovani, come i vostri stessi operatori, sarebbe veramente un territorio da esplorare e valorizzare…”.

“Pochi giorni fa”, risponde il dott. Muzzi, “insieme al Comitato internazionale di storici dell’arte, abbiamo trasmesso un documento al governo sul Recovery Plan: quello che si può fare e quello che noi consigliamo. A nostro avviso bisogna dare risalto alle attività, quelle archeologiche nel nostro caso, ma più in generale nel campo storico-artistico, perché il nostro territorio vi è profondamente legato, e soltanto delle figure professionali che hanno competenza e capacità, quando sono investite di un ruolo all’interno delle varie attività, possono contribuire, come oggi noi abbiamo discusso e descritto, a ritrovare le cose nel campo dell’archeologia, oppure a curarle, a conservarle.

Ad esempio, il restauro, lo posso dire senza nessun nazionalismo, è un’eccellenza italiana, che riguarda la cultura ma – come in tante altre cose – riguarda l’economia, riguarda la vita quotidiana. Tante persone ci lavorano e ottengono risultati eccezionali. Questo non deve essere dimenticato. Si tratta di figure che non vivono in un mondo astratto di studi. Vivono in un mondo che è quello della porta accanto, del monumento accanto, dell’opera d’arte che ci troviamo nel paese, nel territorio, nella città”.

Una seconda domanda ha a che fare con un tema che sta scuotendo l’opinione pubblica a Firenze in questi mesi: riguarda una previsione di piano regolatore che rischia di intaccare un’area molto delicata da un punto di vista idrogeologico, e anche importante perché contiene probabilmente un supplemento di giacimento archeologico in prossimità della chiesa di Santa Felicita in Oltrarno. “Qui con qualche leggerezza – proponiamo - la Soprintendenza locale ha ammesso che si proceda in questo tipo di pianificazione senza, per esempio, permettere una valutazione ambientale strategica, che avrebbe consentito ai cittadini di intervenire.

Su questo c’è molta polemica: i cittadini, e il mondo della cultura e dell’arte, si sentono esclusi da un processo che sfugge alla conoscenza e all’analisi collettiva, all’analisi di comunità. Perché non basta che ci siano i supertecnici: è importante che questi beni appunto vengano riconosciuti come propri, come identitari. Quale suggerimento darebbe a una comunità di ‘cittadini semplici’, non titolati altro che ad essere affezionati alla memoria dei propri luoghi, per poter efficacemente intervenire in condizioni di questo genere?”.

“Che cosa può fare il cittadino comune?”, replica il Soprintendente. “Innanzitutto credo che in Italia, specie nella nostra regione, il cittadino è molto vicino all’opera d’arte, all’archeologia, per un motivo o per l’altro. I ritrovamenti che siamo riusciti a portare avanti in questi anni hanno suscitato un grandissimo interesse, proprio del pubblico, con persone che intervengono nei social e che chiedono informazioni. Secondo me la strada da perseguire è quella di aumentare sempre di più la vicinanza del comune cittadino al mondo della cultura: un mondo che è un qualcosa che riguarda tutto quello che abbiamo detto, dall’ economia alle qualità della vita”.

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