Covid parola femminile: la battaglia persa della Crusca

Marazzini, presidente dell'Accademia linguistica: "La parola indica la malattia, non il virus. Mi sono speso invano..."

Antonio
Antonio Patruno
13 settembre 2021 11:39
Covid parola femminile: la battaglia persa della Crusca

La parola Covid è maschile o femminile? Comunemente viene usato al maschile ma in realtà la parola sarebbe femminile: "Covid - spiega il professor Claudio Marazzini, presidente dell'Accademia della Crusca - è un acronimo dei termini Corona Virus e dell'inglese Disease cioè malattia da Coronavirus e quindi in italiano non si dovrebbe dire il Covid ma la Covid. Covid non è il virus ma la malattia. Io - prosegue il presidente della massima istituzione linguistica italiana - mi sono speso fin dall'inizio per questa soluzione ma ha prevalso la forma maschile. La lingua va con la maggioranza. In Francia - spiega ancora Marazzini - la prestigiosa Académie française ha spinto molto per l'utilizzo del femminile". 

La questione è stata sottolineata stamani nel corso di un incontro di aggiornamento professionale ma da tempo trova spazio, ampio, nel sito istituzionale della Crusca dove leggiamo tra l'altro:

"... Come risulta ormai noto ai più (ma non sarà forse inutile ripeterlo), la forma COVID-19 è l’acronimo dell’inglese COronaVIrus Disease 19, ossia ‘malattia da coronavirus (del) 2019’ (con riferimento all’anno di identificazione del nuovo virus) ed è la denominazione ufficiale che l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha attribuito, l’11 febbraio 2020, alla malattia respiratoria infettiva che ha colpito diversi paesi del mondo tra la fine del 2019 e il 2020.

Come chiarito dal direttore generale dell’OMS, Tedros Adhanom Ghebreyesus, il nome è stato scelto seguendo le linee guida internazionali per la denominazione delle malattie, secondo le quali i nomi coniati devono essere pronunciabili, legati alla malattia e non devono contenere riferimenti a nomi di luogo, di persona, di gruppi di persone o di animali, in modo da evitare stigmi e discriminazioni.

Approfondimenti

Nella lingua corrente la forma COVID-19 (anche nella variante ridotta COVID) pare ormai essersi decisamente affermata al maschile e anche un rapido controllo numerico delle sue occorrenze nelle pagine italiane di Google (condotto l’8/6/2020) ci conferma la schiacciante prevalenza dell’uso maschile su quello femminile, con ben 16.500.000 risultati della stringa di ricerca “il covid-19” contro i soli 318.000 di “la covid-19” (a cui vanno sommati, per la variante ridotta “il /la covid”, i 14.900.000 risultati del maschile contro i 540.000 del femminile). Cerchiamo quindi di ricostruire le ragioni che hanno condotto a questo mancato allineamento del sostantivo al genere grammaticale che si sarebbe dovuto affermare sulla base dei principi appena esposti.

In base al principio di assegnazione del genere basato sull’associazione con il genere del traducente, il nostro acronimo, la cui testa è rappresentata dal sostantivo inglese disease, letteralmente ‘malattia’, dovrebbe essere in italiano di genere femminile (e dunque “la COVID-19” e non “il COVID-19”), per analogia con i possibili traducenti malattia, infezione, patologia, o sindrome (sono invece da escludere eventuali associazioni con i sostantivi maschili morbo o disagio, in quanto traducenti meno precisi della voce inglese).

Ma da tale principio “difficilmente si possono estrarre regole di applicazione categorica” (Thornton 2003a; cfr. anche Thornton 2003b). Può quindi capitare che alcuni prestiti si affermino in italiano con un genere differente da quello che ci si sarebbe potuti aspettare, come nel caso di party (segnalato già da Klajn 1972 tra i cosiddetti “femminili mancati”), che in italiano è maschile nonostante il suo traducente più immediato, festa, sia invece femminile; o che altri prestiti oscillino nell’uso tra maschile e femminile a causa dell’esistenza di più di un possibile traducente, come e-mail (che può trovare un corrispettivo italiano tanto in sostantivi femminili come posta e corrispondenza, quanto in forme maschili come messaggio).

Incertezze e oscillazioni sono poi ancora più frequenti nel caso di sigle e acronimi, a causa della natura non sempre trasparente della composizione, di cui spesso non viene chiaramente riconosciuta e identificata la testa: l’acronimo AIDS (dall’inglese Acquired Immuno-Deficiency Syndrome ‘sindrome da immunodeficienza acquisita), per esempio, prima di affermarsi nel genere maschile con il quale è oggi più comunemente impiegato, ha a lungo oscillato nell’uso tra maschile e femminile, sebbene il referente principale della sigla, sindrome, sia in italiano di genere femminile.

Come ipotizzato da Augusto Fonseca, che ha analizzato le oscillazioni di genere del sostantivo nella stampa italiana degli anni ’80 e ’90, è plausibile che al trattamento della sigla come termine maschile abbia contribuito la confusione tra il nome della malattia (AIDS) e il nome del virus, che è invece HIV (ossia Human Immunodeficiency Virus ‘virus dell’immunodeficienza umana’) e che è in italiano di genere maschile in quanto maschile è anche il sostantivo virus che ne costituisce la testa".

Insomma Covid è femminile ma l'uso del termine al maschile appare tutto sommato accettabile (anche se non corretto) . 

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