Contante contro Pos: meglio la moneta sonante, o l'euro digitale?

Sorani (Confartigianato): "Da pagamenti elettronici non si torna". Giudici (Uritaxi): “Eliminare le commissioni"

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
08 dicembre 2022 18:25
Contante contro Pos: meglio la moneta sonante, o l'euro digitale?

Il nodo può essere sciolto in primis azzerando le commissioni fino ad un importo ragionevole e abbassando i costi percentuali. Inoltre si potrebbe optare per l’euro digitale a fianco del contante.

Il passaggio ai pagamenti elettronici è determinante per la digitalizzazione. "Dal pagamento digitale non si torna indietro, anche perché il cliente è cambiato e sarebbe il primo a bocciare questa modifica. Le nostre pmi e i nostri artigiani hanno investito per adeguarsi agli standard internazionali, con buoni ritorni, vincendo le comprensibili difficoltà iniziali. A che pro tornare indietro?". Ad affermarlo Alessandro Sorani, Presidente di Confartigianato Firenze, che negli anni ha puntato sulla digitalizzazione, sensibilizzando sull'opportunità dei pagamenti elettronici.

"Non dimentichiamo – prosegue Sorani – che è stato introdotto l'obbligo del pos: sarebbe una beffa tornare indietro dopo essersi dovuti adeguare ma voglio essere ancor più chiaro: in questo momento la soglia del pos è veramente l'ultimo problema dei nostri artigiani. Se poi si vuole intervenire sul costo delle commissioni, invece, c'è massima apertura". "Le risposte che attendiamo – conclude Sorani – sono sui temi veri, come quello dell'energia o del costo del lavoro".

“La questione pos sollevata dal Governo ha il grande merito di sollevare un aspetto di giustizia economica su cui troppi, per interesse o cinica indifferenza, tacciono: si tratta di fatto di una tassa sul lavoro di cui beneficia un privato, banche e finanza in generale. Il piccolo, cioè l’esercente, deve pagare al grande, cioè alle banche, quello stesso servizio pos che invece lui non può far pagare al consumatore. Se non è ingiusto questo!”, è quanto afferma Claudio Giudici, tassista fiorentino, presidente nazionale Uritaxi, a proposito della polemica sui pagamenti Pos rifiutati dai tassisti.

“Se si rende obbligatorio un servizio – prosegue - è ingiusto che ci sia qualcuno che ne benefici a discapito di qualcun altro. Che si sia sollevato questo polverone è naturale: si tratta di un giro d’affari di miliardi di euro per il sistema bancario. E in termini di fondamenti di politica economica, la questione è strategica per le grandi élite: abituare i cittadini ad una moneta privata a pagamento, invece che alla moneta pubblica gratuita”. “D’altra parte tutti, da Apple a Amazon, da Facebook a Google – sottolinea Giudici – hanno creato da tempo la loro moneta privata.

Una cittadinanza globale matura dovrebbe interrogarsi, e molto, su questo”.

“Tuttavia per il servizio taxi la questione è di lana caprina, in quanto nelle grandi città italiane il 65% della clientela è rappresentato da clientela business, che necessita di pagare con strumenti elettronici, e nessuna compagnia di taxi potrà permettersi di perdere questa clientela a favore di altre realtà. Ma è questione di lana caprina anche relativamente alla restante parte della clientela, poiché la prestazione lavorativa del tassista, così come quella di un ristoratore, è un’obbligazione di fare e non di dare.

Una volta che è espletata, o il tassista accetta il pagamento con la carta elettronica, oppure, trattandosi quasi sempre di piccoli importi, non troverà convenienza a trasportare il cliente alla ricerca di uno sportello automatico”, evidenzia il presidente Uritaxi, che conclude: “Per noi comunque la soluzione sta nella eliminazione delle commissioni, tanto più per un servizio a tariffa amministrata come il taxi, che non ha la possibilità di riversare, come nei settori a prezzo libero, il costo sul consumatore finale”.

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