FIRENZE- Anche nel 2021 è tra i vini più venduti al mondo. Il Chianti Classico si conferma in crescita a doppia cifra in volume e valore. Perché il mercato del vino a denominazione d’origine, nonostante, oppure proprio grazie alla pandemia, ha visto crescere la domanda e il prezzo medio. E’ in questa serena certezza che si è conclusa oggi alla stazione Leopolda di Firenze la 29^ edizione della Chianti Classico Collection.
Leitmotiv delle giornate fiorentine di degustazione il territorio del Chianti Classico e la sua suddivisione in unità geografiche, il nuovo percorso che la denominazione ha deciso di intraprendere per valorizzazione le caratteristiche distintive di questo vino prestigioso ovunque.
Approfondimenti
All’interno della Leopolda oggi abbiamo incontrato Giovanni Folonari, presidente della storica casa vinicola, per analizzare le prospettive del mercato.
Intanto, com’è l’annata 2021?
“Non male -risponde Giovanni Folonari- a differenza di annate difficili come il 2014 e il 2017, abbiamo avuto una stagione calda, ma bagnata. I danni però sono arrivati ugualmente dalle gelate di Pasqua 2021 che hanno ridotto la produzione, in alcune fattorie in maniera notevole. Quei venti freddi che spirarono in alcune notti primaverili sono impossibili da mitigare, nelle valli, o sulle colline”.
Corriamo questo rischio anche nel 2022?
“Sinora la stagione è stata clemente. Abbiamo ritardato la potatura per rallentare lo sviluppo delle piante, in modo da farle trovare meno esposte al gelo. Ma il problema di quest’anno potrebbe essere provocato dalla siccità, che nei mesi invernali è stata da record. Le nostre tenute sono attrezzate per fronteggiare l’arsura con pozzi e laghetti, ma noi speriamo di non dovervi far ricorso”.
Per questo assisteremo ad un’ulteriore crescita delle gradazioni alcooliche?
“Non crediate che la gradazione sia stata aumentata solo dai cambiamenti climatici. Anche le moderne tecniche di gestione dei vigneti, il controllo delle quantità prodotte, la macerazione delle bucce hanno determinato una concentrazione dei fattori vinicoli. Se ripenso che quando ero ragazzo, negli anni ’80 i produttori facevano ancora ricorso al mosto concentrato…”.
La riduzione delle quantità prodotte vi ha creato problemi commerciali?
“Diciamo che ha peggiorato il rapporto tra costi fissi di gestione e quantità prodotte. Mi riferisco a voci come manodopera, concimi e altri materiali che hanno provocato un aumento del costo industriale del nostro vino, che comunque sul mercato si confronta inevitabilmente con i vini non Dogc. Tuttavia, devo dire che in generale assistiamo a una ripresa di vini a denominazione di origine, tanto più se possono esibire una caratterizzazione distintiva”.
Eppure il Consorzio Vino Chianti Classico ha deciso di lanciare una nuova suddivisione del territorio di produzione. I consumatori saranno in grado di apprezzarne le varie sfumature organolettiche?
“Quel che abbiamo notato negli ultimi anni anche in Europa, nel mercato tedesco in particolare, è che i nostri vini facevano fatica a distinguersi nel grande mare del Chianti, in particolare verso i più giovani segmenti di consumo. La speranza è che con le nuove Sottozone del Chianti Classico, lunghi dal confondere l’acquirente, riusciremo a proporgli con maggiore evidenza le specificità qualitative che caratterizzano i territori”.
Sembra paradossale che si debba sostenere l’immagine di una delle più antiche denominazioni...
“Ma non è così, se la confronta ad altri luoghi di produzione altrettanto celebri, ma con una più spiccata caratterizzazione. Pensi a Montalcino, o a Bolgheri, aree in cui Folonari è presente da tempo. A Montalcino, basta la parola per sapere cosa si beve. E a Bolgheri persino lo sviluppo di nuove aziende intorno ai fondatori della denominazione, ha consentito di rende ancora più alla moda un vino che attira molto anche i giovani con il suo gusto morbido e marino. In entrambe i casi scontiamo una penuria di quantità che il mercato è disposto a pagare ben sopra la media delle altre denominazioni”.
Che prospettive vede per l’export e l’enoturismo, tra guerra e pandemia?
“Il turismo è fondamentale per le nostre aziende per veicolare il nostro brand a un pubblico di fascia alta. Una scelta, quella della qualità ricettiva, che noi avevamo abbracciato da tempo, ad esempio a borgo del Cabreo. I nostri clienti sono disposti a spendere € 250,00 a notte pur di godere di un’accoglienza speciale in un luogo affascinante. E sicuro, proprio in conseguenza delle pandemia, rispetto alle città affollate. E’ dal 2020 che registriamo l’occupazione delle camere tra il 90% e il 100%, ogni qualvolta le norme ce lo hanno consentito. E’ un pubblico nazionale, s’intende, ma sufficiente per decretare il tutto esaurito nelle nostre strutture”.
Quali prospettive a seguito delle sanzioni alla Russia?
“Folonari esportava poco verso est. Il nostro mercato è per il 50% l’Italia, mentre il secondo sono gli Usa. Siamo molto ottimisti per il futuro. E riteniamo essenziale continuare a investire sul territorio”.