FIRENZE- Avete presente l’espressione “a babbo morto”? E’ tornata di moda, ma spesso viene usata a sproposito, cioè per significare una cosa fatta un po’ a caso, anziché -com'è corretto- per definire qualcosa che potrebbe avvenire, ma a condizione di circostanze indeterminabili. Chi ama le tradizioni fiorentine ha fastidio ad ascoltare un simile spreco di cultura popolare. Sarà stato per alleviare questo disagio che Alfredo Scanzani e Marta Questa hanno deciso di pubblicare “Fiorentin mangiafagioli, personaggi e luoghi nei detti e nei proverbi toscani” (Sarnus 2025).
Il libro, presentato nelle scorse settimane a Firenze, si propone esattamente come un’antologia esaustiva dei detti fiorentini e non solo, fondata su una ricca bibliografia, da cui i due autori attingono una selezione ragionata delle espressioni tipiche dei nostri territori. Gli autori, il giornalista Alfredo Scanzani e l’ex insegnante Marta Questa, avevano già realizzato insieme il libro “Chi era la Beatrice di Dante?” (Sribo, 2021). Stavolta tornano a collaborare per un volume agile e ponderoso allo stesso tempo (pp. 272, corredato da illustrazioni storiche, € 20,00) e con lo stesso affiatamento realizzano una sorta di raccolta enciclopedica della cultura popolare immateriale.
I proverbi sono geolocalizzati e ordinati per capitoli dedicati: su Firenze, sul Chianti, su Empoli, sul Mugello e sulla Valdisieve, su Prato e sull’Arno. In appendice una speciale rilettura di "Maledetti toscani" di Curzio Malaparte con un florilegio di espressioni tipiche usate dallo scrittore pratese. Per ogni modo di dire, più, o meno celebre, il libro offre una spiegazione dettagliata relativa ai termini usati e al contesto storico in cui presumibilmente si è diffuso.
Il risultato è sorprendente: anche le espressioni più scontate, o triviali trovano nel libro un’origine e una giustificazione. Persino modi di dire che paiono solo alternativi a scurrilità, come “lontano? Era a Monculi” possono offrire l’erudita occasione per riscoprire un aneddoto, o un frammento di storia dimenticata. Lo sapevate infatti che l’espressione popolare prende forse origine dal forte di Moncullo, uno dei primi presidi dei colonizzatori italiani nell’entroterra eritreo, alle spalle del porto di Massaua?