Bambini e adolescenti a casa, Paolo Sarti: "Pensiamo ad una fase 2 anche per loro"

"Così come giustamente si sta pensando ad evitare un tracollo dell’economia, allo stesso modo dobbiamo trovare una via di mezzo tra la clausura totale di piccoli e giovani e il mandarli a scuola senza sicurezza"

Marco
Marco Bazzichi
15 aprile 2020 12:11
Bambini e adolescenti a casa, Paolo Sarti:

“I miei bambini si sono adattati”. Una frase che si sente, o si legge sempre più spesso sui social, ma che rischia di archiviare frettolosamente una questione molto più spinosa: quella dell’isolamento vissuto dai più piccoli e dagli adolescenti. Cerchiamo dunque di parlare degli “effetti” che questa emergenza ha su di loro: effetti dei quali i diretti interessati non possono essere direttamente coscienti, e che rischiano o di non essere notati dall’adulto o di covare sottotraccia per poi magari esplodere tra un po’ di tempo, in termini di socialità, capacità di apprendimento, motivazioni e anche di salute.

E ci proviamo con Paolo Sarti, pediatra (e poi musicista, pittore, scrittore…, nonché consigliere regionale di Toscana a Sinistra). Il tutto senza assolutamente mettere in discussione la necessità di tenere le scuole chiuse. Anzi, affrontiamo lo scenario da questo punto di vista, più duro, con le aule ancora deserte a settembre.

“Dobbiamo pensare ad una fase 2 anche per l’infanzia e l’adolescenza”, osserva Sarti. “Facciamo lo scenario peggiore ma purtroppo più realistico: la scuola non solo non riapre a maggio, ma nemmeno a settembre. Non contestiamo ovviamente la necessità di queste misure, dovute alla tutela della salute e di migliaia di vite. Però -continua Sarti- così come giustamente si sta pensando ad evitare un tracollo dell’economia, con graduali riaperture, allo stesso modo dobbiamo trovare una via di mezzo tra la clausura totale di piccoli e giovani e il mandarli a scuola senza sicurezza. La seconda fase deve tenere conto dell’infanzia e dell’adolescenza”.

Ad esempio, nel concreto? “Ora è presto per azzardare ipotesi concrete, ma la necessità di far reincontrare i bambini in situazioni protette, all’aperto, a piccoli gruppi, dovrà pur riemergere durante l’estate”.

E allora vediamo quali sono gli effetti dell’isolamento domiciliare per fasce di età.

I bambini più piccoli, diciamo fino a un anno, non hanno tanto problemi di tipo psicologico-sociale, quanto invece soffrono della mancanza di luce, di sole, che è fondamentale per quell’età (e a dire il vero, per tutte le età) . Lo spazio esplorativo è limitato, nei primi cinque, sei mesi, non hanno esattamente il bisogno di uscire, e fino ad un anno non camminano. Lo spazio casalingo può in qualche modo bastare. Certo, resta il problema della costrizione per i genitori: a loro sì farebbe bene uscire”.

I bambini che hanno superato il primo anno di età hanno altre esigenze: hanno conquistato lo spazio, iniziano a camminare, vogliono conquistare il mondo che li circonda, ma lo spazio in casa è limitato, da tutti i punti di vista. Basti pensare che è uno spazio protetto, quando è in un parco o ai giardini che sperimentano il rischio”.

Dai due anni circa in su pesa senz’altro la mancanza di conoscenza di altri bambini. Manca cioè la possibilità di confrontarsi, a specchio, con l’altro”.

Intorno ai 3, 4 anni, inizia a farsi sentire la mancanza di socializzazione al di fuori della famiglia. Ad esempio, la maestra e i compagni nella scuola dell’infanzia costituiscono uno spazio affettivo, conoscitivo e dubitativo, esterno alle figure familiari. E’ in questa fase che il piccolo si apre al mondo”.

Alle scuole elementari gli effetti negativi si fanno sentire ad ampio raggio. E’ in questi anni che i bambini si confrontano con gli apprendimenti, con la socializzazione e la scoperta di altri mondi, che vanno dai compagni alle maestre, ai custodi. Vivono una fase di entusiasmo che non è ripetibile con le lezioni on line. Hanno una mente fertile come una spugna. Pensate a come sono contenti quando tornano a casa e raccontano con fervore della propria maestra”

Capitolo medie e superiori. “Chiaramente, più si avanza con gli anni e meno è pesante il problema dal punto strettamente di vista didattico. E in questo momento la didattica a distanza, se fatta con tutti gli accorgimenti del caso, può essere sufficiente. Ma, ancora, manca la socializzazione, soprattutto manca il contatto umano. E già abbiamo il problema degli adolescenti che vivono tutto attraverso la mediazione dei social e dei videogiochi. Figuriamoci adesso. E comunque non sottovalutiamo il fatto che anche gli anni dell’adolescenza sono anni di formazione del metodo di studio”.

In generale non trova che vivendo per mesi nell’orizzonte ristretto della famiglia, si abbassi in qualche modo la soglia di frustrazione? l’abitudine a sentire dei limiti che vengono dalle altre persone, dal mondo esterno? A casa fanno un po’ tutto come vogliono...

“Il punto è che fuori casa devono, non solamente possono, ma devono proprio confrontarsi con altre regole che sono fondamentali per lo sviluppo della persona e che non possono certo venire dalla famiglia, dove tutto avviene all’interno di uno schema definito con papà, mamma o fratelli. Sono all’interno di schematizzazioni, di regole intime e familiari. Non conoscono più il rifiuto e soprattutto non capiscono cosa sia la libertà degli altri, in rapporto alla mia. E poi che dire delle differenze sociali, caratteriali, culturali degli altri? In questa funzione, di preparazione al mondo, nulla può sostituirsi alla scuola”.

Il settimanale Vita ha pubblicato un articolo sulla scuola (a onor del vero, tra i pochissimi a porre il problema degli effetti del distanziamento sociale sui minori) in cui ricorre spesso il termine “adultocentrico”, intendendo dire che la discussione è tutta dal punto di vista delle esigenze degli adulti. 

“Allora, la componente adultocentrica, fa parte della vita dei bambini. Quando li lasciamo alla baby sitter, non è forse una scelta adultocentrica? Un problema, che è quello di come si riorganizza il lavoro dei genitori, non deve essere in contrapposizione a quello dell’educazione e della crescita sana durante l’infanzia e l’adolescenza. Pensiamo appunto alla contrapposizione tra salute e economia: è un approccio sbagliato. Prima di tutto certamente viene la tutela della salute e delle vite umane. All’interno di questo contesto, così come si sta pensando a non far morire il nostro tessuto economico, dobbiamo pensare a forme diverse per bambini e ragazzi dal puro isolamento domiciliare”.

Appena prima dello scoppio della pandemia, lei e l’ostetrica Alessandra Puppo, avete pubblicato per Giunti un libro a questo punto profetico: ‘Figli delle paure’. Di virus appunto non si parla, perché precedente, ma lo si può leggere alla luce di quanto accaduto ora?

“Certamente, perché le paure dei genitori sono le stesse. In questa situazione, si sono semplicemente accentuate, innalzate. Quando avremo meno paura del coronavirus e ricominceremo a gestire questi figlioli, le paure rimaranno perché fanno parte del nostro rapporto coi figli”. Una lettura che resta validissima, insomma, che andiate in libreria o lo ordiniate a domicilio. Nel frattempo, guardate bene negli occhi i vostri figli e cercate di capire se sono davvero così felici davanti alla Playstation. 

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