​Bagni pubblici e smemorati: pecunia non olet, ma Firenze sì 

Nello "Smemorato" Totò si chiudeva dentro in cerca della propria identità, adesso non riusciamo più a rientrarci

Antonio
Antonio Lenoci
03 luglio 2015 15:14
​Bagni pubblici e smemorati: pecunia non olet, ma Firenze sì 

La lunga sequenza di immagini shock che ha messo Firenze in prima pagina mostrandone le nudità più nascoste, non accenna a fermarsi. Sono numerose le segnalazioni nei Social e l'onda dei commenti non si placa, non arretra davanti agli scogli del patrimonio da tutelare. "L'ha fatta dietro ai motorini. Ai cassonetti, l'ho visto. In piazza, alla panchina. Nel vicolo. Al portone" con variazioni di stile e di genere. Una deriva incontenibile, quasi quanto un bisogno impellente che non trova via di sfogo.C'erano una volta i Vespasiani, "orinatoi pubblici a forma di edicola così nominati dal cognome dell’imperatore romano Tito Flavio Vespasiano, per avere questi, come racconta Svetonio, messo una tassa a carico dei lavatori di panni che dall'urina ricavavano ammoniaca" come ricorda la Treccani.Questo il punto, anzi "The point is" che quando manca una valida alternativa, viene difficile, per non dire imbarazzante, persino pretendere qualcosa di semplice ed intuitivo come il rispetto di un bene pubblico.

Su Facebook sono tanti i gruppi di discussione ed è molto attivo il Gruppo "Vogliamo i bagni chimici in Santo Spirito" aggiornato costantemente dai residenti dello storico quartiere fiorentino alle prese con curiosi incontri del terzo tipo: dallo stato gassoso a quello liquido, per intendersi.I gabinetti pubblici erano brutti monumenti al degrado, erano ricettacolo di germi e batteri per una comunità linda e pulita, dalla testa ai piedi passando per le mani degli anni '90.

Meglio eliminare tutto e fare diversamente.Nel fare diversamente però ci siamo persi un piccolo passaggio: la creazione di bagni pubblici, puliti ben tenuti e possibilmente a buon mercato, perché in fin dei conti "Pecunia non olet". Che fine ha fatto allora il pubblico servizio? Difficile da trovare e poco pubblicizzato, è diventato un salasso. La delega dell'incombenza scaricata sul privato. La legge e la buona consuetudine, mai divenuta tale, hanno imposto ai locali pubblici il bagno con l'antibagno.

Peccato che il prefisso per arrivare al bagno non sia stato inteso in termini tecnici di spazio antistante il bagno, bensì di divieto all'uso dello stesso. "E' guasto. In manutenzione. Manca la chiave. Non scarica l'acqua" sono solo alcuni dei cartelli affissi. Non basta più neppure il caffé a scalfire l'animo avverso dell'esercente, "Ottima miscela.. è Arabica? Mh! Posso..? No".E se potessimo ritrattare? Anziché le cabine di plastica autopulenti, gelide d'inverno e roventi d'estate, utilissime in occasione di manifestazioni temporanee ma poco decorose in pianta stabile, forse era più bella l'edicola. Edilizia semi-residenziale pubblica con linee classiche e design rotondeggiante, affacci nel verde e riciclo d'aria.

Meglio un monumento al degrado che il degrado trasferito sul monumento.

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