Fallita la Richard Ginori, rabbia dei lavoratori davanti al Tribunale di Firenze

L'azienda era stata messa in liquidazione un anno fa. Oggi lo sconcerto da parte del sindaco Gianassi e il corteo di protesta dei 314 dipendenti che dal Palazzo di Giustizia è giunto fino al palazzo della Regione. Le reazioni della politica

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
07 gennaio 2013 15:32
Fallita la Richard Ginori, rabbia dei lavoratori davanti al Tribunale di Firenze

“A quanto pare il Tribunale di Firenze non ha ritenuto credibile il piano di salvataggio presentato dal collegio dei liquidatori. Per il momento non possiamo far altro che esprimere lo sconcerto per il rischio sempre più concreto della perdita della prestigiosa manifattura Ginori di Sesto Fiorentino e la preoccupazione per la sorte delle centinaia di famiglie dei dipendenti ai quali continuo a manifestare solidarietà e spirito di collaborazione”. È quanto ha affermato il sindaco di Sesto Fiorentino, Gianni Gianassi, subito dopo aver appreso la notizia della decisione dei giudici fiorentini in merito alla richiesta di concordato preventivo presentato dal collegio dei liquidatori.

“Nei prossimi giorni - ha aggiunto - sapremo quali saranno le conseguenze immediate del provvedimento del Tribunale di Firenze sulle ipotesi di acquisto della società e sulla possibilità d’intervento dello Stato attraverso la Legge Guttuso”. Appresa la notizia della dichiarazione di fallimento decisa dal tribunale di Firenze per l’azienda Richard Ginori di Sesto Fiorentino, l’assessore regionale alle attività produttive, formazione e lavoro Gianfranco Simonicini si è attivato immediatamente con il responsabile del collegio dei liquidatori e con il curatore fallimentare nominato dal tribunale per avere notizie sulle procedure.

Con curatore e liquidatori verrà fissata a breve una riunione per fare il punto della situazione. La Regione, incontrando stamani una delegazione di lavoratori, ha ribadito il suo impegno per garantire la continuità produttiva e la salvaguardia dei posti di lavoro di un’azienda storica, la cui presenza sul territorio è strategica per l’economia dell’intera regione. Domani, intanto, è stato convocato un incontro con le organizzazioni sindacali, che si svolgerà a Palazzo Strozzi Sacrati alle 9, alla presenza del presidente della Regione e dell’assessore alle attività produttive lavoro e formazione. "La decisione del tribunale di Firenze in meirto al fallimento della Richard Ginori desta grande allarme e preoccupazione, per le implicazioni occupazionali, economiche e non ultimo per il prestigio del territorio fiorentino".

E' quanto dichiara il vicesindaco Dario Nardella. "Comprendiamo per questo l'amarezza dei lavoratori, a cui esprimiamo tutta la solidarietà e l'intenzione di continuare a collaborare, nelle forme possibili, affinchè questa vicenda per certi versi paradossale possa trovare uno sbocco positivo". Il vicesindaco continua: "l'obiettivo che anche il Comune di Firenze auspica riguarda in primo luogo la salvaguardia dei posti di lavoro e del valore storico e artistico del marchio Richard Ginori, espresso nella qualità ineguagliabile dei propri prodotti".

"Le offerte avanzate dagli investitori stranieri ci consentono ancora oggi di lavorare a soluzioni realistiche - conclude Nardella - finalizzate alla continuità azindale e alla permanenza del sito produttivo sul nostro territorio". “La decisione di oggi lascia tutti stupiti e attoniti e rischia di vanificare tutti gli sforzi messi a punto in questi mesi per garantire il futuro della manifattura nel nostro territorio: restiamo in attesa di vedere le effettive conseguenze di questa scelta ma di certo non nascondiamo grande preoccupazione per la sorte dei dipendenti e delle loro famiglie, a cui va tutta la solidarietà e la vicinanza del Pd, da sempre in prima linea, insieme all’Amministrazione e alle istituzioni, per tenere alta l’attenzione intorno alla vicenda”.

Questo il commento del segretario Pd metropolitano Firenze Patrizio Mecacci e ldela segretaria Pd Sesto Fiorentino Camilla Sanquerin. “Restiamo convinti che una storia lunghissima e prestigiosa, come quella della Richard Ginori vada salvaguardata, per evitare una spaventosa crisi occupazionale e la perdita di un patrimonio artistico e produttivo di rilevanza internazionale e con tutte le caratteristiche per competere sul mercato globale”, concludono Mecacci e Sanquerin. "La vertenza della Richard Ginori, che nell'attuale crisi sociale, occupazionale e industriale era una delle pochissime che aveva visto un percorso partecipativo da esportare come modelllo, vede oggi tramontare tutte le speranze con la decisone da parte del Tribunale di dichiarare il fallimento dell'azienda.

Pur rispettando le decisioni della magistratura, non possiamo fare a meno di nota che così si impoverisce il tessuto produttivo, si determina la perdiata di uno storico marchio di prestigio e di eccellenti professionalità, e soprattutto si impedisce la ripresa dell'attività per l'azienda e per i suoi 314 lavoratori". Lo dichiara, in una nota, Roberto Rizzo, che questa mattina, insieme al Vicecapogruppo Idv in Consiglio regionale della Toscana, Marco Manneschi, ha incontrato una delegazione dei lavoratori Ginori. "La decisione del Tribunale, come ci hanno spiegato i lavoratori stessi, vuol dire che non ci sarà nessuna continuità né garanzia di riavvio della produzione, che invece con il concordato preventivo e con degli acquirenti già pronti di Lenox e Apolum savrebbe potuto rappresentare una rapida ripresa di ogni attività produttiva e la conseguente rioccupazione di tutta la forza lavoro dell'azienda di porcellane di Sesto Fiorentino, tutti da agosto in cassa integrazione per cessazione dell'attività", ha spiegato Rizzo. "Siamo molto soddisfatti di aver ottenuto, per domani mattina, un incontro tra i lavoratori e il Governatore Rossi.

Per questo - ha concluso Rizzo - auspichiamo che la Regione Toscana possa assumere un ruolo fondamentale di mediazione per una buona risoluzione della vertenza". “Il fallimento della Richard Ginori è l’ennesima riprova dell’incapacità di questa Giunta di gestire la crisi”. Così la consigliera regionale Marina Staccioli (Gruppo Misto), coordinatore di Movimento Identità Toscana, commenta la decisione del Tribunale di Firenze, che stamani ha dichiarato fallita l’azienda. “Solo un paio di mesi fa – sottolinea Staccioli – l’assessore Simoncini dava per certo il salvataggio, cos’è successo poi? L’operazione prevedeva, oltre al rilevamento dell’azienda da parte di una nuova cordata, il conferimento allo Stato del Museo della porcellana di Sesto Fiorentino a compensazione degli ingenti debiti fiscali accumulati dalla Richard Ginori”.

“Niente di tutto ciò è andato in porto – aggiunge la consigliera – e adesso per gli oltre 300 dipendenti scatterà inesorabilmente la mobilità. Ancora una volta la Regione si è dimostrata non all’altezza della situazione, ma è solo l’ultimo di una triste serie di crisi aziendali, dalla Isi, alla Nca fino alla Mabro: migliaia di lavoratori appesi ad un filo in attesa di un segnale di ripresa. Per non parlare del caso ex Nasa, preoccupante campanello dall’allarme per la situazione della Eaton”.

Ma non ci sono solo le grandi aziende. “Sono più di 445mila i lavoratori disoccupati, sottoccupati o in mobilità in Toscana. Un esercito – ribadisce Staccioli – che ha bisogno di serie politiche per lo sviluppo”. “La decisione del Tribunale ci lascia francamente sgomenti. La scelta, seppur legittima, rende praticamente chiusa la partita relativa allo stabilimento della Richard Ginori”. Questo il commento del Vice-Presidente Commissione Regionale Sviluppo Economico, Nicola Nascosti e del Coordinatore del Popolo della Libertà di Sesto, Marco Baldinotti.

“A questo punto attendiamo di capire come si è evoluta la situazione. Due mesi fa avevamo tutti gioito per la felice conclusione della vicenda, per il salvataggio grazie alla cordata Lenox/Apulum, oggi siamo a commentare una situazione francamente paradossale”, afferma il Consigliere Nascosti. “Il vero problema è che ora qualsiasi solidarietà ai lavoratori, lascia un po’ il tempo che trova. Occorre che tutte le istituzioni del territorio assumano su di sé la responsabilità di decisioni anche complesse, direi quasi estreme”.

Infine, concludono Nascosti e Baldinotti: “ Necessario sarà adesso fornire una operazione verità alla Città, alle 314 famiglie di lavoratori, e a chi tanto si è speso lungo tutto questo anno, per salvare l’Azienda: perché chi poteva, fino all’ultimo, non ha ritirato l’istanza di fallimento?!” Preoccupazione anche dalla segreteria toscana del Carroccio: "è l’ennesimo addio di un pezzo di storia della Toscana nel mondo". Ad entrare nei dettagli della vicenda è Marco Cordone, capogruppo della Lega Nord in Provincia di Firenze: "Siamo profondamente amareggiati che chiuda un marchio importante e conosciuto come quello della Ginori, fondata nel lontano 1735 dal Marchese Ginori.

Un marchio che ha fatto la storia industriale della Toscana e del Paese. Rileviamo il fallimento dell’azione politico istituzionale, nonostante che tutte le istituzioni che hanno preso parte alla vicenda siano a guida PD. Esprimiamo la massima solidarietà ai lavoratori e alle loro famiglie. Adesso vogliamo sapere come il collegio dei liquidatori e le istituzioni si pongono di fronte alla necessità di salvaguardare il futuro delle 314 maestranze dell’azienda". Anche CasaPound richiede che venga fatta chiarezza il prima possibile in merito ad eventuali responsabilità civili e penali e che si tentino tutte le strade per salvare il posto di lavoro dei dipendenti. "Il primo pensiero va ai 314 lavoratori della storica società e a quelli dell'indotto", dichiara Saverio Di Giulio Responsabile di CasaPound Firenze, "perché sono mesi che vivono nell'incertezza e proprio adesso che pensavano di intravedere la luce in fondo al tunnel ecco una nuova mazzata che rischia di lasciarli definitivamente senza lavoro". "Ma oltre alla solidarietà verso i lavoratori", prosegue Di Giulio, "sarà bene che vengano accertate anche eventuali responsabilità civili e penali di tutti coloro che hanno contribuito a portare la Richard Ginori a questo punto.

Ci chiediamo come sia stato possibile che, nonostante la presenza di un acquirente uscito ufficialmente allo scoperto quasi due mesi fa, si sia giunti ad una sentenza di fallimento anziché alla concessione del concordato preventivo. E' bene che la magistratura indaghi velocemente per capire cos'è successo". "Inoltre", conclude Di Giulio, "adesso la priorità è trovare una soluzione che permetta di salvare il posto di lavoro ai dipendenti. Noi avevamo suggerito, sulla base dell'esperienza delle Fonderie Zen di Padova, un'intervento diretto dei lavoratori nel capitale della società anche mediante la conversione del TFR in capitale di rischio ed ora tale soluzione paradossalmente potrebbe essere ancor più percorribile.

Inoltre vogliamo augurarci che il tribunale fallimentare valuti anche la possibilità di un'affitto d'azienda con l'esercizio temporaneo d'impresa. L'importante è raggiungere due obiettivi: salvare lo storico marchio e, soprattutto, i posti di lavoro".

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