Senegalesi uccisi a Firenze, il killer trova amici su Facebook

Mentre inquirenti ed istituzioni si domandano il perché di una strage che ha ferito al cuore Firenze, sul web si scopre un mondo fatto di ideologie distorte e represse, di convinzioni che raggelano il sangue.

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
14 dicembre 2011 04:20
Senegalesi uccisi a Firenze, il killer trova amici su Facebook

Chi lo chiama adesso intellettuale, chi professore e chi... amico. "Uno di noi" ha scritto qualcuno tramite i più noti Social Network. E' nato anche un gruppo, ma c'è chi ha mangiato la foglia ed ha parlato di un falso, di una provocazione, che però ha animato una discussione con oltre 350 commenti in poche ore e quasi 100 "Mi piace" su un profilo che migliaia di utenti hanno segnalato per la chiusura. Gianluca Casseri, 50 anni, scrittore e simpatizzante di estrema destra, genere preferito il fantasy, ma la fantasia è morta prima di lui.

Chiamato più volte a convegni in qualità di oratore esperto, forse anche di maestro nel proprio ambito. Ha abbandonato la propria auto superato il sottopasso di Rifredi, all'altezza dell'edicola di piazza Dalmazia ed ha fatto fuoco su tre uomini. Un mercato, una giornata affollata come tante, ma lui ha puntato l'arma su tre cittadini senegalesi. Due sono morti, uno è stato gravemente ferito. Poi è tornato indietro e dopo uno scontro verbale con alcune persone presenti che sono riuscite a fotografarlo e prendere il numero di targa, è ripartito verso il centro storico.

Si è diretto in San Lorenzo. Intanto in città cresceva la paura, nei mercati rionali di periferia la notizia giunta per radio preoccupava non poco: "Non verrà mica qui adesso?" si sono chiesti in alcune zone della città alcuni ambulanti che telefonavano alle redazioni dei giornali per sincerarsi dei fatti accaduti. Piazza del Mercato Centrale. L'auto sistemata nel parcheggio sotterraneo e la pistola nuovamente in pugno. Ancora fuoco, altri feriti gravi. Si è ritrovato circondato dai militari che intanto erano sulle tracce dell'auto e con gli elicotteri tenevano sotto controllo l'area.

Si è barricato in auto e sotto il fuoco degli agenti che cercavano di stanarlo, si è puntato la pistola alla gola ed ha fatto nuovamente fuoco, l'ultimo colpo, poi il silenzio. Un silenzio agghiacciante, mentre fuori montava la protesta. I parenti e gli amici delle vittime e rappresentanti di una comunità colpita, quella senegalese, integrata e cresciuta nel seno di Firenze, muovevano verso il centro storico chiedendo "Giustizia". Perché? Ma non sembra essere questa la domanda che spopola su internet.

Piuttosto si cercano dei simboli. Come l'uomo che per strada barcolla e cerca appigli, cerca di cadere trascinandosi dietro il più possibile per attutire il tonfo. Così non sono i commenti a spaventare, magari mirati, magari creati ad arte per colpire il nervo scoperto, ma la ricerca di una reazione violenta nel prossimo. Nella notte il parcheggio sotto San Lorenzo è stato riaperto ed alcuni giovani usciti da un locale fiorentino ridendo e scherzando hanno ripreso l'auto e sono ripartiti. In terra ancora i segni della scientifica, i nastri bicolore, bianco e rosso, strappati e la pavimentazione appena lavata che profuma di pulito.

In piazza Dalmazia fiori e candele in memoria, in segno di affetto. La gente passa, si ferma, osserva, si guarda intorno, mentre dai palazzi qualcuno tira giù le persiane su una giornata che Firenze non avrebbe voluto vivere.

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