Centri di aiuto alla vita: una su tre rinuncia all'aborto

Ieri l'arcivescovo Betori prima dell'aggressione

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
05 novembre 2011 18:42
Centri di aiuto alla vita: una su tre rinuncia all'aborto

«Per i cristiani resta sempre aperto, nell’ambito della difesa della vita umana, un urgente e indispensabile campo di apostolato e di testimonianza evangelica. Per questo domando al Signore di benedire l’azione del Movimento per la vita per evitare l’aborto anche in caso di gravidanze difficili, operando nel contempo sul piano dell’educazione, della cultura e del dibattito politico. E’ necessario testimoniare in maniera concreta che il rispetto della vita è la prima giustizia da applicare».

Con queste parole mons. Betori, arcivescovo di Firenze, aveva aperto i lavori del Convegno nazionale dei Centri di aiuto alla vita in corso a Firenze. Di ritorno presso la residenza vescovile Betori è stato oggetto dell'aggressione nel corso della quale è rimasto ferito il segretario personale. Nel corso dei lavori odierni al Convegno nazionale dei Centri di aiuto alla vita sul tema “Nessuna vita mi è straniera” è stato presentato il dossier sull’attività svolta nel 2010 dai 331 Cav operativi.

Sono 16mila i bambini sottratti all’aborto nello scorso anno con una media di 49 bambini per ogni Centro. Le donne incontrate ed assistite sono state 50mila con una media di 170 per Centro. Queste cifre sommate a quelle degli anni trascorsi dal 1975, quando è stato fondato a Firenze il primo Centro, portano a 130mila i bambini complessivamente salvati e ad oltre 500mila le donne assistite. Risultato ottenuto grazie all’opera degli oltre 4mila operatori volontari (12 per Centro) ed ai 73mla sostenitori (220 per Cav).

L’82% delle donne che chiedono aiuto sono straniere e solo il 18% italiane, coniugate (61%), di età superiore ai 25 anni (53%) con difficoltà prevalentemente economiche (46%). A queste donne viene assicurata un’assistenza soprattutto economica, ma anche sociale e psicologica. Il 3% è stata ospitata nelle 60 strutture del Movimento. La maggior parte bussa alla porta dei Cav di propria iniziativa (28%), su suggerimento di amici (27%) o di parrocchie/associazioni (9%). Solo il 6% viene inviata da consultori pubblici o da strutture sanitarie, sintomo di un rapporto difficile tra Cav ed ente pubblico, ma si tratta di un rapporto che si sta modificando, soprattutto in alcune Regioni (Piemonte, Lombardia, Trentino, Emilia Romagna…) dove si sta tentando un’applicazione della legge 194 meno ideologica ed aperta al contributo, previsto dalla legge, del volontariato pro life.

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