Matteo Renzi vada a Roma, ma lasci Firenze quanto prima

Se il Sindaco intende fare il grande salto, sarebbe meglio che cedesse la carica locale per non congelare i destini della città sino all'esito elettorale nazionale

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
25 aprile 2011 15:00
Matteo Renzi vada a Roma, ma lasci Firenze quanto prima

di Nicola Novelli Direttore responsabile di Nove da Firenze FIRENZE- Ormai è evidente: Matteo Renzi sta guardando sempre di più, ogni settimana che passa, ad una dimensione nazionale per la propria carriera politica di vertice. E fa bene. Ha buone carte da giocare: il gradimento crescente, non soltanto a Firenze e non solo tra i giovani; la facilità di parlare in maniera comprensibile e diretta; la capacità di esprimere cambiamento, senza nascondere scheletri nell'armadio.

La sua presenza ormai costante in TV certifica il consenso di massa, mentre lo scorso anno è andato a “passare gli esami” a Washington e pare li abbia superati. Per osservatori come noi, mai teneri nei suoi confronti, è inconfutabile che Renzi rappresenti una novità nell'asfittico panorama italiano, una risorsa che sarebbe assurdo scartare a priori. Difronte a dirigenti del PD che criticano Silvio Berlusconi e sono sulla ribalta dal doppio degli anni del leader PdL, Matteo Renzi ha fatto bene a lanciare la questione della rottamazione nel Centrosinistra.

Nello schieramento d'opposizione non sono molti gli uomini che possono sperare di suscitare l'interesse degli elettori. Renzi è uno di questi. Difficile dire che ruolo possa svolgere nella prossima stagione politica. Fortunatamente per lui le conultazioni non hanno avuto luogo questa primavera: lo avrebbero trovato non ancora pronto. Ma se la crisi di maggioranza si accellerasse dopo l'estate, elezioni generali nel 2012 potrebbero essere un'occasione importante per chi, come lui, intende mettersi nel grande gioco: Montezemolo, Vendola e altri. Presidente del Consiglio, ministro, o segretario di partito, Matteo Renzi da Roma potrebbe fare molto anche per la sua città.

L'ultimo capo di governo che Firenze ha espresso, Lamberto Dini tra il 1995 e il '96, mentre varava l'ultima riforma delle pensioni, trovò il tempo di organizzare nella sua città un vertice internazionale. E nell'occasione ci regalò, con risorse nazionali, la modernizzazione della struttura fieristica della Fortezza (tra l'altro la rete wi-fi) e l'allungamento a tempo di record della pista dell'aeroporto di Peretola. Se anche Matteo Renzi, quale che sia il suo destino politico, riuscisse a mettere la firma su interventi come quelli realizzati da Dini, ci sarebbe di che felicitarsi della sua ascesa. La nostra preoccupazione è semmai un'altra: che anche Matteo Renzi intenda conservare la poltrona di sindaco sino al compiersi (magari nella primavera del 2012) del processo politico nazionale avviatosi l'estate scorsa con lo sganciamento di Gianfranco Fini dalla maggioranza.

Una scelta che nuocerebbe a Firenze. Oltre che a esprimere incoerenza rispetto ai principi di cambiamento enunciati, l'eventualità di una campagna elettorale lunga un anno con un sindaco fiorentino distratto dagli obiettivi nazionali, sarebbe l'ennesimo occasione perduta per la città. Sono trascorsi quasi due anni da quando Renzi è entrato in Palazzo Vecchio, due e mezzo da quando la Giunta Domenici andò in crisi cessando di fatto di operare. Da allora il giovane sindaco ha fatto molte promesse alla sua città: i cento punti del programma elettorale, i cento luoghi di un piano Strutturale da far approvare in un anno.

Ma la realtà dei fatti è stata più dura e complessa dello scenario che il candidato Renzi aveva fatto balenare nella fantasia dei suoi elettori. In gran parte la gestione del territorio era già stata definita dai suoi predecessori, talvolta in forma trasversale e consociativa. Ogni volta che l'attuale sindaco ha provato a scalfire le decisioni impopolari, prese prima di lui, è stato sconfitto. Persino nella battaglia contro l'improbabile sottoattraversamento ferroviario con mastodontica stazione TAV. Anche l'annuncio dei 1.000 giorni per realizzare la Linea 2 della Tramvia ha il sapore di un mascherato tradimento ai suoi elettori.

Con un preventivo di mille giorni Renzi ha annunciato che la nuova linea della tramvia sarà inaugurata oltre il termine del suo primo mandato di sindaco: probabile che siano altre le spalle che dovranno sopportarne le responsabilità. E poi dov'è la superiorità della giunta attuale rispetto alla precedente, se anche stavolta ci vogliono quasi quattro anni per la realizzazione dell'infrastruttura? Allora il sindaco di Firenze farebbe meglio a non tradire parte del proprio elettorato già prima di candidarsi ad una carica nazionale.

Si prenda il tempo necessario per capire e decidere. Ma appena presa la decisione di candidarsi alle politiche, faccia anche il gesto coerente di rassegnare le dimissioni dalle proprie responsabilità fiorentine. Agevoli la successione del suo vicesindaco Nardella, dell'assessore Massimo Mattei, o di chi preferisce. Ma lasci libera la città di proseguire il cambiamento, almeno al passo con le promesse che lo stesso Renzi pronunciò due anni fa alle comunali. Firenze è una città troppo complicata e degradata per rimanere ancora a lungo nel congelatore della politica.

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