I pm e quelle domande a Spatuzza

L’assessore Di Giorgi: «I pentiti sono fondamentali. La bomba in via dei Geogofili esplose per costringere lo Stato a fare marcia indietro anche sui collaboratori di giustizia»

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
30 novembre 2009 22:04
I pm e quelle domande a Spatuzza

La procura distrettuale antimafia di Firenze è ancora a caccia dei mandanti degli attentati del 1993. Infatti c'era anche il procuratore di Firenze Giuseppe Quattrocchi, il 18 giugno scorso, nel «luogo riservato non indicato per motivi di sicurezza» dove s'è svolto l'interrogatorio al pentito Gaspare Spatuzza. Così Silvio Berlusconi si sente in obbligo di replicare alle voci infamanti delle ultime ore, peraltro smentite dalla procura di Firenze, secondo cui il premier sarebbe indagato.

Ma ancora oggi sulla possibilita' che Berlusconi sia, o meno indagato, dalla procura di Firenze, Cicchitto non si pronuncia: "E' possibile tutto e il contrario di tutto". «Non possiamo e non dobbiamo dimenticare che a Firenze, a poca distanza da Palazzo Vecchio, il 27 maggio 1993 sono state uccise cinque persone e altre 48 sono state ferite perché Cosa Nostra voleva costringere lo Stato a far marcia indietro sul “carcere duro” per i boss mafiosi e, appunto, sulla legge sui pentiti».

E’ quanto ha ricordato l’assessore alla legalità Rosa Maria Di Giorgi commentando l’ipotesi di modifiche legislative per cambiare la legge sui collaboratori di giustizia. «I cosiddetti ‘pentiti’– ha aggiunto l’assessore Di Giorgi – non sono delatori o informatori che, nascosti dall’anonimato, ‘colpiscono’ gli indagati senza loro permettere di difendersi. Le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia sono anzitutto vagliate rigorosamente dai pubblici ministeri, secondo tassative prescrizioni normative e, successivamente, nelle aule dei tribunali e delle corte di assise dai giudici e dagli avvocati della difesa, nel rispetto delle regole del contraddittorio». «Negli atti dei processi per la strage del 27 maggio 1993 – ha proseguito – c’è la dichiarazione di un collaboratore, ritenuto credibile dai giudici, che ben descrive la preoccupazione del boss Totò Rina: ‘mi gioco anche i denti perché questo 41-bis venga tolto, assieme alla legge sui pentiti.

Sono disposto a rischiare tutto quello che ho per ottenere questo risultato’». «Come sottolineò il sostituto procuratore Gabriele Chelazzi, uno dei magistrati che indagarono su quell’attentato – ha concluso l’assessore alla legalità – non esiste, nella storia di questo Paese, un periodo storico come quello, che va dal maggio del '93 all'aprile del '94, nel quale sia stata praticata la strage con tanta sistematicità. Nel quale sia stato messo a repentaglio l'interesse all'incolumità pubblica, l'interesse alla conservazione della identità culturale con tanto accanimento.

Comprendiamo quindi le preoccupazioni dei magistrati e dell'Associazione fra i familiari delle vittime della strage dei Georgofili. Ed è anche per questo motivo che non possiamo accettare modifiche legislative che, sostanzialmente anche se involontariamente, ricordano le richieste di Cosa Nostra».

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