Il Pg: Mangano di cavalli non sapeva nulla

Palermo - "Vittorio Mangano fu assunto nella tenuta di Arcore di Silvio Berlusconi per coltivare interessi diversi da quelli per i quali fu ufficialmente chiamato da Palermo fino in Brianza". Così si è espresso stamane il Pg Antonino Gatto.

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
25 settembre 2009 15:06
Il Pg: Mangano di cavalli non sapeva nulla

Palermo - "Vittorio Mangano fu assunto nella tenuta di Arcore di Silvio Berlusconi per coltivare interessi diversi da quelli per i quali fu ufficialmente chiamato da Palermo fino in Brianza". Così si è espresso stamane il Procuratore Generale Antonino Gatto durante la requisitoria del processo di secondo grado in cui il senatore del Pdl Marcello Dell'Utri - condannato in primo grado a nove anni di carcere - è imputato di concorso esterno in associazione mafiosa. Davanti alla seconda sezione della Corte di Appello di Palermo il Pg Gatto ha parlato innanzitutto di Vittorio Mangano.

L'uomo, deceduto alcuni anni fa e condannato nell'ambito di un processo di mafia, era stato fatto assumere come stalliere proprio dal senatore Dell'Utri. "Ma davvero - si è chiesto il Pg - non fu possibile trovare in Brianza persone capaci di sovrintendere alla tenuta di Arcore? Davvero dall'estremo nord ci si dovette spostare a Palermo per trovare una persona che non conosceva la zona e le coltivazioni brianzole?". "In realtà - ha aggiunto Gatto - non solo Mangano di cavalli e di coltivazioni non sapeva nulla: ma se guardiamo i suoi numerosissimi precedenti penali, gli interessi che coltivava erano di tutt'altra natura rispetto a quelli agricoli". "Nelle dichiarazioni spontanee rese il 29 novembre del 2004 - ha proseguito il Pg - fu Dell'Utri a dire che in realtà Mangano si interessava di cani e non di cavalli.

Non si vede quale sarebbe stato dunque il suo contributo alla cura di animali che Berlusconi voleva allevare nella tenuta appena acquistata". Il senatore Dell'Utri non era presente in aula ad ascoltare l'atto d'accusa. Erano presenti i suoi difensori, gli avvocati Nino Mormino, Giuseppe Di Peri e Pietro Federico.

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