La nuova città: i poveri disturbano con le loro baracche

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
04 febbraio 2007 23:35
La nuova città: i poveri disturbano con le loro baracche

È uscito l'ultimo numero de «La nuova città», periodico della Fondazione Giovanni Michelucci (ed. Polistampa) che dedica le proprie pagine alla trasformazione urbana. La rivista, corredata dalle belle foto di Francesco Giusti, questo mese raccoglie i saggi di storici, antropologi, sociologi, linguisti, architetti e resposabili di associazioni di volontariato, che indagano sul processo di trasformazone a cui sono sottoposte le moderne metropoli.
Due sono i tipi di esodo a cui ogni città è sottoposta: quello dalla perferia verso l'agglomerato urbano e quello direttamente correlato alla crescita del nomadismo trasnazionale e dell'immigrazione.

Entrambi i fenomeni sottopongono la città a uno sforzo che molto spesso non riesce a fornire risposte adeguate: le baraccopoli, una delle tante facce di qualsiasi grande città, europea e non, sono in continua espansione. È palese d'altronde che gli insediamenti abusivi costituiscono un problema che la moderna società non è capace di affrontare: o diviene una questione di ordine pubblico, che porta allo sgombero, oppure viene totalmente ignorato.
«La nuova città» dedica un numero monografico alla sfida di coniugare possibilità di occupazione, sviluppo economico e miglioramento delle condizioni abitative con una serie di interessanti saggi, offrendo uno spaccato sulle baraccopoli di città italiane e straniere.

Struggenti racconti di vita e analisi di possibili soluzioni si susseguono, dando vita a uno scenario di marginalità abitativa che, secondo l'ultimo rapporto dell'Onu, coinvolge un miliardo di persone in tutto il mondo, di cui almeno 35 milioni nell'Europa comunitaria.
Ogni città possiede la proria baraccopoli; che portino il nome di slums, di banlieues, di favelas, di bidonvilles, poco importa: questi insediamenti fanno parte di ogni moderna città, non solo delle metropoli come Parigi, New York o Rio de Janeiro, ma anche di Roma, Milano, Napoli, Bologna, Firenze, Padova, Pisa.

Nel 1950 Cesare Zavattini propose alla produzione di quello che poi sarebbe diventato "Miracolo a Milano" (il capolavoro di Vittorio De Sica di cui lo stesso Zavattini aveva curato soggetto e sceneggiatura) un altro titolo: "I poveri disturbano". I produttori lo ritennero troppo azzardato e lo rifiutarono. Forse farebbero lo stesso anche oggi. Per questo motivo è un bene che esistano persone, come quelle della Fondazione Giovanni Michelucci, che si preoccupano non solo di descrivere realtà "scomode", ma anche di proporre soluzioni architettoniche e sociali.

(Daria Domenici)

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