PRATO – Una mobilitazione l’avevano già annunciata prima delle vacanze. Ma adesso è giunto il momento di fare sul serio: chiedere alla Regione Toscana che si dichiari lo stato di crisi del sistema moda, comprendente il comparto tessile, abbigliamento, maglieria e calzature.
È questa la posizione espressa dalle Federazioni moda provinciali di Confartigianato Prato e Pistoia, i cui organi si sono riuniti nei giorni scorsi per elaborare una strategia di azioni congiunte da intraprendere nei prossimi mesi, estendendole anche alle altre associazioni degli artigiani e degli industriali.
Un appello alla “mobilitazione” che guarda soprattutto alla Regione Toscana per spingerla a “ufficializzare” il momento di difficoltà del distretto (con la dichiarazione dello stato di crisi, appunto), e a varare una nuova politica d’intervento a sostegno del sistema moda, senza dimenticare la partita che, a livello internazionale, si continua a giocare con l’Unione Europea. “Siamo consapevoli del fatto che ormai il nostro interlocutore non può più essere rappresentato solamente dal committente o dal singolo lanificio – fa osservare Luca Giusti, presidente provinciale della Federazione moda e vicepresidente di Confartigianato Prato - bensì dal mercato globalizzato.
È la globalizzazione l’avversario con cui la federazione deve confrontarsi, ma per fare questo bisogna ripartire da una convergenza di idee e di programmi, sia a livello intercategoriale che interterritoriale”.
Con l’arrivo dell’autunno, dunque, riparte il confronto a tutto campo sul rilancio del distretto, e a questo proposito gli artigiani mettono sul tavolo la necessità di rivedere gli studi di settore per trasformarli in una fotografia reale della ricchezza prodotta dall’azienda.
Ma l’attenzione delle federazioni torna a focalizzarsi sugli studi di settore in un momento in cui le ricadute negative della crisi si avvertono anche sulle altre realtà dell’economia locale e, in modo particolare su alcune categorie, come gli installatori elettrici, a loro volta già penalizzate dagli studi di settore, con le quali gli artigiani della Federazione moda auspicano una collaborazione stretta per dare un’unica voce alla protesta, appunto, contro gli studi di settore.
Collaborazione che, come afferma Rino Meacci, presidente provinciale della Federazione moda di Confartigianato Pistoia, “servirà a far sentire maggiormente la nostra voce agli organi di governo, nel tentativo di rendere gli studi di settore più adeguati all’effettiva situazione economica delle imprese artigiane, specie nel momento difficile che attualmente esse stanno vivendo”.
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³ Tra i punti ancora da chiarire all¹interno della riforma dei fondi strutturali c¹è sicuramente quello delle risorse che saranno destinate ai settori in crisi, temo che l¹attenzione per alcuni di essi, in particolare per il sistema moda, non sarà all¹altezza delle nostre esigenze², il grido di allarme è stato lanciato stamani da Marco Romagnoli, sindaco di Prato e presidente del Consiglio delle Autonomie Locali, nella sua introduzione al convegno che si è svolto al Palaffari di Firenze ³Riforma dei fondi strutturali europei.
Opportunità per lo sviluppo locale² organizzato da Anci, Anci-Toscana in collaborazione con Uncem, Urpt e Consiglio delle Autonomie Locali.
³Questa terza riforma in circa venti anni dei fondi strutturali europei ha dichiarato Romagnoli prevede tra i suoi obiettivi misure specificatamente per i Œsettori maggiormente esposti alla competitività dei mercati internazionali¹ ma credo che questa questione per l¹Unione europea non abbia realmente molto peso. E¹ un grave rischio perché uno dei nodi importanti da sciogliere sarà proprio quello sulla dotazione destinata a questi settori.
In particolar modo mi riferisco al sistema moda, determinante per l¹economia nazionale e regionale, è di fondamentale importanza che la dotazioni di fondi per questo settore sia consistente e non Œfigurativa¹².
Romagnoli ha comunque ricordato che i nodi ancora da sciogliere per quanto riguarda le politiche di sviluppo che la riforma dei fondi strutturali dovrà individuare sono principalmente due: ³il primo è quello aull¹ammontare delle risorse di bilancio, non ancora individuate dalla Ue, l¹altra è su come queste risorse verranno ripartite tra gli stati membri.
Manca infatti a aggiunto Romagnoli un indicatore oggettivo soprattutto per quanto riguarda la competitività regionale².
Altre questioni aperte: ³l¹Unione europea deve ancora chiarire quele sarà la politica sulle città, precedentemente esisteva il progetto comunitario Urban ha detto il sindaco di Prato bisogna capire cosa si intende per città, definire dei parametri, sembra scontato ma invece non lo è affatto².