Atipico e flessibile il lavoro femminile: l'unico a crescere
Al Palacongressi la tavola rotonda sull'occupazione

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
07 luglio 2004 21:05
Atipico e flessibile il lavoro femminile: l'unico a crescere<BR>Al Palacongressi la tavola rotonda sull'occupazione

Firenze- Tasso di disoccupazione ancora in discesa, occupazione in salita, aumento delle forme contrattuali a tempo determinato, dinamica positiva per occupazione femminile e giovanile, tenuta dell'industria. Questo il quadro del mercato del lavoro toscano così come emerge dalla media annuale delle rilevazioni Istat per il 2003 e riportate nel rapporto annuale della Regione sul mercato del lavoro in Toscana presentato oggi al Palacongressi di Firenze. Il 2003 è stato, dunque, ancora positivo sul fronte dell'occupazione, nonostante la fase congiunturale negativa.

Nel 2003 il tasso di disoccupazione è sceso al 4,7% contro il 4,8% del 2002. Il tasso di occupazione ha registrato una ulteriore ascesa, passando dal 61,4% del 2002 al 62,3%. Una variazione positiva (+1,6%) che colloca la Toscana molto al di sopra della media nazionale (56%), in linea con la media del Centro-Nord (62,8 %) ma ancora al di sotto della media dell'Unione Europea, attestata nel 2003 sul 64,3%.
A conseguire questi risultati ha contribuito un mix di diversi fattori, a cominciare da un più diffuso ricorso a forme contrattuali a tempo determinato.

A questo si deve aggiungere una ripresa dell'industria, il persistere di un trend espansivo nei servizi (anche se concentrato su figure professionali a bassa qualifica), l'influenza delle regolarizzazioni dei lavoratori extracomunitari. Va detto inoltre che, nel corso del 2003, lo stop alla crescita economica non ha però frenato l'espansione dell'occupazione femminile che, sia pure di poco, ha continuato a crescere: +1,5% rispetto al 2002. Il numero di donne occupate ha superato per la prima volta la soglia delle 600.000 unità, attestandosi su quota 608.000 (+ 9.000 rispetto al 2002).

Resta tuttavia ancora elevato il divario con alcuni paesi (Svezia, Danimarca, Paesi Bassi, Finlandia, Regno Unito) nei quali si supera la soglia del 65%. Quanto ai settori, a fare la parte del leone sono ancora i servizi, che crescono rispetto al 2002 dal 43,7 al 44,1% e ai quali si possono aggiungere i cosiddetti "indipendenti" che, sempre nel settore servizi, passano dal 19,5 al 20%. Tengono sostanzialmente la posizione sia l'industria che l'agricoltura.
Crescono anche i rapporti di lavoro flessibili ed atipici.

Nel 2003 sono stati 8000 in più i lavoratori dipendenti a termine (+8,9%) che incidono nel complesso degli occupati per un 9,3%. Meno marcati i valori di crescita del part time (9,7%) mentre le varie forme di lavoro formalmente autonomo (collaborazioni coordinate e continuative, ecc.) sono stimate, per il 2003, in circa 62.000 unità.

Disoccupazione
Come si è detto il tasso è sceso dal 4,8 al 4,7%. I disoccupati per perdita di un precedente lavoro sono il 47,8% del totale, le persone in cerca di prima occupazione il 25,5%, mentre il restante 26,7% è costitutito da altre figure in cerca di lavoro (casalinghe, studenti, pensionati).

Interessante anche il dato sui disoccupati di lunga durata, cioè di quanti cercano lavoro da oltre un anno. In Toscana sono 28.000, di cui 19.000 donne. Il tasso di disoccupazione di lunga durata è dell'1,8%, inferiore al 2% che è la media del Centro-Nord. Va meglio l'occupazione giovanile dopo circa cinque anni di calo ininterrotto: rispetto al 2002 il tasso di occupazione è aumentato al 32 dal 31,1 % e il tasso di disoccupazione è sceso al 15 dal 16,2% precedente. I laureati in cerca di occupazione passano da 7.400 a 10.200 con un tasso di occupazione che è salito dal 74,6 al 75,6%.

I diplomati della secondaria superiore vedono un aumento occupazionale del 9,5%. Le province toscane: crescono di più, rispetto al 2002, le aree urbane più popolate e nelle quali è più presente il terziario (Firenze, Pisa, Prato, Siena). Le aree costiere accusano una battuta d'arresto anche se, nel medio-lungo periodo, la tendenza è quella di una attenuazione delle differenze.

Innovazione e flessibilità
Nella seconda parte del Rapporto 2003 i curatori allargano la riflessione a due aspetti, entrambi cruciali per lo sviluppo toscano.

Ci si chiede se e quale può essere il modello innovativo in grado di ridare slancio all'economia, mettendo a confronto esperienze diverse (Usa e UE) e arrivando alla conclusione che non esiste un modello prestabilito da copiare perché ogni ricetta deve tener conto delle molte variabili legate alla realtà specifica. In secondo luogo si approfondisce il tema della flessibilità del mercato del lavoro in Toscana. Il sistema imprenditoriale della nostra regione è stato abile nel cogliere tutti gli spazi di flessibilità che si sono aperti a partire dalla seconda metà degli anni '90, utilizzando pienamente anche gli strumenti nuovi offerti dalla normativa.

Ciò ha prodotto risultati positivi ma anche squilibri che, a lungo andare, possono rendere il sistema più fragile e meno competitivo nel nuovo contesto globale.

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"La presentazione del rapporto sul lavoro del 2003 è un'occasione per riflettere sul problema dell'occupazione e più in generale sugli strumenti per il rilancio dell''economia in Toscana". Così l'assessore all'istruzione, alla formazione e al lavoro, Paolo Benesperi, ha iniziato il suo intervento a conclusione della tavola rotonda che si è tenuta oggi al Palacongressi di Firenze, per la presentazione del rapporto annuale della Regione sul mercato del lavoro in Toscana.
La parola chiave è innovazione, da ottenere, in una realtà come quella Toscana fatta di piccole e micro imprese, con la cooperazione, indispensabile per consentire ad aziende di queste dimensioni di affrontare i necessari investimenti.

Funzionale all'obiettivo è necessariamente il coinvolgimento delle forze sociali e dei rappresentanti delle istituzioni che - come ha ricordato l'assessore - lo scorso 30 marzo hanno firmato il nuovo Patto per lo sviluppo e l'occupazione. E' quella indicata nel patto, secondo Benesperi, la via da seguire per uno sviluppo qualificato nella nostra regione.
"La coerenza dei soggetti firmatari del Patto - ha sottolineato Benesperi - è la conditio sine qua non per la realizzazione dei nostri obiettivi e la coesione rappresenta lo strumento, prima, per individuare il tipo di innovazione e poi per perseguirla concretamente".
Nonostante la fase congiunturale negativa il 2003 è stato comunque positivo sul fronte dell'occupazione anche se, come ha sottolineato Emanuele Berretti della Cgil, la crescita dei rapporto di lavoro flessibili ed atipici alla lunga potrebbe creare una situazione di precarietà e uno squilibrio cui si dovrà far fronte.

Nel corso dell'anno i lavoratori dipendenti a termine hanno raggiunto le 95.000 unità, "ma è pur vero - ha sottolineato Benesperi - che il 91% dei lavoratori è assunto con un contratto a tempo indeterminato. Ciò significa che una buona parte dei lavoratori flessibili vede, dopo un periodo di avviamento, convertito il suo contratto. La flessibilità, dunque, appare nella maggior parte dei casi un fatto transitorio".
La tavola rotonda di questa mattina, cui hanno partecipato tra gli altri, Alessandro Prunecchi, direttore regionale della Cna, Andrea Balleggi, presidente regionale dell'Api Toscana, Pier Angelo Mori, professore all'università di Firenze e Paola Giuri docente alla Scuola superiore Sant'Anna di Pisa, è stata anche lo spunto per una riflessione sul sistema scolastico che - è stato detto - sempre di più appare lontano dalle esigenze delle imprese.

Affrontando il tema, a detta di tutti centrale, della formazione e della qualificazione del "capitale umano", Benesperi ha fra l'altro ricordato che, entro il 2010, secondo le indicazioni europee riprese dal Patto per lo sviluppo, il 12,5% della popolazione toscana dovrà essere impegnata in attività di formazione continua "Oggi in Toscana siamo comunque a metà dell'opera - sottolinea l'assessore - visto che le percentuali per ora registrate si attestano al 6,3%. Ciò significa che le politiche messe in atto dalla Regione per la formazione hanno inciso positivamente anche se è necessario potenziarle e puntare ancora di più sul lifelong lerarning e sull'integrazione fra formazione, scuola e lavoro".

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